LECCO – L’Associazione Piccole e Medie Industrie di Lecco rinnova la propria posizione nel dibattito che si è riaperto in questi giorni a proposito della definizione degli accorpamenti che costituiranno le Aree Vaste, e ripropone l’invito a non guardare ai meri confini geografici e al passato, ma al vero e attuale volto del territorio lecchese, cercando di cogliere le migliori opportunità per il suo sviluppo futuro.
Secondo Api il rischio è quello di fossilizzarsi su questioni secondarie o “di principio”, senza valorizzare quelle che sono le caratteristiche sociali ed economiche della nostra realtà territoriale, penalizzando così in futuro i nostri reali punti di forza e perdendo l’occasione di dar vita a una piattaforma industriale di straordinaria importanza, capace di distinguersi sul mercato europeo.
“Ciò che colpisce di più leggendo i quotidiani – ha affermato Luigi Sabadini, Presidente dell’Api di Lecco – è il fatto che la maggior parte dei giudizi espressi sembra fondarsi solamente sul ricordo di una realtà ormai remota del nostro territorio e sulle vestigia storiche del legame con Como: città un tempo “vicina” grazie al trasporto sul lago, ma oggi non più al centro dei reali flussi economici e sociali e non connessa al nostro territorio da una adeguata ed efficiente rete di infrastrutture di collegamento. Occorre prendere atto di questo cambiamento se si vuole che il progetto di Aree Vaste costituisca un’opportunità di crescita per Lecco e non il rischio di un progressivo isolamento e di una inesorabile marginalizzazione”.
L’Api aveva già esposto la propria linea all’inizio dell’anno, quando aveva teorizzato l’ipotesi di creare un’area molto più ampia di quella proposta dal progetto degli otto cantoni: “Avevamo strutturato il nostro piano iniziale ragionando sulla base di criteri di affinità e complementarietà economico-produttiva tra territori, e guardando anche con particolare attenzione alle infrastrutture fisiche di supporto e collegamento, già esistenti o in via di realizzazione – ha spiegato Sabadini – siamo infatti convinti che le istituzioni, per poter rappresentare efficacemente un territorio e rispondere al meglio alle sue esigenze, debbano poter gestire un’area che abbia un’identità immediatamente riconoscibile: solo così i provvedimenti e gli investimenti potranno essere mirati su priorità effettive e favorire lo sviluppo e la crescita del territorio stesso”.
Da qui un’ipotesi che comprendesse non solo le attuali provincie di Lecco e Monza, ma anche parte dei comuni dell’Isola bergamasca, della Brianza comasca e della bassa Valtellina. L’Area Vasta proposta da Api avrebbe così potuto costituire una tra le piattaforme produttive più performanti a livello europeo, contando sulla presenza di 4 settori che sono vere e proprie eccellenze mondiali: il metalmeccanico lecchese, il mobile-arredo brianzolo, la gomma-plastica e l’hi-tech meccatronico del vimercatese.
“Anche se il progetto annunciato dal Presidente di Regione Lombardia “Cantone della Brianza” è riduttivo rispetto alle nostre aspettative, non possiamo non sostenerlo, in quanto profondamente rispettoso dell’attuale realtà economica locale” ha continuato il Presidente Sabadini.
“Siamo convinti, come è emerso chiaramente anche dalla ricerca sullo sviluppo territoriale presentata in occasione della nostra Assemblea Annuale del 28 giugno scorso, che non è pensabile prescindere da quello che, di fatto, si è consolidato come l’asse portante dello sviluppo industriale del nostro territorio: l’asse della SS36, e non certo il Lago, è oggi la via di comunicazione unificante del sistema economico e produttivo locale, oltre che la principale direttrice di mobilità per studenti e lavoratori. Inoltre, l’unitarietà del lecchese e della Brianza trova un ulteriore elemento se si guarda non solo al piano produttivo e industriale, ma anche alla cultura imprenditoriale, caratterizzata in entrambi i territori da una dinamicità e una propensione al lavoro profondamente affini e omogenee”.
L’unica, grave riserva avanzata dall’Associazione Piccole e Medie Industrie riguarda la presenza delle istituzioni sul territorio e il modello di governance della futura Area Vasta: “Auspichiamo che ciascun Ente Istituzionale garantisca le proprie funzionalità conformando ciascuna rispettiva organizzazione territoriale in maniera coerente all’Area Vasta, altrimenti si corre il rischio di un affastellamento istituzionale, creando ulteriori disagi a cittadini e imprenditori, a rallentandone notevolmente l’attività, in un momento in cui, viceversa, la rapidità è una componente decisiva per la competitività delle aziende”.