LECCO – A metà 2013 i residenti stranieri in provincia sono divenuti più dell’83% della complessiva popolazione immigrata presente nel lecchese e gli irregolari meno del 4%, mentre tali quote erano rispettivamente inferiore al 60% e superiore al 25% a fine 2001. Sono i dati racchiusi nel XV Rapporto sull’Immigrazione a Lecco, presentato lunedì nell’aula magna del Politecnico.
Secondo lo studio, i residenti stranieri sono passati da poco più di 7mila ad inizio secolo al quadruplo, quasi 29mila, al 1° luglio 2013, concentrando quasi tutte le unità d’aumento dall’inizio del 2002 alla prima metà del 2009; mentre gli irregolari, dopo essere passati da 2-3mila nei primi anni del secolo a quasi 4mila nel 2008, sono scesi al minimo storico di 1.200 al 1° luglio 2013, quasi dimezzandosi nei soli ultimi dodici mesi.
I regolari non residenti, infine, poche migliaia fino al 2012, sono quasi raddoppiati nell’ultimo anno e si sono ora avvicinati alle 5mila unità, il triplo rispetto ad inizio secolo. La provincia di Lecco è così per la prima volta superata da quella di Lodi al terzultimo posto in regione dal punto di vista del numero di persone prive di autorizzazione al soggiorno, mentre mantiene tale posizione con riferimento alla presenza complessiva, che al 1° luglio 2013 è superiore alle 34mila unità, il triplo rispetto ad inizio secolo e in aumento di circa 2mila unità nell’ultimo anno.
A fine 2001 era sprovvisto di permesso di soggiorno un immigrato su quattro ma la regolarizzazione straordinaria “Bossi-Fini” ha portato il numero di persone non in regola con la normativa sul soggiorno sul totale degli immigrati presenti sùbito al 9 per cento nel 2003 e poi al 12-13 per cento tra il 2004 e il 2009 grazie anche negli anni più recenti al cambiamento di status di rumeni e bulgari e all’uso eterodosso dello strumento del decreto-flussi.
Nell’ultimo quadriennio le iniziative di “sanatoria per colf e badanti”,“click days” ed “emersione dal lavoro nero”, unite al rientro in patria o al proseguimento della carriera migratoria altrove per non pochi immigrati, soprattutto irregolari, che avevano perso il lavoro in Italia, hanno abbassato ancora il tasso d’irregolarità nel lecchese all’8 per cento, poi al 7 per cento nel 2012 e infine al valor minimo del 4 per cento nel 2013.
Particolarmente importante, secondo quanto emerge nel rapporto, è stata la contrazione del numero di irregolari negli ultimi dodici mesi, pari ad un migliaio di unità, che ha fatto scendere il totale complessivo provinciale poco sopra i 1.200, di cui poco più di metà provenienti dall’Africa. Inoltre, tranne gli irregolari nordafricani che si sono ridotti di un terzo in un anno, tutte le altre macroaree di provenienza hanno visto dimezzare o quasi il numero di persone prive di permesso di soggiorno negli ultimi dodici mesi.
La classifica per nazionalità a metà 2013 vede la conferma del Marocco in prima posizione, con oltre 5mila unità, davanti alle provenienze est-europee della Romania (oltre 4mila,in crescita di un centinaio) e dell’Albania (oltre 3mila, ma più stabile) e poi al Senegal (2.500 unità), al Kosovo (circa 1.700), alla Costa d’Avorio (circa 1.500), al Perù (circa 1.300) e, come detto, al Burkina Faso (quasi 1.100) davanti alla Moldova (più di mille).
Il gruppo africano era di maggioranza assoluta ad inizio secolo nel lecchese mentre ora rappresenta solo i due quinti del fenomeno migratorio provinciale. Tra la seconda metà del 2012 e la prima del 2013, però, gli africani sono cresciuti più di tutti di un migliaio di unità, soprattutto grazie alle componenti non iscritte in anagrafe e provenienti dal Centro sud continentale mentre gli asiatici e i latinoamericani nello stesso lasso di tempo sono aumentati di 3-400 unità a testa e gli est-europei solamente di un centinaio.
Per quanto riguarda i singoli stati di origine, così, dopo un primo decennio del secolo contrassegnato dalla crescita delle nazionalità est-europee, negli ultimi dodici mesi si confermano ai primi sette posti in graduatoria i Paesi che già primeggiavano nel 2012 e si nota, a seguire, la riconquista di una posizione da parte della provenienza storica del Burkina Faso a scapito di quella moldova che invece era molto aumentata negli anni precedenti.
