Da ATS Brianza, in collaborazione con i NAS, controlli a campione nei negozi di prodotti etnici per verificare la correttezza dell’origine dei prodotti
Il direttore del Dipartimento Veterinario: “fondamentale verificare la tracciabilità degli alimenti”.
LECCO – Prodotti etnici sotto la lente. Quanto riportato sull’etichetta di alimenti di origine non europea corrisponde agli ingredienti che questi contengono? O, ancor peggio, c’è il rischio che nella traduzione venga volutamente tralasciata l’indicazione di origine animale del prodotto per qualificarlo vegano?
Nei primi tre mesi dell’anno veterinari e tecnici della prevenzione del Dipartimento Veterinario di ATS Brianza sono stati impegnati sui territori delle province di Monza e Lecco in un’intensa attività di controlli presso negozi, punti vendita e somministrazione, dove si commercializzano prodotti alimentari etnici, prevalentemente di origine orientale. L’attività, svolta in collaborazione con i NAS, il reparto specializzato dell’Arma dei Carabinieri che si occupa di tutela della salute e contrasto alle sofisticazioni alimentari, si inserisce in un Piano coordinato, lanciato su scala nazionale dal Ministero della Salute e attuato da Regione Lombardia.
A innalzare il livello dell’attenzione sono stati i casi di diffuse irregolarità nell’etichettatura e nell’effettiva composizione dei prodotti, rilevati a fine 2023 in altre regioni d’Italia, in particolare in Campania e Toscana. Riscontrata infatti la presenza di ingredienti di origine animale, bovina e suina, introdotti illegalmente sul territorio italiano, in alimenti etnici, o preparati a base di questi, dichiarati di origine integralmente vegetale. Ulteriore motivo di intensificazione del monitoraggio il rischio che prodotti stranieri irregolari siano veicolo di trasmissione del virus della peste suina africana.
I controlli hanno riguardato diversi cibi, piselli tostati, minestre preparate, e i popolari noodles, per verificare l’eventuale presenza di tracce di carne, non dichiarate sulla confezione, soprattutto quando all’etichetta originaria, scritta in lingua originale, viene aggiunta dall’importatore un’etichetta con traduzione in italiano, meno precisa. Un problema non solo di correttezza commerciale e rispetto delle regole, ma soprattutto di carattere sanitario, perché l’assunzione di cibi con ingredienti non dichiarati può causare all’ignaro consumatore reazioni allergiche o intolleranze, quando non problematiche più gravi.
“L’attività ispettiva e di controllo – spiega il dottor Sergio Scandelli, responsabile della Struttura Complessa Igiene degli Alimenti di Origine Animali del Dipartimento Veterinario di ATS Brianza – si è mossa su più fronti per verificare le eventuali modalità illegali di importazione e distribuzione di alimenti etnici, le irregolarità nell’etichettatura, la presenza non dichiarata di tracce di carne, in primis bovina e suina. Nel caso di prodotti di cui è vietata l’importazione, o con altre non conformità, sono stati effettuati diversi sequestri e campionamenti, inviati all’Istituto Zooprofilattico per analisi specifiche per il dna.”
“Il bilancio di questa attività, svolta congiuntamente in preziosa sinergia con i NAS, – aggiunge il dottor Diego Perego, direttore del Dipartimento Veterinario e Sicurezza degli Alimenti di Origine Animale di ATS Brianza – è confortante, perché denota la validità della nostra rete di controlli, sempre più protesi a garantire la tracciabilità trasparente e la salubrità dei prodotti alimentari etnici, non europei, che arrivano in Italia. È un impegno che svolgiamo a tutela della legalità della filiera commerciale di introduzione di alimenti nel nostro territorio, e soprattutto a tutela della salute dei consumatori, che devono poter contare su un’origine dichiarata e controllata dei cibi che acquistano, soprattutto quando importati da Paesi lontani”.