Rapporto Ocse 2022: Italia sotto la media per numero di infermieri e di neolaureati in infermieristica
Il presidente Opi-Lecco Fedeli: “Necessario intervenire per rendere attrattiva la professione al fine di garantire adeguati standard”
LECCO – Negli ultimi giorni è stato pubblicato il rapporto Ocse Health at a glance che, come suggerito dal titolo, getta uno sguardo sui sistemi sanitari europei e sullo stato di salute dei cittadini. Per quanto concerne i numeri relativi alla carenza di personale sanitario sul territorio italiano i dati emersi non sono certo rassicuranti. All’interno del corposo documento è evidenziato il prezioso contributo che gli infermieri danno quotidianamente in tutti i sistemi sanitari dell’UE. Eppure, se ne evidenzia anche una massiccia carenza.
L’Italia purtroppo non risulta tra i Paesi che spiccano nelle classifiche relative a numero di professionisti e di neolaureati oltre che di retribuzioni. Infatti, a fronte di una media Ocse che si attesta su 8,3 infermieri ogni 1000 abitanti nel nostro Paese il rapporto è di 6,3 (in leggera crescita rispetto al 2010, ma ancora molto lontano dagli Stati più virtuosi). Ciò che preoccupa ulteriormente è il dato relativo agli infermieri neolaureati: in Italia sono solo 17 ogni 100.000 abitanti. Un numero che ci relega al quart’ultimo posto nel ranking dei 38 Stati membri (la media Ocse è di 43 per centomila abitanti).
“Quanto emerge dal rapporto stilato dall’Ocse purtroppo non sorprende. Sono ormai anni che la professione infermieristica è in sofferenza nel nostro Paese e l’emergenza CoViD ha dato maggiore evidenza al problema, oltre ad aggravarlo – commenta il presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Lecco, Fabio Fedeli -. Per risolvere la questione della carenza però non basta pensare di aumentare i posti messi a bando dalle Università per il corso di laurea in infermieristica. Quest’ultima può rappresentare una delle azioni da intraprendere, ma se non ci si impegna a rendere attrattiva la professione si rischia che i posti non vengano nemmeno saturati”.
Ma qual è la situazione nella nostra Provincia? “Dati dell’albo alla mano posso affermare che in provincia di Lecco abbiamo un rapporto di infermieri per mille abitanti pressoché sovrapponibile alla media nazionale, ossia di 6,2/1000 abitanti. Un numero che con l’aumentare dell’età media e la necessità di prendersi cura di un numero sempre maggiore persone affette da patologie croniche o non autosufficienti è assolutamente esiguo. Ciò che ancor più preoccupa è il dato di neoiscritti in provincia. A fronte di un numero di 17 neolaureati ogni 100.000 abitanti nella media italiana, in provincia ci attestiamo a 7,21. Come avevo già evidenziato nella lettera aperta inviata ai candidati lecchesi al Parlamento, senza interventi concreti rischiamo l’estinzione della categoria. E la forte carenza infermieristica non è un problema della professione, ma di tutta la comunità, perché va a minare la qualità delle cure”.
Cosa andrebbe fatto? “Quando parlo di interventi concreti non mi riferisco solo agli aspetti salariali. Anche quello è un aspetto critico evidenziato dal rapporto Ocse, dove l’Italia si piazza ben al di sotto della media Europea. Occorre anche valorizzare la formazione post laurea e riconoscere le competenze acquisite con i percorsi di formazione universitaria, dando la possibilità di una carriera nel campo della clinica: aspetti questi che in alcune realtà estere sono tenuti in considerazione e non a caso abbiamo assistito anche a una forte emigrazione di colleghi negli ultimi anni. Infine, è necessario adeguare i modelli organizzativi valorizzando le professioni sanitarie, adeguare il numero del personale di supporto, contrastare il fenomeno della violenza sugli operatori sanitari, garantendo così adeguati carichi di lavoro e di stress”.