LECCO – Una lunga deposizione quella che si è svolta giovedì di fronte al collegio giudicante del Tribunale di Lecco, nell’ambito del processo a carico di Francesco Sorrentino (odontotecnico ed ex politico) e Maurizio Castagna (geometra). Protagonista dell’udienza il cittadino valsassinese Marco Rota, l’uomo autore della denuncia alla Guardia di Finanza relativamente alla presunta mazzetta che gli sarebbe stata richiesta ai fini di sbloccare la pratica edilizia da tempo naufragata negli uffici di Palazzo Bovara.
Rota, guidato dalle domande prima del Pubblico Ministero Silvia Zannini e quindi dal contro esame delle difese, ha così ricostruito di fronte al collegio giudicante le posizioni degli imputati (accusati rispettivamente di concorso in concussione e concussione), nonchè l’intricata vicenda culminata con la denuncia da lui stesso sporta alla Guardia di Finanza in data 17 febbraio 2014, dopo che il suo avvocato, Giovanni Minervini (già condannato a 2 anni e 8 mesi di patteggiamento lo scorso ottobre), gli aveva suggerito di allungare alla “gente del Comune” una bustarella di 2.500 euro, per velocizzare lo sbloccamento della pratica.

Tutto comincia a fine 2011, con l’avvio del cantiere in Via Pra’ Corvino (Acquate) volto alla realizzazione di alcuni box interrati dalla cui rivendita Rota e alcuni familiari avrebbero voluto ricavare il necessario per ristrutturare una casa. Nell’ottobre 2012, il primo “garbuglio” come lo ha definito l’uomo: “Dal Comune arrivò una comunicazione: ci chiedevano di sospendere i lavori perché le rampe di accesso ed uscita ai garage erano state costruite su un terreno demaniale”. A questo punto, come spiegato, Rota si rivolge ad un tecnico col quale ha inizio un vero e proprio via vai dagli uffici comunali per cercare di definire la situazione: “Era chiaro che ci volesse la servitù di passo, ma per averla inizialmente ci accordammo per dei lavori che io avrei dovuto svolgere in quell’area per il mantenimento del decoro pubblico. Niente di quantificato in cifre – ha sottolineato il teste – ma nemmeno questa soluzione ci portò ad ottenere la servitù. Così, a inizio 2013, decisi di rivolgermi ad un avvocato, a qualcuno che avesse le competenze necessarie in materia. Scelsi Minervini perché mi aveva già seguito per altre pratiche e pensavo di potermi fidare” ha spiegato Rota alla pubblica accusa.

Dopo quasi un anno di incontri e ragionamenti per un momento l’accordo sembra delinearsi: 25 mila euro la proposta del Comune per concedere la servitù di passo, così pattuiti secondo il resoconto del teste: 23.133 euro in opere e i restanti 1.867 in contanti.
Condizioni che non vennero mai “rispettate”, come spiegato da Rota, incalzato dalle domande del pm e quindi dei difensori, curiosi di sapere come mai, a soluzione pronta, il valsassinese fosse finito ad ascoltare l’illecita proposta di Minervini: “Sembrava che neanche questo ci garantisse l’ottenimento della servitù perché ci venne detto che prima di concedercela tutta la pratica avrebbe dovuto passare da un lunghissimo iter burocratico. Non si parlava di giorni, ma di molti mesi. I fornitori incalzavano perché li pagassi, insomma io avevo costruito quei box per venderli e guadagnarci non per perderci di più”.
Quindi, il 10 febbraio, l’insolito incontro con l’avvocato Minervini: “Mi telefonò per dirmi che dovevamo vederci e dopo esserci incontrati presso il suo studio ci dirigemmo al Bar Cristal – ha ricordato Rota – qui mi spiegò la sua soluzione: ‘gente del Comune ha detto che per sbloccare la pratica devi pagare’ mi disse. Durante l’incontro ricevette una telefonata ricordo e mi disse che erano i signori che volevano i ‘cioccolatini’. ‘Chi sono?’ gli chiesi ‘Non te lo posso dire’ mi rispose lui. Quindi uscimmo ed io ero veramente frastornato, insomma, non sapevo cosa fare. Poi prima di salire in macchina Minervini mi disse ‘ei, lo so che sei arrabbiato, ma dovresti ringraziarmi perché senza di me avrebbero potuto chiederti anche più soldi’. A quel punto capii che la situazione non andava bene…insomma, credevo di essermi messo nelle mani di un professionista e non di un camionista”.
“Ci salutammo e io ero spaventato… veramente quella richiesta l’ho vissuta come una violenza. Poco dopo ne parlai con un mio amico finanziere che mi disse che se gli avessi lasciato carta bianca avrebbe risolto lui”. Il 17 febbraio 2014, una settimana dopo l’incontro al Cristal con Minervini, Marco Rota denuncia l’accaduto alla Guardia di Finanza che avvia quindi le indagini nei confronti dei tre soggetti. “Quella sera il mio amico mi disse che se gli davo carta bianca mi avrebbe tirato fuori dai guai – ha quindi spiegato – coi soldi ero veramente messo male…tra spese legali e altre questioni, la situazione era un disastro. Ma pensai ‘meglio povero e poter camminare a testa alta per strada’ “.

Sconosciuti come detto, almeno fino al momento dell’arresto, i destinatari della “bustarella”: “Non mi disse chi erano, si limitò a definirli inizialmente ‘gente del Comune’, poi ‘quelli dei cioccolatini’. Quando ho letto i giornali che riportavano la notizia degli arresti di Sorrentino e di Castagna rimasi di stucco: non tanto per il primo, che non conoscevo, quanto per Castagna, che ha sempre svolto bene il suo lavoro e mi pareva una persona corretta. Non me l’aspettavo proprio” ha raccontato.
Al termine dei contro esami del testimone portati avanti dalle difese il collegio ha quindi aggiornato l’udienza al 3 dicembre prossimo: si proseguirà con l’audizione dei testi del pm.
Intanto, per i due imputati permane l’obbligo di presentazione e firma ai Carabinieri: rigettata, ancora una volta, la richiesta della difesa Castagna, rappresentata dagli avvocati Patrizia e Marilena Guglielmana, di revocare la misura cautelare nei confronti del proprio assistito. Per il collegio giudicante infatti il quadro che ha richiesto l’emissione della misura non risulta cambiato.

RADIO LECCOCITTÁ CONTINENTAL





































