Quale futuro per le falesie? Il documentario “Un chiodo in testa” apre il dibattito

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Da sinistra, Pietro Corti, Alessandro Ronchi, Delfino Formenti e Nicola Rota

Presentato il video sulla storia di Delfino Formenti, chiodatore per passione

“Purtroppo chi arrampica non si rende conto del lavoro che c’è dietro alla realizzazione di un tiro”

LECCO – “Alle falesie di Lecco c’è chi ha dedicato una vita”. Inizia con queste parole il documentario che racconta la storia di Delfino Formenti, per tutti Delfix, chiodatore per passione che in quasi 40 anni di attività ha aperto e mantiene qualcosa come migliaio di vie di arrampicata sulle falesie lecchesi. Mercoledì sera, nell’evento organizzato da Dinamo Culturale e Cineminimo al Teatro Invito, è stato presentato il breve documentario “Un chiodo in testa” nato dall’idea del fotografo Massimo Colombo e realizzato insieme al regista e produttore Nicola Rota e alla montatrice Simona Pozzoni.

In pochi minuti viene raccontata una storia dove cuore e passione sono il motore di tutto. Proprio l’amore per la montagna e l’arrampicata hanno spinto il lecchese Formenti, classe 1957, a disegnare nuovi itinerari nel nostro territorio, dove le pareti certamente non mancano: “La prima falesia grossa che ho attrezzato è stata Versasio nell’ormai lontano 1986 – ha raccontato -. Da lì ho cominciato e sono letteralmente entrato in un vortice che mi ha trascinato a chiodare falesie in tutto il Lecchese. La cosa bella è vedere che tutti usufruiscono dei frutti del tuo lavoro”.

Delfino Formenti, Nicola Rota e Massimo Colombo

Versasio, parete Stoppani, Corna Rossa, Corno Rat, Val Dell’Oro, Torre Marina, Lariosauro, Discoteca… queste sono solo alcune delle sue “opere d’arte” e si potrebbe continuare ancora. Ricordiamo che Delfino Formenti ha fatto tutto questo per pura passione, ma dietro all’attrezzatura di un singolo tiro ci sono molteplici aspetti: “Individuare la linea, la pulizia della parete che è anche la cosa più importante e poi saper metter bene i punti di ancoraggio – ha spiegato Delfino -. Purtroppo chi arrampica non si rende conto del lavoro che c’è dietro alla realizzazione di un tiro”. Senza contare la questione economica del costo di materiali e attrezzature.

E’ esattamente questa la provocazione che lancia video: in un’epoca dove il fenomeno ‘arrampicata in falesia’ è letteralmente esploso, con tutte le conseguenze che può portare una frequentazione di massa, urge una riflessione: “Non è più sostenibile un approccio di uso e consumo: uno scalatore arriva, arrampica e se ne va, magari lasciando anche qualche rifiuto. L’approccio alla falesia è prima di tutto il rispetto per il luogo, non bisogna lasciare rifiuti. E poi, ad esempio, ci sono degli accorgimenti per evitare il consumo dei moschettoni di calata, oppure per una miglior conservazione degli appigli e delle prese”.

Delfino Formenti

Il patrimonio di itinerari di arrampicata che Delfino Formenti ha creato e mantiene in efficienza è enorme e unico, il suo lavoro è sotto gli occhi di tutti. Adesso ci vuole un cambio di mentalità ma soprattutto serve il contributo di tutti, altrimenti la conclusione di Formenti è amara: “Purtroppo da parte degli enti e di chi viene a scalare non vedo interesse a pensare al futuro di queste falesie”.

Massimo Colombo

Massimo Colombo e Nicola Rota, attraverso la voce di Delfino e degli addetti ai lavori che hanno partecipato al documentario, sono riusciti a lanciare alcuni messaggi davvero importanti. Il dibattito in sala, moderato da Pietro Corti (scalatore e amico di Delfino Formenti), si è subito animato: il valore turistico delle falesie, la dicotomia tra volontari spinti da passione e professionisti pagati per svolgere un mestiere, il ruolo dei Cai e dei gruppi alpinistici, l’arrampicata che non è più solo un fenomeno come negli Anni ’80 ma una realtà…

Nicola Rota

Presenti tanti scalatori, il presidente regionale del Cai Emilio Aldeghi, altri chiodatori come Giuseppe Rocchi, Norberto Riva e, soprattutto, Alessandro Ronchi che, spinto dalla stessa passione di Delfino Formenti, ha contribuito ad attrezzare tantissimi tiri nel lecchese, non per alzare il grado ma per consentire alla massa di arrampicare (con il supporto fondamentale del Cai Vimercate). E proprio Ronchi, attraverso il Cai Vimercate (in sala anche il presidente Andrea Vismara), ha consegnato un contributo economico a Delfino Formenti per agevolarlo a proseguire nella sua preziosa opera.

Ronchi e Formenti

Che tipo di futuro avrà l’arrampicata in falesia nel lecchese? Cosa succederà quando Delfino Formenti deciderà di smettere? Chi si occuperà della manutenzione delle falesie? Le risposte non sono scontate ma una cosa è certa: serve il contributo (anche economico) di tutti.


Il documentario “Un chiodo in testa” è stato premiato recentemente a Genova nell’8^ edizione del Festival “La Lanterna”, sezione “Fiction Documentari”. L’intento è quello di sensibilizzare il maggior numero di persone rispetto a questo tema facendo girare quando più possibile il lavoro di Massimo Colombo, Nicola Rota e Simona Pozzoni. E’ già in programma una replica mercoledì 15 giugno al Circolo Fratelli Figini di Maggianico (via dell’Armonia, 5) alle ore 21.30.