Bione, Fragomeli visita l’Hub: giudizio positivo su accoglienza

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LECCO – Sopralluogo, nel tardo pomeriggio di lunedì, dopo una prima visita risalente all’undici settembre scorso, dell’on. Fragomeli al Centro temporaneo di accoglienza migranti di Lecco-Bione.

Il parlamentare lecchese è stato accompagnato Edoardo Patriarca Vice Presidente della Commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattamento dei migranti, l’organismo parlamentare dotato, di fatto, di un effettivo potere di inchiesta e di indagine.

”Con la visita dell’hub del Bione gestito dalla Fondazione “Progetto Arca Onlus” – spiega Fragomeli – abbiamo voluto verificare le condizioni dei profughi, lo stato dei lavori riguardanti i nuovi container temporanei montati in sostituzione delle tende, nonché le normali attività di gestione, soprattutto per quanto riguarda il lavoro effettuato in sinergia con Questura e Prefettura. In entrambi i casi il giudizio è più che positivo. In particolare abbiamo constatato la celerità dei tempi con cui viene ora effettuato il processo di riconoscimento delle persone ospitate”.

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Altrettanto positivo per l’onorevole l’esito della tavola rotonda che ha avuto luogo in serata a Montevecchia ed organizzata dal deputato lecchese in collaborazione con il sindaco, Sandro Capra. Tra i relatori dell’incontro – che ha visto un grande partecipazione della cittadinanza – oltre al Vice Presidente Patriarca e a Fragomeli stesso, anche Costantina Regazzo, direttore dei servizi della Fondazione “Progetto Arca Onlus”.

“Molti profughi – continua Fragomeli – non vogliono essere identificati in Italia poiché il loro desiderio è quello di raggiungere altre destinazioni e, nonostante la spesa sostenuta finora sia rilevante – quasi un miliardo di euro annui, in parte derivanti da fondi comunitari – l’Europa ha finalmente compreso come il fenomeno dell’immigrazione, con le sue enormi tragedie, non interessi solo ed esclusivamente il Mediterraneo. Dei soldi che spendiamo, infine, circa il 56% va ai centri di accoglienza, il 26% viene utilizzato per i salvataggi in mare e il restante 18% è destinato alla salute e alla sicurezza dei migranti. Certo, è necessario lavorare per riorganizzarci e ripensare la distribuzione territoriale dei profughi, legando inoltre la spinta solidaristica alla percezione della sicurezza e, allo scopo di impedire che crescano preoccupazione e paure, è necessaria ora una normativa chiara e rigida”.

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“Resta da definire – conclude Fragomeli – il sistema migliore per ridurre drasticamente i tempi di attesa tra la richiesta di asilo e la data della convocazione per l’esame della Commissione preposta. Deve poi essere precisata la normativa che permette ai profughi di prestare attività di pubblica utilità e di stare quindi a contatto con la collettività, inserendosi così più facilmente nel tessuto sociale delle diverse comunità ospitanti”.