MANDELLO – “Volevano far vincere il male ma hanno fatto trionfare il bene”. Con queste parole don Ambrogio Balatti ha chiuso lunedì 10 marzo l’incontro proposto dal Vicariato di Mandello e dedicato alla figura di suor Maria Laura Mainetti, la religiosa originaria di Colico uccisa una sera di inizio giugno del 2000 a Chiavenna da tre ragazze minorenni.
Erano in tanti, al Teatro San Lorenzo, ad ascoltare la testimonianza del sacerdote nativo di Mandello, all’epoca del delitto – così come oggi – arciprete proprio di Chiavenna. Con lui, a parlare della religiosa trafitta da 19 coltellate e tuttavia capace prima di morire di perdonare le sue carnefici, suor Beniamina Mariani delle “Figlie della Croce”, la congregazione presso la quale studiò suor Maria Laura, che appunto con suor Beniamina (che alla consorella trucidata quasi quattordici anni fa ha anche dedicato un libro) condivise tutto il periodo di formazione alla vita religiosa.
“Un evento tragico ha concluso l’esistenza di suor Maria Laura – ha esordito don Ambrogio Balatti – e già nelle ore immediatamente successive al delitto tutti, a partire dagli inquirenti, si interrogavano sul perché era potuto accadere. Perché a una persona così buona? Perché, visto che tra la religiosa e quelle tre ragazze non vi era alcuna relazione né alcun gesto da vendicare? Perché, considerato che non volevano neppure rapinarla?”.
“Per vincere la noia – ha aggiunto il sacerdote – e per risvegliare Chiavenna, si era detto all’inizio. Poi però è uscito il satanismo come chiave di lettura e man mano che passavano i giorni si è fatta strada la consapevolezza che le tre ragazze erano schierate dalla parte del male e volevano farlo prevalere a ogni costo. Volevano dimostrare che il male vince perché è più forte del bene, che i cattivi sono superiori agli altri e che i cristiani non sono poi così coerenti, perché magari non fanno le cose che dicono”.
Don Ambrogio, che inizialmente pare dovesse essere la vittima designata dalle tre minorenni, ha quindi ripercorso le tappe che avevano portato le ragazze, seguaci di Marilyn Manson, ad avvicinarsi prima all’occultismo e poi appunto al satanismo, inducendole tra l’altro a inneggiare a Lucifero pochi mesi prima dell’orribile delitto attraverso una inequivocabile scritta apparsa sul muro del cimitero di Chiavenna.
“Suor Maria Laura non aveva voluto sottrarsi all’incontro che una delle giovani le aveva chiesto sostenendo di essere stata violentata e di essere incinta – ha osservato il sacerdote – e ha dimostrato fino in fondo la sua coerenza. E le stesse ragazze che volevano far prevalere il male hanno dovuto rendersi conto che puoi anche togliere la vita ma non puoi distruggere l’amore. Così suor Maria Laura ha sconfitto il loro progetto”.
“Era una brava suora – ha quindi esordito suor Beniamina – ed era una di noi. Ecco perché quando è stata uccisa non riuscivamo a capire cosa potesse esserci dietro quel delitto. Di lei rimanevano impressi il sorriso, la sua gioia e il suo silenzio e in effetti in tanti anni io non ho mai visto sul suo volto un’espressione che non fosse gioiosa”.
“Pochi giorni prima di morire – ha aggiunto – aveva confidato a una consorella di essere felice perché il Signore era contento di lei, pur se sentiva di dover ancora migliorare. Diceva di avere paura delle sue insicurezze e dei suoi insuccessi e chiedeva a Dio di illuminarla”.
Suor Beniamina ha anche parlato dell’entusiasmo di suor Maria Laura Mainetti (“che con gli anni non si era affievolito ma soltanto trasformato in una vitalità equilibrata che scaturiva dall’esperienza e dalla fede in Dio”) e dell’amore che lei nutriva verso ogni persona in quanto tale, oltre appunto che della sua profonda gioia, “mai intaccata dalle difficoltà del cammino”.
“Era davvero una di noi – ha ripetuto la religiosa – e viveva la semplice quotidianità che era divenuta la sua missione e che per lei consisteva nell’accogliere, ascoltare e poi intervenire con i mezzi che si hanno a disposizione. La sua era una presenza semplice e lei ha saputo testimoniare la carità che si fa ascolto e condivisione”.
Parlando del ruolo di educatrice di suor Maria Laura (per la quale nel 2005 si era aperto il processo diocesano di beatificazione, concluso nel giugno dell’anno successivo), suor Beniamina ha ricordato di quando – dopo la morte della religiosa – un suo ex alunno indirizzò alla congregazione delle Figlie della Croce una lettera in cui diceva di non avere dimenticato il suo affetto e i suoi insegnamenti, “che – spiegava – hanno forgiato la mia personalità”.
“Molte volte – ha affermato sempre la religiosa nativa di Lissone – ricordo di averla vista in lunghe silenziose preghiere davanti all’Eucarestia. Lei Dio lo chiamava “papà” e diceva: “C’è un papà che guida e dirige tutto”. Si entusiasmava nei confronti di chi sapeva vivere la fede con coraggio fino a dare la propria vita e lei stessa ha saputo andare oltre: ha dato a sua volta la propria vita e ha anche saputo perdonare chi gliela stava togliendo”.
“Il miracolo d’amore di suor Maria Laura è la sua luminosa testimonianza – ha quindi concluso don Ambrogio Balatti – che ora è doveroso far conoscere. Con lei predomina la luce che vince le tenebre, perché se è vero che il fascino del male c’è sempre è altrettanto innegabile che la cattiveria non può distruggere la fede e l’amore”.
Ma si sono mai pentite le tre ragazze che hanno commesso il delitto?, è stato chiesto a don Ambrogio e a suor Beniamina. “Loro adesso sono totalmente libere – ha risposto l’arciprete di Chiavenna – e fanno la loro vita. Confidiamo che possano essersi pentite almeno in cuor loro, perché pubblicamente non l’hanno mai fatto”.