Violenze da parte del coniuge geloso, in aula il racconto della vittima

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LECCO – Uniti, prima nell’amore, poi nel loro unico figlio, oggi diciassettenne, si sono ritrovati nell’aula del Tribunale di Lecco, per una vicenda tutt’altro che rosea. Lui, P.S. di origine albanese, seduto al banco degli imputati, chiamato a rispondere dei reati di maltrattamenti e violenza sessuale, lei, T.P. italiana, parte lesa, seduta come teste per raccontare di quei continui litigi, sfociati in aggressioni sia verbali che fisiche e terminati con la separazione dal coniuge, avvenuta con consensuale nel luglio 2014.

La storia è approdata quest’oggi davanti al collegio giudicante del Foro lecchese, presieduto dal giudice Enrico Manzi, durante l’udienza dibattimentale che ha visto l’esame della parte lesa, prima da parte del pm titolare del fascicolo Silvia Zannini e poi delle difese, avvocato Di Maria per l’uomo, e avvocato Bova per la donna.

Una storia che, stando a quanto raccontato dalla testimone, non è mai stata tranquilla ma che si è increspata sempre più dopo il trasferimento da Livorno, dove i due vivevano, a Lecco, nel calolziese: “Di lotte per lui ho sempre dovuto farne – ha esordito la donna – poco dopo che ci eravamo conosciuti fu espulso dall’Italia perché non aveva i documenti per rimanervi. Io sono andata in Albania per poterlo portare di nuovo in Italia e poco dopo mi offersi anche di aiutarlo con il ricongiungimento dei familiari. In casa, alla fine, eravamo in cinque, noi tre e i suoi genitori. Poi lui perse il lavoro dovevo pensarci io a tutti, con il mio stipendio di 1.300 euro…da lì i litigi sono aumentati, lui proprio non si sforzava nemmeno di cercarlo un lavoro e io ero sfinita. A ciò si aggiunse la sua gelosia, sempre più crescente e ossessiva”.

Litigi sempre coloriti, come specificato dalla donna, incalzata dalle domande del pm: “Io urlavo, ero arrabbiata, lui di solito chiudeva le finestre per non far sentire”. “La picchiava?” “Sì, di solito era lui il primo ad alzare le mani, mi afferrava per i polsi, mi strattonava o schiaffeggiava… capirete, due metri d’uomo, io sono 1,58, cercavo di difendermi come potevo, graffiandolo dove riuscivo, le gambe, le braccia, qualche segno gliel’ho lasciato… poi bastava che mi bloccasse alla parete con tutto il corpo e io ero immobilizzata, senza poter far nulla”.

A settembre 2013 la donna decide di rivolgersi ad un avvocato, per avviare le pratiche per la separazione: “Non la prese certo bene, quando abbiamo saputo la data dell’udienza presidenziale mi disse che fino ad allora io ero sua moglie a tutti gli effetti”. Gli episodi di violenza intanto continuavano, come ricordato dalla donna, anche a causa della forte gelosia del coniuge: “Lui era ossessionato, mi chiamava per chiedermi dov’ero, cosa facevo, con chi ero stata, lo scoprii a seguirmi e persino a registrarmi… dopo l’udienza presidenziale di aprile lui fu allontanato ma di fatto da casa mia non se ne andò mai e nonostante io gli avessi chiarito che ero libera di fare quello che volevo il suo ero un continuo controllarmi, minacciarmi ed insultarmi”.

Troia, puttana, lo so che sei coi vecchi e che prendi 200 euro all’ora” alcuni degli insulti che l’imputato insospettito avrebbe rivolto alla moglie, circostanza avvenuta anche di fronte al figlio una volta e che avrebbe spinto la donna a reagire, minacciandolo con un coltello da tavola: “Va bene tutto ma darmi della troia davanti a mio figlio non potevo sopportarlo, così presi il coltello e glielo puntai addosso. Fu mio figlio a fermarmi”.

Diversi, stando alla testimonianza resa, anche i casi di rapporti sessuali imposti dal coniuge, di cui l’ultimo la sera prima dell’udienza presidenziale per la separazione: “A febbraio ricevette la lettera dal Tribunale – ha spiegato la donna – e da allora appunto mi disse che fino all’udienza io sarei stata sua moglie sotto tutti gli aspetti. Mi guardava e mi diceva ‘stasera ti tocca’ e io tremavo”. A nulla sarebbero valsi i tentativi di resistenza della donna: “Gli dicevo ‘mi fai schifo, non toccarmi’ e lui rideva ‘ma dai che poi quando cominciamo ti piace’ allora mi prendeva, io piangevo e quando finiva si sedeva vicino a me, mi accarezzava e piangendo diceva ‘ti giuro che non lo faccio più’…”

“La sera prima dell’udienza – ha proseguito la donna – mi chiese di farlo un’ultima volta. Io mi rifiutai e lui mi disse che fino a mezzanotte ero sua moglie. Mi prese per i capelli e mi trascinò in camera da letto…non mi tolse nemmeno le mutande”.

Ma nemmeno la prima udienza che stabilì il suo allontanamento l’uomo avrebbe desistito dal perseguitare la moglie che fu trasferita insieme al figlio in località protetta: “Avevo cominciato ad uscire con un altro uomo, era un conoscente, più un amico… lo venne a sapere e quasi non lo ammazzò di botte una notte a Cisano Bergamasco. Era luglio del 2014. Alla fine anche dopo la separazione consensuale le minacce al mio amico continuarono, tanto che dovetti rinunciare a lui per metterlo al sicuro”.

Riferito al collegio poi l’inquietante episodio che avrebbe visto l’ex coniuge iniettare idrocarburi negli yogurt della moglie, circostanza emersa dopo che la donna aveva trovato una siringa nel  lavandino della cucina: “Non molto tempo fa mi sono sottoposta ad un bendaggio gastrico e col cibo da allora sto attenta – ha raccontato – ad agosto 2014 mio figlio era in Sicilia dalla nonna e io a casa da sola mi ero comprata vari vasetti di yogurt, avrei mangiato solo quelli già che non dovevo cucinare per lui. Ne aprii uno ma sapeva di cattivo, come dell’odore che c’è nei negozi cinesi, di petrolio… in pratica uno yogurt lo mangiavo due ne buttavo, e soffrivo di pesanti mal di stomaco. A fine mese andai a Roma da mia sorella, mangiavo gli stessi yogurt comprati da lei ed erano buoni. Rientrata a settembre in casa, un giorno trovai una siringa nel lavello e sul muro delle macchie arancioni…controllai gli yogurt, alcuni erano bucati” la storia raccontata dalla testimone. La presenza di idrocarburi era stata verificata dalle analisi condotte sugli yogurt sequestrati dopo la denuncia, riprodotte dal pm al collegio. “Come mai non aveva cambiato la serratura se aveva paura che il signore S. entrasse in casa sua?” la domanda dell’avvocato Di Maria durante il contro esame “Non avevo i soldi – la risposta della teste – costava 200 euro e non li avevo, tra mutuo, auto e il resto… mi decisi a cambiarla quando scoprii che il signore dormiva nel box auto”.

Terminato l’esame della parte lesa è stato quindi ascoltato come testimone il giovane figlio della coppia, che ha riferito di alcuni litigi ai quali sarebbe stato testimone. Si tornerà in aula per ascoltare gli altri testi della lista dell’accusa, tra i quali alcuni familiari e gli operanti più volte intervenuti a seguito delle liti.