Anche la Regione in campo nel contrasto alla violenza sulle donne

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Dopo numerosi incontri di un apposito gruppo di lavoro, che ha esaminato e approfondito la situazione in continua evoluzione della violenza sulle donne e le attività svolte sul territorio dai centri anti violenza, dai pronto soccorso e dalle altre realtà di volontariato che si occupano della tematica, la Commissione consiliare Sanità ha approvato oggi all’unanimità il progetto di legge contro la violenza alle donne. Il testo, frutto dell’abbinamento di altri tre presentati rispettivamente dalla maggioranza, uno da Chiara Cremonesi (SEL) e uno del PD, si pone l’obiettivo di varare nuove azioni a sostegno dei centri anti violenza e delle altre unità di offerta, strutture ed interventi, anche sperimentali e di dare vita a misure di sostegno a favore delle donne vittime di violenza.

Il documento, che verrà esaminato dalla Commissione programmazione e Bilancio già domani per la parte finanziaria, sarà discusso nella seduta di Consiglio prevista per il 26 giugno. La Commissione ha inoltre deliberato a maggioranza il non passaggio all’esame del progetto di legge, di iniziativa popolare, sullo stesso argomento.

Soddisfazione per il raggiungimento della piena condivisione sul testo è stata espressa dal consigliere Giangiacomo Longoni (Lega Nord), relatore di maggioranza . “Ringrazio – ha sottolineato l’esponente leghista – il gruppo di lavoro che ha messo a punto un documento che è una piattaforma, un punto di partenza per far emergere un problema delicato e per la maggior parte sommerso. Il documento approvato oggi sa riconoscere il ruolo dei centri antiviolenza e degli altri soggetti che si occupano dei casi di violenza, mettendo a punto misure di sostegno per le donne, per il loro reinserimento sociale e il loro recupero psicologico ”.

“Con il voto di oggi – ha commentato Sara Valmaggi (PD), Vice Presidente del Consiglio regionale e componente del gruppo di lavoro – giunge a termine una lunga mediazione, non solo politica che ha visto il confronto di diversi punti di vista sulla problematica, espressi dai diversi documenti all’esame del gruppo di lavoro, tra cui i contenuti del progetto di legge di iniziativa popolare. L’obiettivo condiviso è stato di rispondere a un’esigenza di supporto, cui ancora Regione Lombardia non aveva posto mano, valorizzando le diverse esperienze, cui occorre garantire continuità e stabilità anche finanziaria”.

L’esperienza del gruppo di lavoro è stata molto positiva anche per Chiara Cremonesi (SEL) in quanto “si è sempre cercato una mediazione nel punto più alto e non al ribasso, riuscendo ad ottenere una legge di sistema che colma un vuoto e disegna un futuro. Un provvedimento atteso che non deve venir stravolto e che necessita di risorse per camminare”.

Enrico Marcora (UdC) ha ringraziato il gruppo di lavoro, auspicando tuttavia il miglioramento del testo con emendamenti in Aula.

Il Vice Presidente della Commissione, Stefano Galli (Lega Nord) ha invece sottolineato che il provvedimento approvato è di origine consiliare e premia l’impegno dei consiglieri che hanno lavorato intensamente in questi mesi sulla tematica.

Alla seduta era anche presente l’assessore regionale alla Famiglia e solidarietà sociale, Giulio Boscagli, che ha presentato diversi emendamenti al testo, in buona parte approvati a maggioranza dai commissari.

Secondo una ricerca sulla violenza sulle donne svolta dall’IReR per il Consiglio regionale lombardo nel 2009, e confermata dai Centri antiviolenza, dai centri di aiuto o di pronto intervento, dalle associazioni di volontariato nonché dai servizi sociali dei Comuni e dai Pronto soccorso degli ospedali, la quasi totalità dei casi non sono denunciati. Il sommerso è elevatissimo e si stima che gli atti di violenza esercitati dal non partner raggiungano circa il 96%, mentre quelli esercitati dal partner sono stimati al 93%. Anche nel caso degli stupri la quasi totalità non è denunciata (91,6%). A subire più violenze nel corso della vita sono le donne separate e divorziate: il 63,9%, il doppio del dato medio.

 

Il dato della Lombardia (34,8%) evidenzia che, pur nella consapevolezza che sono operativi sul territorio un buon numero di servizi, sia necessaria una iniziativa legislativa che dia un riconoscimento giuridico alle strutture ed ai soggetti istituzionali e non, già presenti sul territorio, come anche richiesto dal Piano nazionale e dal Piano socio sanitario regionale vigente.