In tribunale ascoltata la dott.ssa Papagianni, medico del lavoro imputato a processo
“I lavoratori non mi avevano mai segnalato i loro problemi”
LECCO – Nessuno le ha mai fatto presente i disagi di cui è oggetto questo processo? “No, nessuno ha mai detto niente. Sono rimasta senza parole quando ho appreso le loro dichiarazioni”.
Ha risposto così, alla domanda del pm Pietro Bassi, la dott.ssa Maria Papagianni, medico del lavoro della Gilardoni Raggi X e imputata nel procedimento giudiziario che dovrà fare luce sulle presunte vessazioni e maltrattamenti denunciate da decine di lavoratori ed ex dipendenti della fabbrica.
La professionista è accusata di “imprudenza, imperizia e negligenza nonché colpa specifica” nella sua funzione di medico del lavoro, in relazione alle misure di tutela della salute psicofisica dei lavoratori, così come il suo collega Stefano Marton, anche lui medico del lavoro in Gilardoni.
Eppure, la dottoressa non avrebbe avuto contezza di quelle fatiche psicologiche espresse nelle loro denunce dai dipendenti, nulla avrebbe fatto pensare a questo nella relazione della valutazione del rischio di stress lavorativo redatta precedentemente al suo arrivo in azienda, niente le avrebbero detto i lavoratori da lei incontrati durante le visite di controllo previste per legge.
E’ quanto ha riferito lei stessa mercoledì, davanti al giudice Martina Beggio, raccontando la sua esperienza con la Gilardoni, iniziata nel 2014 attraverso l’Irsi di Milano che le aveva segnalato la proposta di collaborazione con l’azienda di Mandello, in sostituzione del precedente medico di lavoro, il dott. De Vito.
“Mi era stato spiegato che si trattava di un’azienda con circa cento dipendenti da sottoporre a sorveglianza sanitaria. Alcuni lavoratori della Gilardoni, per la loro mansione, sono videoterminalisti e quindi devono effettuare visite di controllo a cadenza quinquennale o biennale a seconda dell’età” come ha spiegato la dottoressa che ha poi ripercorso il sopralluogo svolto in occasione del suo arrivo in Gilardoni.
“E’ fondamentale per il nostro lavoro effettuare un sopralluogo prima di iniziare l’incarico per conoscere l’azienda e renderci conto degli effettivi rischi lavorativi, al di la di quello che leggiamo nei documenti”. Ad accompagnarla nella visita in fabbrica c’erano Roberto Redaelli, capo del personale anche lui a processo, e Alberto Comi, consulente del lavoro che ha già patteggiato la sua pena per abuso della professione.
Durante il tour in Gilardoni, le sarebbe stato mostrato l’open space degli impiegati, luogo che, secondo le denunce dei lavoratori, avrebbe fatto da sfondo a molti dei casi di presunti maltrattamenti. “Piacere, le auguro un buon lavoro” le avrebbe qui rivolto il suo saluto Maria Cristina Gilardoni, a quei tempi presidente dell’azienda ora guidata dal figlio Marco.
Erano visite programmate quelle eseguite dalla dott.ssa Papagianni. “Essendo la prima volta che li incontravo, con ogni dipendente sfogliavamo insieme la loro cartella sanitaria, per conoscere la situazione di ognuno di loro”. Su tale documentazione medica, ha riferito ancora la dottoressa, non vi sarebbe stato alcun elemento né annotazione che avrebbe fatto supporre un disagio psicologico dei lavoratori conseguente a situazioni di stress lavorativo.
“A loro ho sempre detto di essere a disposizione per ulteriori visite, se vi fossero state problematiche legate al loro lavoro. Nessuno mi ha mai contattata”.
L’attività in azienda della dottoressa si è protratta di fatto fino ai primi mesi del 2016, interrotta per una gravidanza e il parto avvenuto ad agosto, un mese dopo la chiamata dell’ATS che, avvisandola dei controlli in atto sulla Glardoni, le chiedeva documentazione utile alle verifiche. Documenti che la dottoressa non avrebbe prodotto nei tempi richiesti a seguito di complicazioni legate al suo stato di salute e alla vicinanza del parto.