Nel ventennale dell’11 settembre, uno speciale sul terrorismo islamico e i fatti accaduti a Lecco
Dai casi di Valbona e il piccolo Alvin di Barzago, Alice Brignoli e Mohamed Koraichi di Bulciago, agli arresti di Moutaharrik e moglie a Lecco. Un approfondimento con ricostruzioni e interviste
LECCO – Sharia, Daesh, foreign fighters, estremismo islamico: concetti apparentemente così lontani dalle tranquille acque di Lecco e dalla laboriosa Brianza. Eppure proprio la città del Manzoni e alcuni paesi della provincia hanno fatto da sfondo a vicende finite sulle cronache nazionali.
Quell’onda lunga del terrorismo, figlia degli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di cui oggi ricorrono i vent’anni, è arrivata fino al Lario.
Dal caso di Valbona Berisha, partita da Barzago per la Siria con il piccolo Alvin, alla coppia Alice Brignoli e Mohamed Koraichi fuggiti dalla vicina Bulciago per unirsi ai miliziani dello Stato Islamico, infine l’arresto a Lecco di Abderrahim Moutaharrik (“il pugile dell’ISIS”) e della moglie Salma Bencharki, fermati prima che potessero compiere un attentato in Vaticano.
Tre singoli episodi accaduti tutti nel lecchese e in un arco temporale molto breve, ognuno con una grande risonanza mediatica: più delle altre la storia di Alvin, fatta conoscere all’Italia intera dalla trasmissione “Le Iene” di Italia Uno, una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di persone in attesa del ritorno a casa del bimbo tra le braccia di papà Afrim. Narrazioni che si intrecciano tra loro, come è stato Koraichi e Moutaharrik, cresciuti insieme a Valmadrera e ritrovatisi da adulti uniti dallo stesso terribile ideale.
Questo approfondimento descrive i fatti e il contesto in cui si sono svolti, attraverso interviste e ricostruzioni, raccontando le indagini delle forze dell’ordine. La testimonianza del dirigente della Digos di Lecco, il commissario capo Domenico Nera, è il filo conduttore per spiegare il lavoro degli inquirenti, dai primi accertamenti in provincia di Lecco sul fenomeno dell’estremismo islamico che iniziano ancor prima degli attentati del 2001 a New York e che si intensificano in seguito a quei tragici fatti, fino agli arresti di Moutaharrik e moglie nel 2016 dopo una lunga attività di investigazione, pedinamenti e intercettazioni.
I protagonisti sono giovani uomini e donne, tutti genitori di figli molto piccoli e tutti ben integrati nella società, insospettabili agli occhi dei propri conoscenti e spesso anche dei familiari a loro più vicini, affascinati da una propaganda che spinge all’estremo il credo islamico e che li ha convinti ad imbracciare le armi contro l’Occidente. Cercheremo di capirne di più dall’interno della comunità musulmana lecchese attraverso le parole di Usama El Santawy, imam del centro culturale islamico di Chiuso. Lo stesso imam, che aveva definito i terroristi “cani dell’inferno” e che in passato aveva subito un tentativo di avvicinamento sul web da parte di un reclutatore dell’Isis, processato grazie alla sua denuncia.
Giovani genitori, Valbona così come Koraichi e Alice Brignoli, che hanno abbandonato le case sicure dei tranquilli paesi lecchesi per scappare in Siria con i propri figli e raggiungere lo Stato Islamico, per loro un sogno integralista che è però svanito in una cruda e drammatica realtà. Ne abbiamo parlato con il giornalista Fausto Biloslavo, inviato di guerra ed esperto di Medio Oriente, che anche in questi giorni continua a raccontare dal fronte la situazione. In quegli anni, Biloslavo si era messo alla ricerca dei quanti dall’Italia erano partiti per unirsi ai guerriglieri del Califfato. Sono proprio di un suo collaboratore le ultime immagini in vita di Mohamed Koraichi, prigioniero in un campo dell’esercito curdo.
Vicende, quelle raccontate, che hanno scosso le comunità locali dove queste famiglie vivevano, più di tutte Barzago che ha seguito con apprensione l’esperienza del piccolo Alvin. Ce lo racconta il sindaco Mirko Cerioli, la cui amministrazione comunale ha seguito gli sviluppi anche dopo il ritorno a casa del bimbo, accompagnando il suo percorso di recupero verso una vita di nuovo normale, lontana dagli orrori della guerra.