A ‘caccia’ di Tartufi sul Lario: dalla raccolta alla cucina, parlano gli esperti

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ABBADIA / LAGO – Un tesoro di gusto nascosto sotto la terra, come una pepita d’oro, altrettanto prezioso e raffinato: il tartufo è una delle specialità di fungo che ha saputo trovare il suo posto nei piatti della tradizione culinaria, una vera prelibatezza. Il suo sapore e il suo gusto sono inconfondibili. Ricercatissimo, lo si trova anche nel lecchese, sul territorio del lago.

Ce ne parla Roberto Spada Segretario dell’Associazione Tartufai Lariani, nata nel 2011 come proseguimento naturale del Coordinamento Tartufai Lecchesi nato nel 2009 , ha sede nel Comune di Abbadia Lariana. E’ un Associazione riconosciuta a livello provinciale e punto di riferimento per gli appassionati della ricerca del tartufo e dei cani da tartufo nell’ambito del bacino del Lario. Si prefigge la tutela e la salvaguardia del patrimonio tartufigeno del territorio e la diffusione della conoscenza del tartufo Lariano, organizzando conferenze di approfondimento e manifestazioni. Ne fanno parte 45 soci dalle province di Lecco , Como , Sondrio e Monza Brianza e Milano, di cui 30 con cane.

Che caratteristiche ha il tartufo rispetto ad altri funghi? Come lo si riconosce? Quello Lariano ha caratteristiche differenti rispetto a tartufi di altre zone d’Italia?

“Il tartufo, contrariamente ai funghi epigei che crescono sopra il terreno, trascorre tutto il suo ciclo vitale sotto terra e pertanto è un fungo Ipogeo. Ci sono circa 150 specie di funghi Ipogei in Italia ma solo di nove è autorizzata la raccolta il commercio ed il consumo e questi sono i tartufi. Nella zona del Lario abbiamo sette delle nove specie commestibili in Italia, purtroppo non abbiamo il famoso Magnatum Pico detto anche Bianco di Alba ed il Tuber Macrosporum detto anche Nero Liscio questo a causa dell’habitat particolare di cui hanno bisogno questi due tartufi. Per quanto riguarda le sette specie che abbiamo sul Lago il più famoso è il Tuber melanosporum detto anche Nero Pregiato o di Norcia, che nella scala del valore e della bontà del tartufo viene subito dopo il Tuber magnatum, molti preferiscono il Nero Pregiato al più famoso Bianco di Alba per il suo sapore delicato che tende al cioccolato fondente”.

In quali zone del lecchese è più diffuso? Quali ambienti predilige?

“Il tartufo preferisce terreni calcarei e pertanto la maggior parte del territorio del lago è potenzialmente vocato. E’ un fungo simbionte ovvero il micelio si lega alle radici delle piante formando le cosi dette Micorrize, attraverso queste micorrize c’è uno scambio reciproco di nutrimento tra le radici della pianta ed il micelio, viceversa il micelio a sua volta fornisce sostanze nutritive ed acqua alla pianta. Le piante simbionti più diffuse nelle nostre zone sono Carpino Nero , Carpino Bianco, Roverella, Nocciolo, pertanto oltre al terreno calcareo il Tartufaio fa particolare attenzione alla vegetazione quando cerca i tartufi.

Ricordiamo inoltre che il ciclo vitale del tartufo è di un anno, dalla maturazione della spora alla produzione del frutto ovvero il tartufo, ed ogni tartufo ha il suo periodo di raccolta. Qui sul Lago la stagione del Calendario Regionale si apre il 15 luglio con il Tuber aestivum o scorzone e prosegue poi in Autunno con il Tuber uncinatum che è la variante autunnale dello scorzone; in autunno inizia anche la ricerca del Tuber mesentericum o nero di Bagnoli,che non è molto apprezzato a causa del suo intenso odore di fenico, apre poi il primo dicembre e prosegue fino a meta marzo la stagione di raccolta del Nero Pregiato; infine, dal 15 gennaio al 30 aprile abbiamo la stagione di raccolta del Tuber albidum borchii detto anche bianchetto. In pratica ad eccezione dei mesi di maggio, giugno e meta del mese di luglio dove è vietata la raccolta, abbiamo circa 9 mesi in cui poter cercare una delle 7 specie commestibili presenti sul nostro lago.

Il patrimonio tartufigeno locale è purtroppo minacciato dall’antropizzazione umana, rileviamo infatti di anno in anno una diminuzione di produzione di tartufo causata principalmente dal taglio di piante tartufigene o dal fitto rimboschimento di pianelli e balze non più coltivati”.

Come lo si ‘trova’ ? È diffuso anche nel lecchese l’utilizzo di cani? Se sì di quali razze? 

“La raccolta del tartufo è consentita solo tramite l’ausilio del cane (in Lombardia sono ammessi due cani per ogni tartufaio) , è assolutamente vietata la zappatura attorno alle piante tartufigene per cavare il tartufo, per i seguenti due motivi: il primo è che il cane sente l’emanazione del tartufo maturo e perciò il tartufo se cavato dal cane siamo sicuri che è maturo, cosa che non avviene con la zappatura, inoltre zappando attorno alle radici delle piante tartufigene si distruggono le radici e le micorrize con il micelio e la pianta nel giro di pochi anni non produrrà più tartufo .

Il tartufaio deve essere in possesso del tesserino Provinciale per la raccolta di tartufi che viene rilasciato dalle province dopo aver superato apposito esame, generalmente le province fanno una sessione di esame ogni anno, il tesserino va poi vidimato ogni anno e rinnovato ogni cinque.

Per quanto riguarda i cani e considerato il nostro territorio, per lo più collinare/montano, si utilizzano cani di taglia media, la maggior parte dei nostri soci ha il Lagotto Romagnolo che è la razza italiana riconosciuta dall’ ENCI per la cerca del tartufo e forse la più facilmente addestrabile a questo scopo, altri soci hanno Springer, Bracchi, Jack Russel o meticci, tutti i cani possono diventare cercatori di tartufi l’importante è iniziare l’addestramento subito dal terzo mese di vita e continuare fino a 8 mesi/un anno. Se ben addestrato in questi primi mesi, il cane saprà da solo cosa fare quando viene portato in una tartufaia già conosciuta o alla ricerca di una nuova tartufaia”.

Il tartufo a tavola: il raccolto come deve essere trattato prima di essere cucinato? Quali sono i piatti della tradizione? Quali gli abbinamenti?

“Ci sono diverse teorie su come conservare il tartufo, la più appropriata è conservare il tartufo senza lavarlo in frigorifero dentro un vasetto di vetro o in una scatola di polistirolo avvolto in un panno carta e sostituire il panno carta ogni giorno e lavarlo dalla terra solo prima del suo utilizzo, generalmente il tartufo si conserva cosi per 6/8 giorni dalla raccolta poi va consumato poiché, essendo un fungo, tende a degradarsi .

Per quanto riguarda le ricette con il tartufo nero ce ne sono di innumerevoli, qualche nostro socio lo usa affettato sulla trota , o su un carpaccio di bresaola o carne cruda, qualcun altro affettato su polenta e taleggio fuso, oppure affettato su un bel risotto alla milanese. Forse non tutti sanno che in genere per ogni piatto la quantità di tartufo Nero da utilizzarsi va dai 12 ai 18 grammi per piatto a persona , perciò anche se il costo al Kg. può sembrare eccessivo, per 4 persone con 70/80 grammi di tartufo la cosa diventa accessibile”.