In cinquecento con Anna Mei sfilano in aiuto dei “bimbi farfalla”

Tempo di lettura: 5 minuti

 

LECCO – “Senza farfalle tutto sarà più spento, i fiori non potranno più sbocciare, tutto diventerà pesante e lento e non riusciremo più a sognare… Le farfalle torneranno a volare solo se noi le sapremo amare, e voleranno, voleranno ancora alla ricerca di una nuova aurora”.

In una semplice poesia, recitata dagli alunni delle scuole di Santo Stefano, è racchiuso il messaggio forte che in cinquecento, tra bimbi, famiglie e insegnanti, hanno portato per Lecco sfilando sabato mattina accanto alla ciclista Anna Mei, in un corteo colorato che si è messo in marcia, chi in bici e che a piedi, per sostenere la ricerca  in aiuto dei ‘bimbi farfalla’.

 

L’iniziativa è stata organizzata dalla Scuola Primaria Santo Stefano che ha coinvolto ben 200 dei suoi alunni, insieme alla Scuola Media A. Nava di cui erano presenti le prime classi, con il comitato Vivacemente dei genitori della scuola che ha preparato un rinfresco per tutti all’oratorio messo a disposizione dalla Parrocchia San Francesco, la Banda Manzoni, che ha accompagnato con la musica  il corteo animato dall’allegria del gruppo Uno Teatro, presente anche la casa editrice Il Ciliegio, mentre gli sponsor Affari & Sport,  Vinicola Mauri e la Farmacia San Francesco hanno dato  il loro contributo alla riuscita dell’evento.

 

Insieme, tutti, per richiamare l’attenzione sui piccoli malati di epidermolisi bollosa, questo il nome della rara malattia genetica che in Italia colpisce un bimbo ogni 84 mila nati.

“E’ una patologia fortemente invalidante, discriminante, impegnativa…” ci racconta Antonella, di Cuggiono in provincia di Milano e presente alla manifestazione di Lecco. E’ la mamma di Mattia, oggi 22enne, bimbo farfalla, perché “la sua pelle è delicata come le ali di una farfalla, ad ogni fregamento o trauma di pelle si provoca una lesione. Lo ha scoperto alla nascita, siamo stati per certi versi fortunati perché in ospedale hanno subito intuito di che si trattava e la diagnosi è stata immediata. Da quel momento cambia la vita, completamente, cambia tutta la dinamica della famiglia. Non esistono delle cure ora, questi bimbi vengono trattati come ustionati, ogni giorno devono essere medicati, con creme antibiotiche, spesso dobbiamo somministrare loro antidolorifici e antistaminici, più volte al giorno”.

Antonella e Rosalba, mamme di Mattia e Alessandro

 

“Il periodo scolastico è stato difficile – prosegue Antonella, volontaria dell’associazione Debra nata per sostenere la ricerca sulle malattie genetiche  – la semplice ricreazione di 10 minuti diventa un problema, Mattia doveva aspettare che gli altri uscissero per evitare di venire urtato, anche involontariamente, lo sappiamo come sono i bambini nella loro esuberanza. La vita sociale è penalizzata ed anche nel mondo lavorativo questi ragazzi devono avere una marcia in più , dimostrare di essere alla pari degli altri, non è così semplice. Mattia terminate le scuole superiori, in questi giorni  stava meditando di iscriversi all’università. Siamo contenti per questo, io gli dico sempre: Dio non ti ha dato una buona pelle ma una buona intelligenza, approfitta di questo”.

 

Anche Rosalba, torinese, mamma di Alessandro, 17 anni, ha voluto essere presente oggi a Lecco: “La difficoltà è anche il tempo, ci si deve alzare presto per le medicazioni, uscire prima da scuola per evitare la calca… mio figlio ha anche dei problemi all’esofago, mangiare significa metterci un’ora e mezza, per fare il bagno occorrono due ore, perché è necessario togliere tutte le medicazioni, con calma perché è molto doloroso avendo delle ferite aperte, e poi rifasciare tutto. A questo si aggiunge il suo disagio di adolescente nel farsi lavare dalla mamma; purtroppo ha una mano non completamente mobile, non riesce a bucarsi le bolle da solo o semplicemente aprire una bottiglia d’acqua”.

 

Quelli di Mattia e Alessandro sono solo due dei 500 mila casi di questa malattia che si registrano nel mondo. Per loro è scesa in campo una donna lecchese diventata simbolicamente la loro mamma, una sportiva, la campionessa mondiale di ciclismo Anna Mei: “Queste madri possono solo medicare le ferite ai loro figli, l’unica speranza è nella ricerca – ci racconta – Nel 2011 ho appreso di questa malattia, prima, come molti di noi non sapevo dell’esistenza di questi bimbi, ho percepito il grande silenzio attorno a loro e mi sono resa conto che avevano bisogno di una grande voce. Oggi, ovunque io sia nel mondo, porto avanti il loro messaggio di auto e mi dà una grande forza nel fare quello che faccio”.

La ciclista Anna Mei , ‘madrina’ dei bimbi farfalla