Nel verde del Parco del Curone l’ultimo saluto a Giulia Pozzebon, la mamma di 35 anni morta in un incidente in montagna
Tante lacrime e una promessa: tenerne viva la memoria portando avanti i suoi progetti e il sogno di un mondo migliore
LA VALLETTA BRIANZA – Il dolore, forte e struggente per una perdita improvvisa e lacerante, ma anche la consapevolezza che la vita è come un’onda che rimonta sempre, un percorso che, anche quando la “serpe” punge con il suo veleno, continua con la forza dell’amore e della condivisione e grazie alla capacità di fare memoria.
Sono state tantissime le persone che hanno partecipato questo pomeriggio, martedì, al funerale di Giulia Pozzebon, la mamma di 35 anni, morta in un tragico incidente in montagna mentre stava effettuando, venerdì scorso, un’escursione sulle alpi Lepontine.
Moltissimi amici, accolti nel verde di Cascina Bagaggera, che hanno voluto stringersi in un abbraccio forte e sincero al marito Matteo, ai figli Sebastiano e Camilla, ai genitori Luigi e Raffaella e ai fratelli, unendosi simbolicamente nella promessa di tenere viva la memoria di Giulia, mamma, moglie, figlia, ricercatrice universitaria e coordinatrice di servizi educativi, sognatrice dal sorriso aperto e accogliente, generoso e aperto agli altri.
Cresciuta a Merate, una laurea all’università di Bologna seguita da un dottorato alla Bicocca e un trasferimento a Milano, Giulia era andata da poco a vivere con la famiglia ad Albissola Marina, nel Savonese, terra d’origine del marito, sognando di riuscire a dare vita qui a un progetto professionale. “Noi vi aspetteremo là, ma venite per voi stessi e per cercare la felicità. La pietà e la commiserazione non sono sentimenti dei Limabon, la famiglia nata dall’unione di queste due famiglie, perché noi abbiamo un cuore grande ma anche una capoccia dura” ha voluto dire, al termine del rito funebre, il marito Matteo, con i figli piccoli che gli si sono stretti intorno unendosi nella promessa di portare avanti il progetto di mamma Giulia. “La nostra casa sarà aperta per la condivisione, per lasciare questo mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Il nostro viaggio prosegue: passeremo la tempesta di questi giorni e anche i temporali che verranno, guidati da una stella in cielo”.
Ricordandola come la compagna di vita e di viaggi, con il dono più bello rappresentato dalla nascita dei figli, Matteo ha poi voluto fare un accenno anche alla tragica fatalità che è costata la vita alla moglie: “Non sarà questo incidente a toglierci l’amore per la montagna. E come eri felice quando sei arrivata lassù. Se non ti fossi spinta fino a là non saresti stata tu”.
Lo stesso pensiero condiviso dall’amica che quel venerdì era sulla cima del Monte Limidario insieme a Giulia: “Com’eri bella amica mia, felice e sorridente e forte, perché capace di mostrare anche fatiche e fragilità. Ti preoccupavi del fatto di non esser riuscita a rispondere a tutti quelli che ti avevano scritto dicendo che avresti iniziato a rispondere piano a piano. Sono certa che ti hanno sentito in quel silenzio. Da te ho imparato tanto e mi manchi già moltissimo. Hai seminato in profondità. Sei morta viva, Giuli. Sei stata tu fino all’ultimo passo”.
Ricordi struggenti che hanno riempito di lacrime le guance delle persone presenti, sbigottite e commosse, chiamate da oggi a cercare veramente il volto di Giulia tra le albe, i tramonti e i bagliori delle stelle, perpetuando quei legami, profondi e sinceri, che lei era riuscita a creare in ogni posto che aveva trasformato in casa. “Hai radunato qua i tuoi tre cuori: Merate, Milano e la Liguria – ha detto, commossa, mamma Raffaella, salita sul pulpito, “improvvisato” nel verde di Cascina Bagaggera, insieme al marito Luigi, conosciuto e stimato rifugista -. In questi giorni siete stati tutti così cari con noi. E di tutti voi abbiamo bisogno: non dimenticateci”.
Le ha fatto eco il marito: “Sono oggi in una posizione tra le più difficili perché sono padre di una ragazza speciale, che se n’è andata troppo presto. E sono nonno di bambini che sono in una condizioni ancora più delicata della mia perché hanno perso la mamma troppo giovani. Potrei essere arrabbiato con tutti, però sono anche testimone che con l’aiuto e l’amore tutto si può superare perché la vita è una rimonta continua, è come una onda”.
Un’onda da cui tutti hanno provato a lasciarsi trascinare unendosi al coro delle canzoni, piene di vita e trasporto, intonate dagli amici che per Giulia hanno voluto cantare, cercando di trasformare in una festa il momento più struggente e difficile dell’addio. “Nessuno di noi oggi vorrebbe essere qui. Oggi è uno di quei giorni che i profeti, nell’Antico Testamento, indicherebbero come cattivi” ha detto, con voce calma e ferma, don Adolfo Macchioli, parroco di Albissola, nella predica della funzione religiosa concelebrata insieme a don Luigi Peraboni e altri sacerdoti.
“La serpe ci ha morso e siam rimasti paralizzati. Ci verrebbe da dire, citando un noto cantautore, che la vita un senso non ce l’ha. Abbiamo bisogno di tirare fuori il veleno iniettato dalla serpe e per farlo, come ricordato da don Luigi a inizio del funerale, serve un percorso. Non basta una parola. Ognuno di noi troverà il modo in cui percorrere questo sentiero e lo farà con a fianco ancora Giulia”.
Riconoscendo la fatica, umana e cogente, di stare dentro in questa situazione, don Adolfo ha voluto consegnare delle piccole suggestioni: “La prima è comprendere che la vita di Giulia non è buttata via, ma vale ancora perché era già realizzata. Giulia è un 10 per tutto quello che ha fa vissuto e ha condiviso con noi. E quel bene ci appartiene, ci parla del suo volto e ci ricorda che vale la pena ancora vivere e amare . La sua è una storia che continua e che potremo continuare a scrivere”.
Anche attraverso piccoli gesti, simbolizzati dagli oggetti deposti dagli amici nei due grandi vasi trasparenti posizionati vicino alla bara: “Potete lasciare qualsiasi cosa che richiama alla natura, così come avrebbe voluto Giulia”, capace di illuminare ancora con il suo radioso sorriso.