Giovedì scioperano i metalmeccanici, 30 mila lavoratori interessati nel lecchese
“Trattativa con Federmeccanica ferma da un anno, ignorate le richieste dei sindacati”
LECCO – Il 5 novembre non è una data casuale: quel giorno del 2019 i sindacati nazionali Fiom, Fim e Uilm avevano presentato a Federmeccanica la piattaforma unitaria con le loro proposte per il rinnovo del contratto nazionale. Ma la trattativa con l’associazione datoriale, di fatto, non è mai partita.
Per questo, anche a Lecco, i sindacati confederali dei metalmeccanici hanno deciso di indire uno sciopero che si terrà proprio il 5 novembre, giovedì, e coinvolgerà in provincia fino a 30 mila lavoratori delle fabbriche legati al contratto collettivo Federmeccanica-Assistal, con quattro ore di astensione dal lavoro a fine turno.
“Dopo 11 mesi e 13 incontri non se n’è cavato un ragno dal buco – ha sottolineato Enrico Vacca della Fim Monza Lecco, aprendo la presentazione dello sciopero alla stampa – Federmeccanica ha avanzato una proposta economica irricevibile che non tiene conto delle condizioni attuali dei lavoratori del settore, un atteggiamento che ha portato alla rottura del tavolo delle trattative”
Diritti, sicurezza e qualità della vita
Non si tratta però, specificano i sindacati, solo una questione di soldi: “La piattaforma presentata ormai un anno fa raccoglieva le richieste che arrivavano direttamente dalle fabbriche e puntano a migliorare le condizioni di lavoro, la sicurezza e la qualità della vita dei lavoratori intervenendo sulla questione delle ferie e dei permessi, e punta a dare nuove prospettive ai giovani, che oggi non ne hanno” ha sottolineato Maurizio Oreggia della Fiom Cgil Lecco.
Tra i temi avanzati dai sindacati c’è quello della formazione professionale, per garantire una maggiore occupabilità dei lavoratori all’interno delle stesse aziende o all’esterno, sul mercato del lavoro, nel caso l’esperienza lavorativa dovesse concludersi. C’è poi l’aspetto della contrattazione aziendale, presente nelle realtà più grandi ma non prevista nelle aziende medio-piccole, che rappresentano la maggioranza del tessuto metalmeccanico italiano e anche lecchese.
Salari da rivalutare
Nel quadro complessivo attuale, l’incremento salariale non un aspetto di secondo piano e, spiegano i sindacati, non può essere sostituito interamente dai benefici in welfare: “Oggi le aziende richiedono competenze sempre più specifiche ai propri dipendenti, senza però valorizzarle dell’inquadramento, quindi dal punto di vista economico – ha spiegato Enrico Azzaro della Uilm del Lario – i livelli sono fermi da troppo tempo, seppur con qualche piccolo aggiustamento e in questi anni di deflazione le buste paga sono aumentate di poco. La scommessa con Federmeccanica era quella di redistribuire la ricchezza sui luoghi di lavoro, questo non è avvenuto. Le imprese devono capire che da questo periodo difficile e complicato se ne esce tutti insieme”.
I sindacati chiedono di intervenire sul premio di produttività, alzandolo a 700 euro dagli attuali 485 euro a volte ‘aggirati’ dalle aziende, denunciano i sindacati, con piccoli riconoscimenti mensili sulla retribuzione, e un incremento salariale del 8% sui minimi tabellari.
Un presidio davanti a Confindustria Lecco
Non sono state poche in questi mesi le difficoltà dei referenti sindacali nel riunire i lavoratori in assemblea nelle fabbriche lecchesi, “in alcune aziende, con la scusa del Covid, da mesi ci è reso impossibile”.
Per questo è stato decido di diffondere un messaggio tramite la stampa ai lavoratori del settore e per rendere visibile la protesta è stato programmato un presidio (a numero chiuso per le normative Covid) con alcune rappresentanze dei tre sindacati di fronte alla sede di Confindustria Lecco che si svolgerà nel pomeriggio di giovedì in concomitanza con lo sciopero.