Il cantautore bresciano, ex leader dei Timoria, ha parlato del suo rapporto con la musica
“I problemi di salute? Sono diventati la mia forza. E con la musica non mi sento mai solo”
LECCO – “Quando sono nato mi hanno regalato una chitarra, ho iniziato a suonarla a cinque anni e non l’ho più lasciata. I miei nonni dandomi il regalo mi avevano detto: ‘Questo è il tuo strumento, ricordati che con la musica non sarai mai solo’. Così è stato, ho trascorso tanti momenti di solitudine nella mia vita e la musica mi ha sempre tenuto compagnia. La musica è una medicina, una vera e propria cura”.
Il cantautore Omar Pedrini si racconta sul palco del Lecco Film Fest. L’ex leader dei Timoria è arrivato in città domenica accolto da un numeroso pubblico che l’ha a lungo applaudito. Emozionato, Pedrini ha riservato un saluto speciale al prevosto Mons. Davide Milani, amico di lunga data ritrovato in città. I due si sono scambiati un caloroso abbraccio: “Don Davide è un’anima rock, gli sono davvero molto affezionato e grato di tante cose” il commento di Pedrini.
L’incontro al festival è stato occasione per il cantautore bresciano di raccontare il suo rapporto con la cultura, in particolare la musica ma anche il cinema. Nel 2002 infatti Pedrini compare in ‘Un Aldo qualunque’ di Dario Migliardi, film per il quale ha composto la colonna sonora, recitando la parte del prete hippie Don Luigi e nel 2010 collabora con Pupi Avati per ‘Il figlio più piccolo’. Intervistato da Marta Cagnola, giornalista di Radio24, Omar Pedrini ha ripercorso la sua vita segnata dalla centralità della cultura, come passione, lavoro e cura.
“Vengo da una famiglia operaia – ha raccontanto – mia madre a dieci anni è entrata in cotonificio mentre mio padre è stato strappato alla vita operaia da una borsa di studio. Anche i miei nonni erano operai, a quei tempi, grazie alla lungimiranza del grande imprenditore Vittorio Olcese, ogni operaio aveva un giardino e un orto. Mio nonno però chiese di poter avere un piccolo laboratorio dove si mise a fare il liutaio, costruiva chitarre e violini. Eravamo sul Lago di Garda, mia nonna suonava la chitarra ed era considerata la matta del paese. Quando nacqui io mi regalarono ovviamente una chitarra, a cinque anni ho iniziato a suonarla e non ho più smesso”.
Pedrini ha affrontato poi i problemi di salute con cui convive da quando aveva 36 anni: “Sono vivo dopo sei operazioni al cuore, ho un grosso debito nei confronti della scienza ma anche di Dio, credo io. Ho dovuto fare lunghe pause che hanno ovviamente influito sul mio mestiere ma alla fine questo ostacolo, la malattia, è in un certo senso diventato la mia forza. Mi è nata un’energia positiva dentro e mi sono convito che se sono ancora vivo è perché ho qualcosa da fare”.
Dopo la prima operazione Pedrini non sa se potrà tornare a cantare: “Mi sono messo a lavorare in televisione e in radio, parlavo di musica e di arte, ho insegnato anche all’Università Cattolica. Ho insomma iniziato a fare delle mie passioni il mio lavoro. Poi mi hanno rioperato, il chirurgo a operazione finita mi dice che ha sistemato le mie corde vocali, toccate nell’intervento precedente, e mi da una speranza: ‘Per me puoi ancora cantare. Certo, con attenzione, niente salti sul palco, devi stare tranquillo…’. Poi io salgo sul palco e mi dimentico certe raccomandazioni, ma questo è un altro discorso” ha detto.
Durante l’incontro, chitarra alla mano, Pedrini ha suonato alcuni dei suoi pezzi più famosi tra cui ‘Sole spento’: “Questa canzone me l’ha ispirata la lettera di un carcerato, diceva che era più felice quando guardava fuori dalle sbarre della sua cella e vedeva la pioggia perché almeno non c’era in giro nessuno e si sentiva meno triste per il fatto di essere in prigione” ha raccontato. Inevitabile un accenno anche al gruppo dei Timoria: “Sono stati dodici anni bellissimi, finita quell’esperienza mi sono sentito ovviamente triste e dispiaciuto”.
Accanto alla musica e all’arte, Pedrini coltiva anche la passione per l’enogastronomia italiana, raccontata nel suo ultimo libro ‘La Locanda dello zio rock’ edito da Senza Vento Edizioni insieme a Coop Lombardia: “Un viaggio per il Bel Paese in cui racconto le nostre eccellenze, mi è sempre piaciuto visitare le cantine e le realtà culinarie, abbiamo davvero un patrimonio incredibile” ha spiegato.
Sempre riferendosi alla malattia Pedrini ha poi annunciato di essere in attesa di sottoporsi ad un nuovo intervento, fissato per settembre: “Convivere con una malattia vuol dire non avere più tempo da buttare, per questo voglio trascorrere l’estate a fare musica, a stare con i miei figli e con la bella gente, come voi questa sera” ha concluso, salutato ancora da uno scrosciante applauso.