Costi sproporzionati per i permessi di soggiorno e rimborsi mai pagati ai migranti
La Cgil di Lecco fa causa contro il Ministero e vince. Ieri la sentenza del tribunale
LECCO – “Questa sentenza è senza dubbio un precedente rilevante nella giurisprudenza italiana in materia di immigrazione. Un risultato non solo per il territorio lecchese: il giudizio del Tribunale vale anche per la Lombardia e per tutto il territorio nazionale. Una sentenza che dà ragione alla Cgil, che ha osato là dove la politica è rimasta latitante”.
Così dal sindacato lecchese commentano il pronunciamento del Tribunale di Lecco che ieri ha condannato il Ministero a risarcire 35 cittadini stranieri assistiti dal patronato Inca Cgil Lecco per ottenere il rimborso a loro spettante sul contributo indebitamente richiesto nel corso degli anni dallo Stato italiano per procedere al rilascio e rinnovo dei titoli di soggiorno.
Avvalendosi degli avvocati Alberto Guariso, Susanna Pelzel e Livio Negri di Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione), alcuni dei legali più competenti sulla materia a livello nazionale, i ricorrenti hanno agito in giudizio contro il ministero dell’Economia e delle Finanze.
Da 80 a 200 euro in più a permesso
I fatti risalgono al periodo che va dal 2011 al 2016. Nel 2011 infatti lo Stato ha introdotto un ulteriore contributo per il rinnovo dei titoli di soggiorno che va dagli 80 ai 200 euro a seconda della tipologia del permesso di soggiorno. Prima di allora, ogni cittadino straniero pagava solamente il costo della marca da bollo, pari a 16 euro, la stampa del documento (27,50 euro) e la spedizione postale (30 euro).
Con l’introduzione di questa norma si sono aggiunti i costi dell’ulteriore contributo, previsto dal decreto il cui gettito avrebbe dovuto alimentare un Fondo rimpatri. Il contributo previsto ammontava a: 80 euro per i permessi di durata superiore a tre mesi e inferiore o pari ad un anno; 100 euro per i permessi di durata superiore a un anno e inferiore o pari a due anni; 200 euro per i permessi di lungo periodo.
Nel 2015 la Corte di Giustizia europea ha dichiarato che questo contributo era sproporzionato in quanto rendeva economicamente difficoltoso l’accesso degli stranieri al regolare permesso di soggiorno. Il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato hanno annullato il decreto ministeriale che aveva disposto gli incrementi, riconoscendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto fissare nuovi importi purché proporzionati e non eccessivi e disciplinare la restituzione di quanto pagato in eccesso.
Rimborsi mai arrivati, ora la sentenza
“Nonostante la condanna e le successive richieste di rimborso – ricordano dalla Cgil di Lecco – l’Italia non solo non ha mai restituito quando dovuto, non ha mai nemmeno risposto alle richieste inviate dai cittadini dall’ufficio lecchese”.
Ieri, mercoledì, il Tribunale di Lecco si è pronunciato favorevolmente accertando la discriminazione attuata dal Ministero nei confronti degli assistiti dal sindacato e lo ha condannato a pagare ai ricorrenti le somme indebitamente richieste nel corso degli anni.
Un’ingiustizia che ha colpito tanti stranieri
“Una sentenza – commentano dalla Cgil – che risponde alle istanze presentate da molti cittadini migranti; si è voluto sostenere questa causa collettiva per contrastare un’ingiustizia nei confronti delle moltissime persone straniere che risiedono nel nostro territorio. Cercheremo di informare, in modo più esteso, i tanti che oggi si trovano ancora in queste condizioni per aiutarli a recuperare quanto, alla luce della sentenza, risulta sborsato ingiustamente. Tutti i cittadini migranti presenti in Italia in quel periodo si sono visti richiedere un contributo dallo Stato non dovuto e la Cgil non lascerà nessuno da solo davanti a questa ingiustizia, soprattutto in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo”.