Valentina Ghislanzoni, paziente oncologica, racconta le settimane di apprensione per la quarantena
Sessanta giorni di sintomi Covid. “Mi hanno detto che sarei stata il primo caso a Lecco” ma nessun tampone e controlli ospedalieri rimandati
LECCO – “Quando ho chiamato il numero verde perché non stavo bene mi hanno riferito che era improbabile fosse Covid, ‘sarebbe il primo caso a Lecco’ mi è stato detto”. Era fine febbraio e la pandemia stava diffondersi ma, almeno dai riscontri ufficiali, non era ancora arrivata sul territorio di Lecco, eppure Valentina Ghislanzoni ricorda bene quei sintomi: febbre alta, dolori muscolari, tosse e difficoltà respiratorie che non le hanno dato tregua per ben 65 giorni.
“In quel momento si parlava del focolaio di Codogno e mi era stato chiesto se avessi avuto contatti con persone della ‘zona rossa’ o che fossero transitate di quelle parti, quindi non si è dato peso a quel malessere, eppure, si è trascinato per lungo tempo. Mi è stata indicata quindi una terapia a base di paracetamolo e riposo”.
Valentina, 35enne di Oggiono, era particolarmente in apprensione per le sue condizioni di salute, perché la paura del Coronavirus era soprattutto legata ad un altro male che la giovane ha combattuto negli ultimi anni:
“Sono paziente oncologica dal 2016, le terapie le ho concluse nel 2017 ma dato che ho avuto un tumore molto molto aggressivo e ho avuto follow up strettissimi. Nonostante i sintomi e il fatto che fossi un soggetto fragile, non mi è mai stato fatto un tampone” spiega Valentina.
Nel frattempo i sintomi peggioravano: “E’ iniziata una congiuntivite purulenta, assieme a dissenteria e nausea fortissima e per ultimo la mancanza di odori e sapori. I giorni in cui sono stata male, ero a casa in auto quarantena, anche mio marito. Nessuno mi ha seguita, ho chiamato 4 o 5 volte il 112 perché mancava molto il fiato”. I sintomi, spiega l’oggionese, sono terminati il 28 aprile scorso. Valentina e marito sono rimasti a casa in autoisolamento, aiutati da amici che portavano loro le provviste alimentari.
Il pensiero della 35enne era anche ai controlli periodici che avrebbe dovuto effettuare: “Avrei dovuto fare la visita di follow up ad aprile, per restare nei consueti 6 mesi ma non sono stata chiamata né avvisata, ho provato a chiamare in reparto più volte, anche quando stavo male ma non ho mai ricevuto risposta”.
Per fortuna, l’attesa chiamata è arrivata giusto la scorsa settimana. “Noi pazienti oncologici – ci dice – non abbiamo vaccini e, anche in lockdown, il cancro non se ne sta in un angolo ad aspettare”.