Insieme al corpo ritrovati l’orologio e il marsupio col cellulare
Sposato, padre di due figli, abitava a Perledo ed era un grande appassionato di corsa in montagna
PERLEDO – Il corpo rinvenuto nei boschi di Parlasco è quello di Pio Mainetti, il runner 65enne di Perledo disperso dallo scorso 14 maggio. Sembrano ormai essere pochi i dubbi sull’identità di quella salma e l’autopsia (prevista per oggi, mercoledì) li scioglierà definitivamente.
A distanza di mesi, è stato un giovane in cerca di funghi, lunedì, a scorgere il corpo dell’uomo nella vegetazione e a lanciare l’allarme.
I carabinieri si sono portati sul posto effettuando i primi rilievi. A confermare l’identità dello sportivo scomparso, oltre agli indumenti (i vestiti con cui era uscito il giorno della scomparsa), sarebbero l’orologio e il marsupio con il cellulare del 65enne. La salma, recuperata, sarà sottoposta oggi all’esame autoptico all’ospedale di Lecco per la conferma ufficiale.
Le campane della chiesa di Perledo, ieri, hanno suonato a lutto. Il ritrovamento ha lasciato attonita tutta la comunità, a partire proprio dal sindaco Fernando De Giambattista: “Siamo venuti grandi assieme”.
E’ la conclusione drammatica di una vicenda iniziata alle 15.30 del 14 maggio con la richiesta di soccorso per il mancato rientro dello sportivo. Mainetti, partito intorno alle 7.30 di mattina per un allenamento sui monti sopra Perledo, non aveva fatto ritorno a casa.
A maggio la scomparsa e le lunghe ricerche
Abitava a Bologna (frazione di Perledo) con la moglie e due figli. Appassionato di corsa in montagna era conosciuto nell’ambiente; per molto tempo aveva vestito la casacca della Polisportiva Pagnona prima di passare all’Osa Valmadrera.
Gli uomini del Soccorso Alpino della Stazione Valsassina e Valvarrone, i Vigili del Fuoco e la Guardia di Finanza (a supporto delle operazioni anche i Carabinieri) hanno battuto palmo a palmo il territorio per giorni, setacciando valli, creste e boschi anche dal cielo con l’utilizzo dell’elicottero.
Il municipio di Parlasco ha ospitato la centrale operativa da dove venivano coordinate le ricerche che, ogni giorno, hanno visto impegnati una trentina di uomini dall’alba fino al tramonto.
Le speranze di trovarlo vivo dopo tanti giorni fuori da casa erano ridotte al lumicino. Quattro mesi dopo, la drammatica conferma.