Coronavirus e commercio, l’incognita della ripartenza
Cassa integrazione per 2 mila lavoratori nel lecchese
LECCO – Con le serrande abbassate ormai da settimane, tranne per chi opera nell’ambito dell’alimentare e dei servizi necessari, i commercianti guardano con apprensione al momento della ripartenza, attesa ma allo stesso tempo incerta.
Perché il ritorno alla normalità non è scontato e lo sanno bene soprattutto i titolari di bar e ristoranti, i primi a subire i contraccolpi economici del Coronavirus, a partire restrizioni che hanno da subito colpito i luoghi dello svago serale, poi estese a tutte le categorie di attività non essenziali. Quando si ripartirà e come? E’ la domanda che si pongono gli operatori del settore.
“Oggi siamo in emergenza sanitaria e al primo posto è necessario che vi sia la salute di tutti – spiega Alberto Riva, direttore di Confcommercio Lecco – Guardando alla ripartenza, auspichiamo che dal 14 aprile possano riaprire almeno le attività manifatturiere, per dare continuità al lavoro e preservare l’occupazione dei loro dipendenti. Questo aspetto è importante anche per gli operatori del commercio, affinché la propensione al consumo possa tornare a crescere una volta superata questa fase di chiusura”.
La cassa integrazione in deroga, estesa a tutte le attività con almeno un dipendente, sta ‘ammortizzando’ le perdite: sono circa 500 finora le richieste dalle imprese lecchesi nell’ambito del commercio e del turismo, riguardano oltre 2 mila lavoratori, il 60% dei quali interessato da una riduzione del 100% delle ore lavorate, il restante con riduzione di lavoro inferiore.
La liquidità non basta
“Per i negozi – sottolinea Riva – la riapertura avrà con tutta probabilità delle limitazioni, con entrate cadenzate per evitare assembramenti e con le misure che saranno previste a tutela della salute. Ci sarà un lavoro importante da fare sul comportamento della clientela, è immaginabile un certo timore da parte del cittadino nel recarsi al ristorante o al bar e questo potrà creare ulteriori contraccolpi”.
E’ evidente che le ripercussioni per il settore, anche finita l’emergenza, non mancheranno, per questo il mondo del commercio chiede le giuste tutele: “Oltre al decreto sulla liquidità immediata per le imprese – spiega il direttore Riva – sarebbe importante prevedere una riduzione del costo del lavoro e la sospensione della norma del codice civile sulla ricapitalizzazione a cui oggi sono obbligate le imprese se hanno perdite di un terzo del loro capitale sociale”.
“Ben vengano gli aiuti finanziari ma sapendo che comunque sono prestiti che andranno restituiti a medio-lungo termine – spiega Marco Caterisano, presidente della Fipe Lecco, la federazione dei pubblici esercizi – Le difficoltà per locali e ristoranti non si limiteranno ad un periodo limitato, lavoreremo inevitabilmente meno che in passato, per questo servono interventi decisi a lungo termine, un piano in più annualità. Alcune imprese, che erano già in difficoltà, non riusciranno a proseguire con l’attuale regime fiscale e con un costo del lavoro tra i più alti in Europa”.
“Ci sono delle attività che si trovano in condizioni drammatiche – prosegue Caterisano – siamo consapevoli che purtroppo non tutti si salveranno, ma occorre uno sforzo affinché tutte siano aiutate”.
Il turismo spera nel finale di stagione
Non va meglio, e non potrebbe essere diversamente, per gli operatori del turismo, albergatori e non solo: “La situazione sta solo peggiorando – spiega Severino Beri, presidente di Federalberghi Lecco – sul lago, lavorando con i mercati esteri (Usa, Inghilterra, Germania..), è tutto cancellato almeno fino alla fine di maggio. La speranza è che si possa ricominciare a fare qualcosa a partire da giugno, anche se la vedo difficile. Probabilmente riusciremo a raddrizzare la situazione da luglio e speriamo in un allungamento della stagione con un autunno di bel tempo”.
Per Federalberghi Lecco sono però tre i motivi che creeranno ulteriori complicazioni: “Innanzitutto molti non avranno ferie, perché esaurite in questo periodo, c’è chi invece non avrà soldi da spendere e rinuncerà alla vacanza, e ovviamente la paura di spostarsi in luoghi dove il virus non è stato ancora debellato. Credo, purtroppo, che il 2020 sarà un anno disastroso per il turismo e per le attività ad esse collegate. Dobbiamo sperare in un buon ottobre e concentrarci sulla prossima stagione”.
Il problema degli stagionali
Se la cassa integrazione rappresenta un paracadute anche per i dipendenti dell’ambito turistico, molti altri lavoratori rischiano di restare senza sussidio: si tratta degli stagionali che avrebbero dovuto iniziare in queste settimane il loro impiego.
“Si tratta della maggioranza dei lavoratori del settore, parliamo di svariate centinaia di persone, sopratutto giovani del territorio” spiega Beri.
Una preoccupazione condivisa dai sindacati: la Filcams Cgil di Lecco ha recentemente aperto uno sportello per assistere questa categoria di lavoratori. “Stiamo dando loro delle indicazioni e molti ci stanno contattando in questi giorni per capire quali possibilità ci sono di poter avere un supporto economico – spiega dal sindacato Barbara Cortinovis – quanti avevano cessato il loro impiego prima del 17 marzo possono ricevere il bonus di 600 euro prevista anche per i lavoratori del turismo”.
“Il vero dramma è per quanti si apprestavano ad iniziare proprio in questi giorni la stagione e rischiano di non avere strumenti di supporto, neppure la disoccupazione se non hanno lavorato abbastanza per rientrare nei requisiti”.