Inoltre, tre dei primi quattro Paesi per aumento assoluto di presenze in provincia di Lecco tra la seconda metà del 2012 e la prima del 2013 fanno riferimento all’area africana: in primis il Marocco (+240 unità) e poi, dietro al Kosovo (+220), la Costa d’Avorio (+180) e il Senegal (+170).
Le caratteristiche strutturali (genere, età, religione, istruzione). A livello strutturale si notano: un calo della percentuale di uomini, con valori che passano dal 65 per cento nel 2001 al 52 per cento nel 2012-2013, pur tuttavia con la provincia di Lecco ancora al primo posto in graduatoria per connotazione di genere maschile; un’altalenante ma tendenzialmente crescente anzianità anagrafica, che per gli ultraquattordicenni raggiunge nel 2013 i 35 anni per gli uomini e i 36 per le donne; un miglioramento nel tempo delle credenziali formative, pur ancora per la provincia di Lecco al di sotto della media regionale lombarda; un aumento nel tempo dell’incidenza delle religioni cristiane non cattoliche (che riguardano l’11 per cento del totale degli immigrati nel 2013) a scapito proprio dei cattolici (al 27 per cento), con i musulmani che sono però sempre la maggioranza degli stranieri.
Il dato relativo all’anzianità della presenza degli stranieri ultraquattordicenni mostrava nel 2001 come più del 40% per cento di essi fosse giunto in Italia nei cinque anni precedenti la rilevazione: nel 2013, invece, circa uno straniero su tre è arrivato in Italia da più di dieci anni e solo uno su quattro da meno di cinque .
La condizione lavorativa degli stranieri ultraquattordicenni mostra un andamento altalenante relativamente alla quota dei disoccupati, che passa dal 15 per cento nel 2001 al minimo pari al 3 per cento nel 2007, per poi risalire al massimo storico del 24 per cento nel 2013.
In parallelo la percentuale di occupati regolarmente a tempo indeterminato mostra un decremento, passando dal 48 per cento del 2001 al 30-32 per cento del 2011-2013. La quota di studenti cresce dal 2 al 9 per cento nel corso della serie storica e quella di casalinghe, calcolata sul totale di presenti ultra quattordicenni (uomini e donne) – passa dal 9 al 15 per cento, interessando sempre principalmente il collettivo femminile.
Il dato sulla sistemazione abitativa degli stranieri mostra come la quota di chi vive in un’abitazione autonoma, solo per sé o con un’eventuale famiglia, si incrementi nel corso degli anni, passando dal 63 per cento del 2001 al 93 per cento del 2013. Nello stesso lasso di tempo, entro tale percentuale, la quota di case di proprietà risulta più che triplicata raggiungendo il 28 per cento nell’ultimo anno considerato e, in parallelo, la percentuale di coabitazioni passa dal 17 al 2 per cento e le quote di stranieri che vivono in sistemazioni precarie o in centri d’accoglienza diminuiscono notevolmente nel corso degli anni attestandosi nel 2013 rispettivamente intorno al 3 e all’1 per cento.
La provincia di Lecco si posiziona al primo posto in Lombardia per il livello di integrazione totale nel 2013 e si può notare come tale primato sia dovuto principalmente all’aspetto economico-lavorativo con un indice pari a 0,2 a fronte dello 0,07 medio registrato in regione, entro un teorico campo di variazione tra -1 che indica assenza di integrazione ed 1 che significa perfetta integrazione, mentre per la dimensione socio-territoriale si porta pure sopra la media lombarda ma dietro le province di Cremona e di Sondrio.
Il dettaglio per genere evidenzia come tra gli uomini l’indice economico-lavorativo sia più elevato, mentre quello socio-territoriale sia molto simile per l’intero contingente di stranieri. Considerando le macroaree di provenienza si osserva una grande variabilità nel livello di integrazione: gli est-europei mostrano valori dell’indice globale decisamente più elevati (0,36), mentre asiatici e latinoamericani sono maggiormente vicini allo zero.
Uno sguardo all’anzianità della presenza mostra come chi è giunto in Italia da più di dieci anni è in possesso di un livello di integrazione più elevato, con indici totali e parziali che si aggirano intorno a 0,2-0,25 e, d’altra parte, i “nuovi arrivati”, caratterizzati da un’anzianità inferiore ai cinque anni, evidenziano in molti casi valori dell’indice al di sotto dello zero.

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