LECCO- Dieci giorni fa Vincenzo Musolino, imprenditore edile noto alle cronache come il cognato del boss Franco Coco Trovato e arrestato nei primi anni ‘90 nell’ambito dell’inchiesta Wall Street, aveva minacciato di darsi fuoco di fronte al Tribunale di Lecco, “ho già scontato la mia pena, fate lavorare i miei figli”, diceva ai presenti sentendosi addosso un accanimento mediatico che lo ha riportato al centro della scena nei giorni di Metastasi. Giovedì è stato uno dei suoi figli, Michele, artista lecchese, a rompere il ghiaccio con un iniziativa culturale per le vie del centro storico di Lecco.
“?What are you” è il nome dell’iniziativa che ha visto l’installazione per le vie della città di cinque supporti nel quale ogni cittadino può raccontare se stesso, rispondendo alla domanda posta dall’opera.
“What are you è un interrogativo fondamentale, il primo che andrebbe affrontato – sottolinea l’artista – Infatti non si può scegliere di non scegliere: non appena si prende possesso della vita, bisogna dare una risposta a questa domanda connaturata all’essenza umana. Domanda pericolosa quanto inevitabile, perché dalla risposta dipenderanno le responsabilità, che spaventano qualsiasi uomo, soprattutto se vive in un’Italia accerchiata dalle incertezze”.
Una “sfida”, come spiegato dagli organizzatori dell’evento, che Michele Musolino lancia alla città: “Siamo abituati a guardare gli altri negli occhi senza troppa fatica, ma raramente ci guardiamo dentro – spiega l’artista – Questa non è un’iniziativa di protesta o provocatoria ma vuole contribuire a far riflettere la città di Lecco con un sorriso. Un’iniziativa che replicheremo anche a Milano”.
Il 5 maggio scorso, il giorno dell’estrema protesta del padre Vincenzo, Michele Musolino scriveva su facebook : ““Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola (Giovanni Falcone) Questo aveva scritto al collo… Ora è venuto il momento che ve lo presenti…questo è mio padre…Vincenzo Musolino…”ringrazio” la città di Lecco per tutto ciò e per curiosità mia e personale vi voglio chiedere… io cosa sono?”
A distanza di quasi due settimane, Michele si dice più sereno, ma lascia intuire le difficoltà di quei giorni: “Tendo a imparare da ogni evento che succede, anche se in questo caso è difficile trovare cose positive, è stato parecchio pesante. Ora sono sereno nonostante quello che è successo”.
La denuncia che per primo il padre e poi il figlio hanno voluto lanciare, è quella di portasi addosso un’etichetta che li lega ai fatti di mafia dello zio boss e della famiglia Coco Trovato:
“Ho 24 anni, ci sono nato in questa cosa – spiega l’artista – non mi appartiene ma ci devo convivere. Quello che ho fatto oggi è quello che consiglio a tutti, guardiamoci dentro e chiediamoci che cosa siamo”.
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