In Tribunale le testimonianze degli agenti della Stradale e dei cantonieri intervenuti prima del crollo
Si tornerà in Aula il prossimo 19 ottobre
LECCO – Le ore immediatamente precedenti al crollo del ponte di Annone sulla Statale 36 al centro dell’udienza che si è svolta oggi, lunedì 21 settembre, presso il Tribunale di Lecco, nell’ambito del processo che vede imputati per omicidio colposo, disastro colposo e crollo di infrastruttura l’ing. Angelo Valsecchi e l’ing. Andrea Sesana, rispettivamente dirigente e funzionario della Provincia di Lecco, l’ing. Giovanni Salvatore di Anas e Silvia Garbelli, funzionario della Provincia di Bergamo.
Le testimonianze
In aula si sono alternati i racconti degli operatori di polizia stradale e dei cantonieri di Anas e Provincia di Lecco intervenuti quel 28 ottobre nei pressi del cavalcavia. Tutto comincia intorno alle 13.30 quando viene segnalata la caduta di calcinacci sulla Statale 36 in corrispondenza del ponte di Annone. Sul posto si porta Sauta Tindaro, capocantoniere Anas: “Quando è giunta la chiamata io mi trovavo a Garbagnate Monastero per un altro intervento, siccome ero vicino mi sono subito recato ad Annone – ha raccontato di fronte al giudice Enrico Manzi -. Sulla sede stradale erano caduti dei calcinacci, per sicurezza ho subito provveduto a chiudere la corsia interessata dal crollo e dopo aver ripulito la carreggiata ho avvisato i miei superiori, il geometra Trapanese e l’ingegnere Giovanni Salvatore”. Sul posto era presente anche una pattuglia della Polizia Stradale di Seregno, come ricordato dall’agente Danilo Marigo, anche lui ascoltato questa mattina. La questione della competenza, dunque di chi dovesse intervenire, emerge praticamente subito: “Il cantoniere Anas presente in luogo – ha spiegato l’agente di Polstrada – disse che la competenza era della Provincia di Lecco, essendo la strada sopra il ponte una provinciale (SP49, ndr). Così sono stati allertati anche i cantonieri della Provincia di Lecco, arrivati in luogo intorno alle 15. Con loro abbiamo fatto un sopralluogo sul ponte, constatando la presenza di un avvallamento del manto stradale, abbassato rispetto al normale livello della strada. Non sembravano problemi recenti ma, come dire, risaputi” ha detto l’agente Marigo che, rispondendo poi alla domanda diretta del pubblico ministero Andrea Figoni, ha aggiunto: “Polstrada e Anas avrebbero avuto la titolarità di chiudere la strada provinciale ma al momento non si ravvisavano elementi di gravità tali da procedere alla chiusura”. La pattuglia della Stradale, come ricordato, si era allontanata dal ponte intorno alle 16.15. Un’ora dopo il cavalcavia crollava sotto il passaggio di un tir in transito, schiacciando l’auto del civatese Claudio Bertini, di ritorno da Milano, unica vittima della tragedia.
La questione della competenza
Tornando alle ore precedenti il crollo, è il capocantoniere Sauta Tindaro a ravvisare la necessità di chiudere la provinciale, come ricordato dallo stesso teste: “Quando sono arrivati i cantonieri della Provincia (Salvatore Floresta e Renato Locatelli, ndr) ho comunicato loro che per me la provinciale andava chiusa, per sicurezza. Locatelli ha chiamato il suo superiore, l’ingegner Andrea Sesana, me lo ha poi passato al telefono e l’ingegnere mi ha detto che avrei dovuto fargli avere ‘due righe scritte’ per formalizzare la richiesta e procedere con l’ordinanza di chiusura. Io gli ho risposto che non era la mia mansione. Il mio è un servizio di pronto intervento – ha aggiunto – avrei potuto, probabilmente, decidere di chiudere la provinciale ma non essendo la strada di mia competenza ne ho parlato con i cantonieri della Provincia. Avrebbero dovuto chiuderla loro” ha detto il teste, ricordando lo sfogo rivolto al collega Locatelli dopo il crollo dell’infrastruttura: “Ero davvero sconvolto, ricordo di avergli urlato in malo modo che quello che era successo era il risultato del lavoro del suo capo che voleva quelle ‘due righe’ per poter procedere alla chiusura della strada”.
