Continua la battaglia dei dipendenti per il rinnovo del contratto nazionale
Sospeso l’incontro previsto per il 14 settembre, il 28 sindacati e associazione a confronto
BOSISIO PARINI – Non si ferma la mobilitazione dei dipendenti de La Nostra Famiglia che questa mattina, mercoledì, si sono riuniti in presidio davanti all’ingresso della sede di Bosisio Parini in adesione allo sciopero nazionale, indetto da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl, per sbloccare il rinnovo del contratto nazionale della Sanità Privata.
Una battaglia che per i lavoratori del comparto dura ormai da 14 anni, durante i quali i professionisti della sanità privata si sono battuti mancato rinnovo del contratto Aris sanità privata scaduto da 13 anni. Di qui la protesta dei lavoratori: “La motivazione di questa mobilitazione è risaputa: 14 anni anni di attesa, una pre-intesa sottoscritta a giugno e poi delle garanzie date alla sanità privata dal Ministero della Sanità, della Conferenza Stato-Regioni e poi la doccia fredda – ha spiegato Catello Tramparulo, segretario generale Fp Cgil Lecco -. Cioè, Aris e Aiop non hanno nemmeno convocato le loro assemblee per ratificare il contratto nazionale. Non si capiscono le ragioni di questa scelta, anche alla luce del fatto che le Regioni, tra cui anche Regione Lombardia, hanno deliberato rispetto all’adeguamento dei budget regionali. I signori della sanità privata ancora dicono di no: probabilmente non gli basta, vogliono di più. Da cui la protesta in tutta Italia”.
Per i dipendenti de La Nostra Famiglia, l’ultimo capitolo di questa vicenda inizia lo scorso gennaio con la comunicazione di disdetta unilaterale dei contratti applicati ai lavoratori da parte dell’azienda. Quest’ultima, con una lettera alle segreterie nazionali e territoriali Cgil, Cisl e Uil e con una mail ai lavoratori, aveva infatti fatto sapere che dal 1° febbraio 2020 sarebbe stato applicato un nuovo contratto che prevede, tra gli altri, l’aumento di due ore del monte ore settimanale a parità di salario.
Allo stato attuale, come spiegato dai rappresentati sindacali, l’azienda ha per ora applicato il nuovo contratto ai soli lavoratori a tempo determinato, ma la questione è tutt’altro che chiusa: come precisato dai dipendenti, l’incontro previsto per il 14 settembre presso il Ministero del Lavoro, nell’ambito del tavolo aperto a Roma con le segreterie nazionali, è stato sospeso dal momento che il prossimo 28 settembre La Nostra Famiglia e l’organizzazione sindacale nazionale si incontreranno per capire se sia possibile trovare punti di incontro che, come sottolineato dai lavoratori, “per noi non può che essere l’applicazione del contratto della sanità privata, anche per tutti i nuovi assunti”.
Nell’attesa di sviluppi, i dipendenti si sono dichiarati decisi a non smobilitare il presidio perché “non ci fidiamo e speriamo che l’azienda torni sui propri passi perché vogliamo continuare a fidarci in futuro”. Oggi, sul piazzale della sede di Bosisio Parini, sono quindi scesi i professionisti e i rappresentanti sindacali.
“Qui a La Nostra Famiglia siamo di fronte alla vertenza della vertenza – ha spiegato il segretario Tramparulo -. Non solo non c’è il contratto, ma l’associazione continua a ribadire che il contratto deve essere cambiato. Oggi attendiamo le cifre e le percentuali di adesione allo sciopero perché anche questo è importante: speriamo che la forte adesione dia un’ennesima scossa alle sigle datoriali e le inciti a sottoscrivere definitivamente questo contratto. A questo si aggiunge che con La Nostra Famiglia stiamo chiedendo di recedere da quella che è la proposta di cambiare il contratto e far diventare La Nostra Famiglia un centro di riabilitazione, mentre secondo noi questo è un centro di riabilitazione di alto livello, di ricerca scientifica e di formazione. Siamo molto preoccupati perché non vorremmo che dietro a questa scelta ci sia anche un cambio di mission e di identità”.
Secondo le rappresentanze sindacali, infatti, il contratto individuato da La nostra Famiglia sarebbe peggiorativo non solo sotto un profilo economico con tagli agli stipendi rispetto ai tabellari, ma anche sotto l’aspetto normativo, “assolutamente inadeguato rispetto ai diritti dei lavoratori”: “Per noi la discussione non parte nemmeno – ha chiosato Tramparulo -. Noi continueremo a chiedere una sola cosa: continuate a applicare il contratto sottoscritto con tutti i tuoi dipendenti e il sindacato è disponibile a fare un ragionamento sui punti di criticità che ci sono. Nulla si può fare se permane la scelta di cambiare il contratto nazionale”.
Presente al presidio anche Vincenzo Falanga, segretario generale della Uil Fpl del Lario: “Noi oggi siamo qui per rappresentare il disagio che i lavoratori del contratto della sanità privata e de La Nostra Famiglia hanno a seguito del mancato rinnovo che attendevano da 14 anni – ha commentato -. Ricordo che a giugno è stata sottoscritta una pre-intesa in cui venivano riconosciuti emolumenti economici e aggiornamenti giuridico-contrattuali: purtroppo i datori di lavoro non hanno ratificato il contratto collettivo nazionale. Ed è per questo che abbiamo attivato una serie di iniziative, di vertenze per sollecitare i datori di lavoro al rispetto degli impegni presi. Stiamo interloquendo anche con i livelli ministeriali, perché anche la politica deve fare la sua parte. Continueremo finché non verremo riconosciuti perché è giusto che dopo 14 anni i lavoratori abbiano almeno un riconoscimento economico e professionalità”.
“Ho cominciato la mia carriera nel sindacato nel 2006 e siamo ancora a ripercorrere le stesse orme – ha dichiarato Franca Bodega, segretaria della Cisl funzione pubblica di Lecco -. La cosa che trovo più vergognosa è che non ci siano delle regole che possano imporre a questi datori di lavoro di non trattare così i dipendenti. Disattendere così una pre-intesa non è possibile. La situazione è davvero complessa soprattutto per l’incertezza che regna da un lato perché il Covid ha sparigliato le carte e dall’altro perché questo cambio di contratto non penso possa risolvere i problemi dell’associazione. Inserirsi adesso a gamba tesa con questa dichiarazione di modifica del contratto, dopo tre anni di trattativa, non è sicuramente il massimo”.