Intervista al grande velista Giovanni Soldini, ospite della Canottieri Lecco

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LECCO – Il forte velista Giovanni Soldini, sabato, è stato l’ospite d’onore alla Canottieri Lecco, in occasione dell’Interlaghi e nella ricorrenza dei 120 anni di fondazione della società sportiva guidata dal presidente Marco Cariboni.
Lecconotizie.com lo ha intervistato, riscoprendo l’animo nobile e gentile di uno dei più forti velisti al mondo, capace di compiere due giri del globo in solitario (una vittoria e un secondo posto), sei Québec-Saint Malo (una vittoria nella categoria monoscafi), sei Ostar (due vittorie nella classe 50 piedi e classe 40 piedi), tre Jacque Vabre (una vittoria nella classe 40 piedi), e più di 40 transoceaniche. Attualmente, Soldini è a capo del progetto Maserati e alla guida dell’omonima barca con la quale ha stabilito il record Cadice-San Salvador, quello della Rotta dell’Oro tra New York e San Francisco e, quest’anno, quello sulla Rotta del Tè tra San Francisco e Shanghai.

Mare e vela cosa ti hanno dato?
“Sono una buona fetta della mia vita. Mi hanno dato e insegnato un sacco di belle cose. La vela ti insegna a vivere, perché la barca a vela è un piccolo mondo. C’è dentro tutto: rapporti umani, rapporti con la natura e se devi andare lontano capisci subito quali sono i problemi del mondo. L’energia è un problema, l’acqua dolce è un problema, la spazzatura è un problema. E’ un piccolo mondo dove ci sei tu e pochi altri e devi organizzartelo al meglio, per questo ti insegna molto”.

In un’intervista hai dichiarato che “Soli in barca si impara persino a perdonarsi”, perché?
“Uno fa sempre un sacco di errori e di scelte sbagliate che, col senno di poi, si capiscono. Scelte, ma anche manovre sbagliate e quindi per forza impari a perdonarti. Quando sei solo e stai facendo una regata lunga, se ti fissi che devi andare più forte degli altri, che devi andare bene, solitamente ti ritrovi ad andare peggio. Quindi, devi essere molto equilibrato e per avere equilibrio devi avere un ordine mentale chiaro”.

soldini (39)Meglio la navigazione solitaria o con l’equipaggio?
“Ho navigato per tanti anni solo, da qualche anno con Maserati ho la fortuna e l’onore di fare il comandante di una barca pazzesca e di un equipaggio fantastico e straordinario che mi hanno permesso anche di imparare tantissimo. Penso che siano due gran belle cose. Bello navigare da soli, ma anche viaggiare con altri con cui poter condividere momenti ed emozioni è certamente una cosa molto bella”.

Da navigatore solitario, ti sei mai sentito veramente solo?
“No. In mare assolutamente no. Quando fai una navigazione solitaria hai comunque i concorrenti che sono lì vicino; poi ci sono tutti quelli che hanno lavorato insieme a te e che ti hanno aiutato a preparare la regata e hanno dedicato un anno della loro vita. La solitudine non è un tema in una regata in solitaria. Paradossalmente è molto più un tema legato a chi vive in un appartamento in centro Milano”.

Che rapporto hai con la barca?
“Quando vai da solo hai per forza un rapporto quasi maniacale. Diventi un tutt’uno. Impari a capire cosa gli succede dai rumori che fa, da come si muove… la capisci. Alla fine diventi quasi una zia. Sei abituato a fare determinate cose in un modo e non in un altro e quando sale altra gente e devi condividere quello spazio, diventi quasi un rompicoglioni, perché entrano nel tuo mondo. Quando invece sei con l’equipaggio tutto questo rapporto speciale che hai con la barca si tramuta nel rapporto con gli altri e nella condivisione di momenti belli, brutti, alti e bassi”.

Paura ne hai mai avuta?
“La paura è una buona compagna di vita. In tutte le cose. E’ quella che ti fa vedere i tuoi limiti e i limiti della barca. Non è panico. E’ quasi buon senso. Un po’ di timore non fa mai male. C’è stato un mio grande maestro, Franco Malingri, che aveva fatto il giro del mondo in famiglia, ad un certo punto ha avuto dei problemi ed è stato costretto a rientrare lasciando i figli, allora giovani, ad affrontare da soli l’Oceano Indiano. Prima di salutarli aveva lasciato loro una lista di raccomandazioni pazzesca, all’ultimo punto c’era scritto: ‘Se non avrete abbastanza paura non sopravviverete’ “.