Sono stati poi i due cantonieri della Provincia di Lecco Floresta e Locatelli a deporre la loro testimonianza riguardo quel fatidico 28 ottobre 2016. “Erano le 14.15 quando ci è arrivata la chiamata da parte di Sicuritalia che segnalava la caduta di calcinacci in corrispondenza del ponte di Annone, sulla SS36 – ha ricordato Locatelli, all’epoca dei fatti capocantoniere facente funzione – mentre io e Floresta ci portavamo in posto ho chiamato l’ing. Sesana perché qualche anno prima era accaduto qualcosa di simile dopo che un mezzo pesante aveva colpito una trave del ponte. Anche allora era emersa la questione della competenza: Anas o Provincia? Per quello che ricordavo e che ho poi potuto verificare, la Provincia era competente per l’asfalto, dunque per la provinciale sopra il cavalcavia, mentre Anas per il manufatto”.
Una volta sul posto, oltre ai calcinacci, Locatelli rileva degli scrostamenti dalle travi del ponte e una fessurazione di 4 cm: “Durante il sopralluogo sul ponte insieme alla Polstrada notavo anche un avvallamento del manto stradale e una crepa, a prima vista non preoccupante. Comunque ero in contatto con Sesana al quale riferivo, anche attraverso alcune fotografie da me scattate, la situazione”. Il quel contesto l’ingegner Sesana dice ai due cantonieri di recuperare la segnaletica per eventualmente chiudere la strada provinciale sopra il ponte: “Disse però di aspettare, prima di procedere, l’arrivo dei tecnici di Anas. Nel frattempo – ha continuato Locatelli – il cantoniere Anas presente in posto, Sauta Tindaro, mi ha detto che per lui era meglio chiudere. Così ho richiamato Sesana, passandolo anche al collega di Anas. Chiedeva due righe formali per procedere alla chiusura, a me disse che non poteva chiudere una strada così di punto in bianco senza motivo. Siamo rimasti che prima di chiudere avremmo dovuto attendere che Sesana si confrontasse con il responsabile Anas, nel mentre il mio collega (Floresta, ndr) era andato a Civate per integrare la segnaletica che avevamo temporaneamente posizionato sul ponte con quella di chiusura effettiva. Mentre tornava il viadotto è crollato” ha ricordato Locatelli.
La Polstrada: “Nessuna anomalia nella condotta del tir”
Il cavalcavia a scavalco sulla SS36 cede alle 17.22 del 28 ottobre 2016 sotto il peso di un tir in transito (della Nicoli trasporti e spedizioni di Albino, Bergamo), 107,360 tonnellate. Un trasporto eccezionale che non avrebbe dovuto passare su quel ponte dove, come emerso dalla documentazione, il carico massimo previsto era di 44 tonnellate. Tuttavia, come confermato dai testi ascoltati oggi in Aula, nessuna segnaletica indicante le limitazioni di peso era posizionata sul cavalcavia. Da una approfondita disamina del video del crollo ripreso dalla telecamere installata sull’auto del videosorvegliante Anas (Sauta Tindaro) condotta dal comandante della Polstrada di Seregno Gabriele Fersini (che aveva affiancato anche il Ministero dei Trasporti nell’inchiesta aperta sul disastro) era emerso come il tir viaggiasse a 7 km/h: “Di fatto non erano state riscontrate anomalie sul percorso del mezzo pesante e sulle autorizzazioni rilasciate dalla Provincia di Bergamo” ha detto Fersini, lasciando aperta la domanda: come mai sul ponte non c’erano cartelli indicanti il limite massimo di peso consentito per i mezzi pesanti? Si tornerà in aula il prossimo 19 ottobre.