LECCO – Il pm aveva chiesto 3 anni di reclusione assolvendo l’imputato, un cittadino di nazionalità africana già accusato di maltrattamenti e lesioni sulla prima moglie, dal terzo capo di accusa, la violenza sessuale. L’avvocato difensore, Marinella Gavazzi, aveva invece richiesto nella sua lunga arringa il minimo della pena, ponendo l’attenzione sul fatto che gli episodi di maltrattamento non erano da definirsi “rientranti in una programmazione sistematica”.
A sorpresa di entrambe le parti però il collegio giudicante del Foro di Lecco, al termine della discussione finale, ha condannato l’uomo a 5 anni di reclusione, contestandogli non solo gli episodi di maltrattamenti e lesioni ma anche la violenza sessuale.
I fatti risalgono al 2013, quando l’imputato risiedeva nell’olginatese: stando all’accusa, l’uomo avrebbe picchiato spesso la moglie (della stessa nazionalità) causandole diversi traumi, testimoniati dai referti delle visite mediche al pronto soccorso, e costringendola a rapporti sessuali ai quali lei stessa opponeva resistenza per il timore di venire contagiata dall’Hiv. Un timore nato dal secondo matrimonio contratto legalmente dal coniuge con un’altra donna in Burkina Faso – paese di origine della coppia – e del quale la donna era gelosa, come raccontato durante la sua testimonianza nel corso del processo a carico del marito. Proprio per quel matrimonio la prima moglie aveva smesso di versare la sua parte di stipendio sul conto in comune col marito, situazione da cui erano nati i litigi, prima verbali e poi fisici, fino alla denuncia sporta dalla donna.
Era stata sempre lei tuttavia, nel corso del dibattimento, ad annunciare che se il marito si fosse fatto fare il test dell’Hiv lo avrebbe perdonato e ripreso in casa, nonostante gli abusi subiti e la presenza di un’altra donna.
Alla fine, dopo una lunga decisione, il collegio presieduto dal giudice Enrico Manzi ha espresso la sua sentenza, condannando l’imputato ad una pena di 5 anni, due in più di quelli richiesti dalla pubblica accusa, oltre che al pagamento delle spese processuali e all’allontanamento dai pubblici uffici.

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