MANDELLO – Mandellese, vive a Montréal, una tra le più importanti città del Canada, da un paio d’anni. Lei è Valentina Gaddi, laureanda in Relazioni internazionali all’Università Ca’ Foscari di Venezia e collaboratrice presso la Chaire de recherche du Canada en étude du pluralisme religieux presso l’Université de Montréal.
Le ricerche da lei svolte sono sempre state dedicate al tema dell’alterità e della relazione con l’altro, a partire dalla sua tesi in Scienze dell’educazione interculturale “Che genere di rappresentazioni?” sulla figura della donna migrante marocchina in Italia, passando per l’elaborato finale presentato per il conseguimento del diploma di Master in Mediazione Intermediterranea dove – a partire da una ricerca sul campo condotta nel territorio lecchese – viene analizzato il paradigma emergenziale con cui lo Stato italiano affronta da anni la questione dei migranti.
Una forte volontà di “sconfinare” i tradizionali limiti accademici ha accompagnato tutti i suoi lavori, come dimostra la realizzazione – con Ilaria Pezone – del documentario “Ego Etiam Advenus”, finalizzato a documentare l’esperienza dei richiedenti asilo nel territorio lecchese.
Il film aveva preso le mosse dall’attività laboratoriale proposta a un gruppo di ragazzi giunti in Italia tra la primavera e l’estate del 2011 in seguito alla guerra civile in Libia, ospiti presso la struttura Forte di Fuentes a Colico. La finalità del laboratorio consisteva nell’offrire a quegli stessi giovani uno spazio e un luogo in cui “raccontarsi” per intraprendere un percorso di riflessione relativamente al loro percorso migratorio.
Oltre a quell’impegno per così dire di “volgarizzazione” del lavoro accademico, la giovane mandellese si è dedicata attivamente all’attività associativa e alla politica. Attivista nell’associazione “Zoobazooka”, Valentina Gaddi è stata eletta in consiglio comunale a Mandello alle elezioni amministrative dell’aprile 2010. Nel settembre 2012 ha rassegnato le dimissioni proprio in conseguenza della sua decisione di approfondire l’esperienza estera e di trasferirsi in terra canadese.
Da Montréal, Valentina ci ha inviato questo suo intervento che prende spunto da un episodio di cronaca accaduto di recente proprio a Mandello e riferito da Lecconotizie in data 12 febbraio. Ecco, di seguito, la sua lettera-opinione:
“Come la maggior parte dei giovani d’oggi, anch’io sono un’assidua frequentatrice di Facebook. Considerando che vivo dall’altra parte del mondo rispetto agli amici e agli affetti più cari, FB mi dà modo di mantenere un grande legame con le persone che purtroppo non posso avere accanto. In più, grande merito dei social network, FB è per me un po’ come un piazza virtuale, un luogo d’incontro dove “tastare il polso” di quel ramo del Lago di Como che tanto mi manca.
In questa “piazza virtuale”, qualche giorno fa è comparso, postato a più riprese da vari “amici”, un articolo di Lecconotizie dal titolo “Sorpresi dai Cc a scassinare un negozio: presi, arrestati… già scarcerati”. In sintesi, il pezzo raccontava l’arresto di due persone, presunti scassinatori, scoperti appena prima di compiere un furto, il loro processo per direttissima e la loro scarcerazione. Fin qui potrebbe essere un racconto più o meno ordinario.
I furti, e chi è di Mandello lo sa, non sono cosa nuova. Ma un dettaglio si aggiunge alla cronaca: i due individui sono di nazionalità rumena. Quello che ha colpito la mia attenzione non è stata la cronaca in sé, quanto piuttosto i “commenti” scaturiti, tra cui frasi del tipo “2 cartucce, una bella buca e un processo in meno”, “se li trovo ancora fuori casa gli sparo, mica sei mesi” e “saran poi tutti uguali!”, soltanto per citarne alcune. Dire che questi commenti hanno colpito la mia attenzione è un eufemismo.
La violenza, la disinibizione, la generalizzazione di un reato per condannare un’intera popolazione, la leggerezza dei “like” cliccati con queste affermazioni mi hanno letteralmente lasciata allibita.
C’è un risentimento che scaturisce apertamente, senza filtro, in tutta la sua violenza e che a mio avviso ci fa dimenticare la domanda più legittima all’articolo in questione: perché sono già stati scarcerati? Invece no, nemmeno lasciamo insinuare in noi il dubbio. Il giudizio è tranchant, a quanto pare la nostra giustizia funziona benissimo e, semplice, sono i rumeni che sono tutti ladri (quando non violentatori, ovvio). Nemmeno hanno diritto a un processo: due cartucce e una buca bastano e avanzano.
So a cosa starete pensando, voi che leggete queste righe: “Sono i commenti di una minoranza, sono una ragazzata, altrimenti saranno i ‘soliti fasci’”.
Mi dispiace deludervi, mi piacerebbe che fosse così, perché forse troverei alcune attenuanti alla mia rabbia. Mi dispiace. Ed è un dispiacere sentito, che viene dal cuore. I virgolettati provengono direttamente dai miei “amici di FB”, giovani del nostro territorio, giovani che saranno e sono già l’Italia di domani. Quale domani?, mi chiedo con grande tristezza. Un domani basato sull’odio e il risentimento verso l’altro, che prospera già nell’animo di noi ragazze e ragazzi?
Non condanno semplicemente i commenti. Credo infatti che l’indignazione non basti e che un serio momento di riflessione si imponga a tutti noi. Un momento di riflessione che sposti le luci dei riflettori, a lungo puntante sugli “altri”, sugli stranieri, sugli immigrati, su noi.
Perché non gettare un fascio di luce sul malessere che regna in noi, giovani italiane e italiani di domani, della paura che ci fa una situazione economico-sociale così precaria, prima di cercare un capro espiatorio negli altri? Cosa spinge un giovane a lasciarsi andare a quei commenti ? E quale meccanismo fa sì che la condanna di questi “discorsi sull’altro” sia scomparsa? Che nessuno si indigni più di fronte a un violento (e pericoloso) rigetto dell’“altro”?
L’interrogativo che più alimenta la mia “grande tristezza” è però un altro. Ho il brutto difetto di non saper stare zitta, di voler andare a fondo nelle cose e provocare la discussione, soprattutto con chi non la pensa come me. Dopo un momento di esitazione, rispetto all’efficacia di un mio possibile commento ai suddetti post, ho quindi deciso di provocare. Ed è stato un altro articolo a darmi l’idea.
Nello specifico, la cronaca di un pestaggio avvenuto a Ostia, in un forno, dove dodici ragazzi (di cui, guarda caso, sappiamo soltanto che uno di loro è romano) si sono accaniti contro tre lavoratori “stranieri”. Ho postato l’articolo sotto tutti i commenti di cui vi ho parlato riferiti all’episodio accaduto a Mandello, aggiungendo provocatoriamente: “Anche gli italiani sono tutti uguali?”. Risposta? Silenzio. Nessuna delle 12 persone (strana coincidenza numerica) si è sentita chiamata in causa, nessuna ha reagito alla mia domanda, nessun commento, nemmeno per dirmi: “Sempre la solita rompipalle che difende gli stranieri”. Niente.
Ed è questo il niente che mi fa paura, che mi fa più tristezza. L’apatia, il silenzio, l’astenersi dal discutere le proprie ragioni, l’astenersi dal dibattito. Quel dibattito che, forse a volte lo dimentichiamo, è la vera essenza della democrazia”.
Valentina Gaddi