Cosa ti ha portato a diventare il grande velista che sei? E che prerogative bisogna avere per poter ambire a diventare un buon velista?
“Non so quanto io sia un grande velista. Però, ho avuto sempre tanta voglia di fare e ho avuto la fortuna di trovare il modo di farlo. Ho partecipato a regate importanti ottenendo ottimi risultati, ma c’è gente molto più brava di me, che ha ottenuto risultati migliori rispetto ai miei, e parlo anche di persone della mia generazione, velisti più completi e cresciuti in un ambiente favorevole. Penso a certi francesi, come Loick Peyron, Juaion, uno ha il record del mondo in solitaria, l’altro in equipaggio e sono grandissimi. Del resto ognuno compie la sua strada e fa quello che può nel miglior modo possibile. Io sono contento di aver fare quello che ho fatto e di quello che farò”.

Quanto conta la fortuna? E la felicità?
“La fortuna conta tantissimo. Senza, non si va da nessuna parte. Ma conta anche la felicità perché è importante fare una cosa che ti rende felice. Quando stavo facendo per la seconda volta il giro del mondo in solitario, continuavo a ripetermi e richiedermi: ‘Perché sei qua?’. Mi serviva a sottolineare tutto il tempo che ero lì perché mi piaceva risvegliarmi in mezzo al mare con l’onda di 20 metri che mi spinge a 25 nodi a canna… e anche se ce n’è uno che è a 10 miglia davanti a te, pazienza, perché sei già contento così. E sapere di essere felici in quello che si sta facendo è l’unica maniera per non farsi ‘ciulare’. Perché se uno ti supera durante una gara, l’importante è mantenere la lucidità di mente per fare sempre le scelte migliori. Se invece inizi ad andare fuori di testa gli regali la regata. E avevo capito che la chiave era questa. Nel primo giro del mondo in solitaria, per esempio, ero in vantaggio su David Adam, poi avevo preso una balena con il timone, un imprevisto che mi ha fatto perdere un certo equilibrio mentale, regalando il vantaggio all’avversario. E questa capacità è prerogativa delle donne, che sono fenomenali soprattutto nelle regate lunghe. Isabelle Autissier, Florence Sartò, Ellen Macarthur, per citarne alcune, sono fortissime. Sono meno impulsive, sono più abituate a soffrire e mantenere l’equilibrio mentale. L’uomo invece strippa e fa casino più facilmente”.

Qual è stata la gara più difficile e quella che ti ha dato più soddisfazione?
“I giri del mondo mi hanno dato molta soddisfazione. Ma è davvero difficile fare una scala di valori. L’Ostar l’ho fatta sei volte, l’ho vinta due volte, ho fatto record… è stata una regata pazzesca”.

 

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C’è una cosa che non hai fatto e ti sei pentito di non averla fatta?
“Pentimenti non ne ho. Tuttavia, mi sarebbe piaciuto aver fatto – o magari fare (ride) – un Vendèe-Globe (giro del mondo in solitaria senza scalo, ndr). Quando ho avuto possibilità non l’ho fatto perché non ero d’accordo con l’organizzatore e su alcune cose. Poi. all’epoca. avevo deciso di fare un trimarano. Ho sempre pensato che uno deve fare un Vendèe-Globe solo una volta nella vita, allora avevo 33 anni ed era troppo presto. Sarebbe bello farlo adesso, con quelli della mia generazione, ma le cose cambiano ed il mondo è diventato un po’ diverso”.

Quali sono i tuoi programmi futuri?
“Al momento solo la Sydney  – Hobart con Maserati che si terrà fra due mesi, poi vederemo”.

Che consiglio dai ai giovani?
Dò il consiglio che mi son sempre dato: di seguire i propri sogni, mirare in alto, crederci e fare di tutto per provarci. Se poi uno riesce a fare anche solo di striscio quello che gli piace, tutto diventa più facile. Quindi, non bisogna tarparsi le ali e soprattutto non bisogna perdere tempo. E purtroppo per un sacco di giovani è così. E’ vero che è difficile dire: ‘voglio fare questo’ e buttarsi a capofitto ritrovandoti il più delle volte a fare il ‘democristiano’ e tenere il piede in dieci scarpe; ma è lì che ti freghi, perché perdi tempo. Perché arrivi a 30 anni e non sei capace di fare ne una cosa e ne l’altra. Magari tu vorresti fare il velista e invece i tuoi genitori hanno una farmacia e vorrebbero che tu vada all’università. Tu che fai? Vai all’università, ti laurei e arrivi a 30 anni che avresti voluto fare il velista e invece fai il farmacista e ti fa cagare…”.

Nella tua vita c’è ancora spazio per i sogni?
Certamente…

C’è una domanda che vorrebbero che ti facessero e non ti fanno mai…?
No. E non ci tengo che mi facciano troppe domande…

Bene, allora ci fermiamo qui.