Irene Zardini, 32 anni, ha ideato e realizzato l’installazione all’interno del bivacco Città di Lecco
Undici mani in gesso e resina si ‘passano’ un filo di lana che, unito, raffigura la sagoma del Resegone: “I delicati equilibri della montagna sono nelle nostre mani”
LECCO – Le pareti di un bivacco, gesso, resina e un filo di lana grigio. Sono questi i componenti dell’installazione artistica realizzata dalla giovane Irene Zardini, 32 anni, all’interno del Bivacco Città di Lecco situato in cima al Resegone. Un’opera d’arte unica esposta in una sede d’eccezione, che vuole essere messaggio di rispetto e collaborazione.
L’opera consiste in undici calchi di mani realizzati in gesso e affissi ai muri tra le cui dita è stato posizionato un filo di lana grigio che ‘tratteggia’ la sagoma del Resegone.
Un progetto di ‘arte pubblica’
La giovane artista, Irene Zardini, è appassionata di montagna: “Sono del Veneto ma mi sono trasferita a Lecco, il posto che, dopo tanti spostamenti, a tutti gli effetti ho cominciato a chiamare casa – ha raccontato – l’idea di creare questa installazione mi è venuta frequentando un corso di Arte Pubblica all’Accademia di Brera dove sto concludendo la Magistrale (Irene è laureanda il prossimo 9 dicembre e ha già una formazione da Scenografa e Decoratrice Pittorica, ndr). Per l’esame finale era richiesto un progetto e io ho pensato a questo lavoro. L’arte pubblica è, per definizione, l’arte che interagisce con lo spettatore, io volevo comunicare qualcosa in un ambito d’eccezione, la montagna, focalizzandomi su due concetti: la partecipazione e la collaborazione”.
“La montagna, infatti – ha proseguito Irene – richiede attenzione e partecipazione da parte di chi la frequenta. L’elemento che mi è venuto in mente per il mio lavoro è stata la mano. Le mani aiutano, lavorano, proteggono. Ho così pensato di creare questa installazione con le mani come elemento centrale da arricchire poi in seguito. L’dea è stata quella di unirle con un filo che delineasse in maniera astratta la sagoma stessa del Resegone, montagna simbolo di Lecco e a cui sono particolarmente legata”.
Il lavoro
Dopo il via libera da parte della Sel (Società Escursionisti Lecchesi, proprietaria del rifugio Azzoni) Irene si è messa all’opera. Le ricerche sono cominciate a maggio, ad ottobre ha iniziato a lavorare all’installazione: “Avrei dovuto realizzarla sul finire dell’estate ma un infortunio ha rallentato il programma, così di fatto mi sono messa al lavoro tra settembre e ottobre”.
“Per prima cosa, con l’aiuto del rifugista, Stefano Valsecchi, abbiamo sistemato il bivacco e ripitturato le pareti con un grigio chiaro tendente all’azzurro. Quindi ho realizzato i calchi delle mani e li ho affissi al muro utilizzando dei fisher e la colla. Il filo è legato tra le dita e va a formare la sagoma astratta del Resegone. Le ‘punte’ della montagna sono in scala – ha precisato Irene – le mani, realizzate in gesso e resina, sono calchi anatomici, quattro persone mi hanno cioè ‘prestato’ le loro mani, vissute dal lavoro e dalla montagna. Entrando lo spettatore può vedere l’opera sulla sinistra e da lontano vedrà ancora meglio la sagoma del Resegone”.
‘Un grande ricamo collettivo’
Il senso dell’installazione è ben racchiuso nel pannello esplicativo che Irene sta realizzando e che verrà affisso vicino all’opera: “Uomo e Natura giocano nel passarsi un filo e l’intreccio, da cui appare come una costellazione la sagoma del Resegone, crea un grande ricamo collettivo come a ricordarci che siamo tutti legati da un filo invisibile. Solo attraverso la collaborazione di tutti possiamo preservare l’ambiente che ci circonda. La montagna è un insieme di delicati equilibri che ora sono nelle tue mani, come questo luogo: per questa notte ne sei ospite. Abbine rispetto. Grazie”.
L’appello a chi frequenta il bivacco: “Non rovinate l’installazione’
Un invito al rispetto e alla collaborazione che Irene, con la sua opera, rivolge a tutti i fruitori della montagna: “In particolare però lancio un appello di civiltà a coloro che dovessero fermarsi qui a dormire – ha concluso l’artista – i vandalismi nei bivacchi sono purtroppo una triste realtà: ho messo in conto che qualcuno potrebbe danneggiarla, mi auguro non succederà”.
Per vedere dal vivo l’opera occorre raggiungere la vetta del Resegone: “Ricordo che il bivacco è di norma aperto quando il rifugio è chiuso – ha detto Irene – nel caso comunque è possibile chiedere al rifugista Stefano di aprirlo per poter vedere l’installazione. Contiamo di fare un piccolo momento inaugurale, non appena possibile, con anche i soci della Sel, che ringrazio ancora per questa bella opportunità”.