LECCO – Una scena spoglia, caratterizzata solo da un albero secco, senza foglie. E poi due clochard, Didi e Gogo (o Vladimiro ed Estragone), che sin dall’inizio della storia si dichiarano in attesa di qualcuno, un certo Godot, di cui nemmeno i due sanno esattamente chi sia. Un non-luogo e un non-tempo: nulla conosciamo dello spazio in cui Didi e Gogo si trovano e neppure del tempo, se non fosse per quell’unico elemento scenico che permette di cogliere il passare delle ore, ossia il cambio di luci, che segna l’alternarsi del giorno e della notte. Una scena, quindi, che si potrebbe definire sospesa, quella con cui sabato sera si è aperto il primo spettacolo della rassegna Teatro d’Autore del Teatro della Società di Lecco, ossia “Aspettando Godot” di Samuel Beckett.
Un’opera teatrale in due atti che tutti conoscono ma di cui il regista Jurij Ferrini, per l’occasione nei panni di Vladimiro accanto al noto comico Natalino Balasso (nel ruolo di Estragone), ha voluto fornire una versione dagli spunti comici, non dimenticando la drammaticità del testo ma lasciandola emergere un po’ alla volta, grazie alla creazione di una progressiva empatia tra pubblico e personaggi, questi ultimi molto ben caratterizzati. Momenti di ironia, battute comiche tra i riusciti Didi di Ferrini e Gogo di Balasso, gag simpatiche rivolte al pubblico e, infine, uno spaesamento e un’umanità dei personaggi che generano commozione. Ecco, quindi, alcuni degli elementi caratteristici di questo “Aspettando Godot”, uno spettacolo che il pubblico lecchese non ha voluto perdersi, tanto che dal botteghino ci raccontano dell’ennesimo tutto esaurito, molto frequente negli ultimi anni data la qualità di proposte del Sociale.
Ma tornando alla scena, di fronte a un teatro davvero gremito di persone, la vicenda di Didi e Gogo si è protratta per più di due ore, presentando una scenografia sempre uguale, con i due personaggi costantemente accanto al medesimo albero (unico punto di riferimento per loro), in attesa dell’arrivo di Godot. Le ore e i giorni si susseguono sempre uguali, come in un eterno ritorno dell’identico in cui i due clochard, per combattere la noia, si perdono in discorsi quasi senza senso, enfatizzando quel non-sense che pervade l’opera beckettiana.
Più volte dicono di volersene andare (addirittura parlano di impiccarsi ai rami rinsecchiti dell’albero) o di volersi separare, ma poi rimangono lì, immobili, insieme nell’attesa, quasi come se non riuscissero o non avessero la forza di determinare la loro vita o la loro morte, delegando a Godot, che mai si presenterà sulla scena, qualsiasi variazione nella loro esistenza. A nulla servirà neppure l’incontro con Pozzo e il suo servitore Lucky (quest’ultimo con una corda intorno al collo), allegoria, forse, dell’uomo che tende a dominare i suoi simili.
Ed è così che l’attesa, diventata sempre più angosciante per i due protagonisti, non sembra essere destinata a finire: terminato un altro giorno senza aver incontrato Godot, Didi e Gogo si dicono “Andiamo!”, ma in realtà rimangono immobili, quasi destinati a questa interminabile e logorante condizione sospesa.
Il prossimo appuntamento con la prosa è in programma per venerdì 23 novembre, quando sul palco del Teatro della Società salirà Eugenio Allegri, il quale aprirà la rassegna Teatro d’Attore con il suo noto “Novecento” di Baricco. Per Teatro d’Autore bisognerà, invece, aspettare sino al 20 di dicembre per assistere al “Macbeth” con il sempre più apprezzato Giuseppe Battiston.