La fase 2 dei rifugisti: “Siamo abituati alle difficoltà, c’è la voglia di provarci”

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Anna Bortoletto

Dal 1° giugno dovrebbero riaprire anche i rifugi

“Attendiamo le linee guida per capire come sarà la riapertura”

LECCO – “Proprio in questi giorni ci stiamo confrontano tra rifugisti per capire come affrontare la fase 2. Quello che prevale, però, è la voglia di provare a riaprire, il morale pur nelle difficoltà è abbastanza alto”.

Anna Bortoletto, oltre a gestire il Rifugio Grassi all’ombra del Pizzo dei Tre Signori, è anche la responsabile del gruppo rifugisti lecchesi. I rifugisti, per natura, sono abituati ad adattarsi per far fronte ai problemi che possono presentarsi in un ambiente come quello montano.

“Come altri 60 milioni di Italiani, al momento, anche noi sappiamo molto poco e quello che emerge è che nella fase 2 sarà essenziale fare affidamento al buon senso – ha detto -. Anche i rifugi sono nello stesso limbo di bar e ristoranti perciò potremo riaprire dal 1° giugno, purtroppo non sappiamo ancora bene come potremo ripartire. Non ci sono linee guida precise, ma abbiamo già cominciato a ragionare anche su soluzioni creative che consentano di rispettare le regole di distanziamento”.

I rifugi, nella maggior parte dei casi, devono fare i conti con spazi ristretti, servizi igienici in comune e cameroni: “E’ chiaro che questo complica un po’ la situazione e serviranno attenzioni ancora maggiori, ma siamo abituati a confrontarci con difficoltà. Per quanto riguarda i rifugi del Lecchese, poi, si tratta per la maggior parte di piccole strutture con personale ridotto e ciò, in questa particolare condizione di difficoltà, può essere un vantaggio”.

I rifugisti stanno sfruttando questo periodo per portarsi avanti con i lavori di manutenzione: “Continuiamo a fare il possibile e restiamo in attesa di linee guida specifiche ma, con la giusta prudenza, la voglia di provarci in generale c’è anche se, probabilmente, ci sarà qualcuno che deciderà di non riaprire per un timore elevato di non farcela e andare incontro a perdite ancora maggiori”.

Le incognite sono ancora molte ma i rifugisti lecchesi sono già al lavoro: si stanno confrontando per condividere problemi e soluzioni ed essere pronti per ripartire.