LECCO – E’ stata un’udienza lampo quella tenutasi stamattina per discutere circa il futuro della Calcio Lecco. Per circa una ventina di minuti il giudice Dario Colasanti ha ascoltato le ragioni dell’avvocato Claudio Corengia, il legale della società di via Don Pozzi ha chiesto la concessione del regime provvisorio, per permettere alla squadra di terminare il campionato corrente. Ora è tutto nelle mani della Camera di Consiglio che renderà pubblica la sua decisione nel giro di un paio di giorni, ma le speranze sono davvero poche anche perché, coma ha lasciato trapelare il procuratore Angelo Chiappani “la Procura si è aggiunta alla richiesta di fallimento e ha già espresso parere negativo circa la concessione del regime provvisorio”.
Grande assente della mattinata è stato l’amministratore unico Sandro Meregalli che non ha messo piede nel tribunale lecchese, ma ha preferito mandare avanti solo il suo avvocato. Conclusa la discussione con il giudice Colasanti, il legale di via Don Pozzi ha rilasciato solo una lapidaria dichiarazione prima di allontanarsi in fretta e furia: “Abbiamo chiesto il regime provvisorio, ora attendiamo la decisione del giudice”. Da quanto è trapelato, però, le garanzie presentate dalla società bluceleste non sarebbero sembrate sufficienti alla Procura che si è aggiunta alla richiesta di fallimento e ha già dato il suo parere negativo per quanto riguarda il regime provvisorio.
Se il Lecco non dovesse ottenere quanto chiesto rischia l’esclusione dal corrente campionato di serie D. A rappresentare i giocatori si sono presentati l’allenatore Stefano Cuoghi e il collaboratore Andrea Shorer che hanno atteso il termine dell’udienza nei corridoi del secondo piano, insieme ai giornalisti e ad alcuni tifosi.
“L’avvocato Corengia – racconta Cuoghi – ci ha detto che bisogna attendere le decisioni del giudice e che ci vorranno almeno un paio di giorni. Per quanto mi riguarda oggi sarò allo stadio per parlare con i ragazzi e continuare il lavoro che stavano facendo in vista della partita di domenica, altro non posso fare…”.
Presente in tribunale anche Carlo Salvioni, presidente del collegio sindacale del Lecco, che sperava di incontrare l’amministratore unico Sandro Meregalli e chiarire la posizione della società nei confronti del credito (75 mila euro) che il collegio di Salvioni vanta. Lo scorso maggio, il presidente del collegio sindacale aveva presentato un’istanza di fallimento contro la Calcio Lecco, salvo poi ritirarla per aver raggiunto un accordo economico con l’ex patron bluceleste Daniele Bizzozero, ma, secondo quanto racconta Salvioni stesso, questo accordo sarebbe venuto meno e, quindi, anche il collegio sindacale avrebbe presentato un decreto ingiuntivo verso via Don Pozzi: “Dopo aver presentato l’istanza di fallimento abbiamo raggiunto un accordo economico con Bizzozero che prevedeva un acconto e un pagamento in tranche per coprire il nostro credito di 75 mila euro, ma il primo assegno che mi ha consegnato Bizzozero si è rivelato cabriolet. Una volta subentrato Meregalli ho cercato di contattarlo diverse volte, ma lui ha finto di non sapere nulla di questa storia”.
“Ora abbiamo deciso di presentare un nuovo decreto ingiuntivo – conclude Salvioni – con l’aggiunta di spesa, è già stato notificato ieri o oggi, noi non vogliamo far fallire la società, ma semplicemente tutelare il nostro credito. Mi spiace per la città e per l’aspetto sociale della Calcio Lecco, ma se non ha i presupposti una società non può stare sul mercato. Oltre a noi, poi, so che si aggiungerà anche l’ex segretario Ivan Corti che avanza un credito di 35 mila euro”.
La posizione della Calcio Lecco, dunque, si aggrava sempre di più e ai tifosi non resta che attendere ancora un paio di giorni per capire se, ora che il fallimento è quasi certo, ci saranno almeno gli estremi per terminare questa stagione in serie D oppure se da settimana prossima calerà definitivamente il sipario sui 104 anni di storia bluceleste. Nel mentre un gruppo di tifosi presenti questa mattina all’esterno del tribunale ha esposto un grosso striscione di protesta: “Un fallimento pilotato per evitare che i veri responsabili debbano pagare. Vergogna”.