LECCO – Riceviamo e pubblichiamo:
“Martedì in sala Ticozzi a Lecco è andata in scena una farsa. Eccone i contenuti, talmente surreali da quasi non crederci.
1° farsa : Si dovevano (letteralmente dall’o.d.g. di convocazione della Conferenza dei Comuni dell’ Ambito territoriale di Lecco) “esaminare le risultanze della seconda fase d’approfondimento sulle possibili forme di affidamento del sistema idrico integrato…”, invece si è, di fatto, deciso a chi affidarlo : ad Idroservice, all’interno di LRH, la multiutility pur pubblica che, intrinsecamente votata al profitto, già gestisce il gas, l’energia e operativamente seppur provvisoriamente anche l’acqua in provincia.
2° farsa : i rappresentanti dei comuni presenti (soprattutto sindaci) hanno votato a maggioranza ( equivalente al 71 % della popolazione) per un sostanziale affidamento ad Idroservice, pur rimandandone la ratificazione formale, come “abilmente” sottolineato da Strina, presidente della conferenza nonché sindaco di Osnago, ad una successiva deliberazione. Così facendo hanno di fatto smentito loro stessi, visto che la scelta adottata nella precedente Conferenza circoscriveva l’ambito delle scelte all’interno del modello “in house” il cui requisito base è il controllo diretto dei comuni (il cosiddetto “controllo analogo di 1° livello”). Idroservice invece non possiede attualmente questo requisito essedo di 2° livello.
3° farsa : questi amministratori, da sempre “campioni” del rigoroso rispetto delle norme, hanno di fatto scelto coscientemente, nonostante i ripetuti appelli di alcuni coerenti amministratori contrari, del Comitato Acqua Pubblica e del Movimento dei consumatori, di non tenere conto di tutto ciò privilegiando peraltro una scelta sconsigliata dagli esperti dell’Anea, a cui loro stessi avevano affidato l’ “ Assistenza strategica e legale per l’affidamento in house – ufficio d’ambito di Lecco “.
4° farsa : In nome di presunte maggiori garanzie finanziarie di LRH, socio unico di Idroservice a cui di fatto ci si appoggia per l’intera operazione, e di altrettante presunte garanzie per i corrispondenti lavoratori ivi attualmente impiegati, si “scarica” Idrolario, attuale formale affidatario del servizio idrico, decisamente meglio “corredato” dal punto di vista dell’aderenza ai requisiti dell’”in house”, come certificato dagli esperti Anea.
Ci sarebbe dell’altro in tema di contraddizioni palesi ( in primis quelle di alcuni sindaci come Lecco ed Osnago che, pur essendo portatori di “chiari mandati” dei propri consigli comunali per una società di 1° livello , lo hanno ribaltato con un’acrobatica indecente capriola) ma preferisco qui sottolineare, per brevità solo alcuni aspetti e le relative preoccupazioni.
Cosa potrà succedere ora, visto che si è intrapresa una strada a rischio di impugnazione nelle competenti sedi giurisdizionali ed amministrative ? si potrà concretizzare la più volte paventata e concreta prospettiva di una “sanzione riparatoria” che obblighi ad aprire una gara ad evidenza pubblica col rischio palese di “far rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta” (la tanto esclusa – a parole – apertura ai privati) ?
La sbandierata “temporaneità” dell’affidamento ad Idroservice, per il solo tempo, a detta dei loro sottoscrittori, necessario al suo adeguamento rispetto ai requisiti per l’ “in house” (peraltro formalmente confliggente coi termini lunghi ipotizzati d’affidamento – circa 20 anni -) mette comunque al riparo da sempre possibili ricorsi ?
Chi assicura che il consiglio di amministrazione di Idroservice (non controllato direttamente dai Comuni) possa in qualche modo aprire a privati o confluire in megamultiutiliy ( magari sotto la “regia” di LRH ), quindi lontano dal controllo dei Comuni, senza peraltro consultarli in queste scelte, come a termini normativi gli sarebbe consentito ? O meglio, chi ci assicurerebbe che idroservice srl, essendo una società “pubblica” ma di diritto privato non sia gestita, essendo peraltro all’interno di LRH, con la stessa logica “mercatista” votata a fare utili ? Quest’ultimo concetto non sembra voler entrare (forse strumentalmente) nella testa di molti nostri amministratori, se ne sono viste alcune rappresentazioni anche nel corso della Conferenza.
E’ mai possibile non capire, o far finta di non capire, che non basta essere a favore di un generico “settore pubblico” : la gestione dell’Acqua, come di altri Beni Comuni Primari, non può e non deve essere regolata dalle logiche del mercato ma, rispettando efficienza – efficacia- economicità e, aggiungo, partecipazione “dal basso”, va attuata con la logica del “servizio alla collettività”, assicurando l’effettivo accesso ad un diritto primario, e ponendosi obiettivi di tutela e preservazione del “Bene Acqua” per le future generazioni.
Tutto questo il mercato – anche quello praticato dalle mutiutility “pubbliche” (ex municipalizzate), che in vari casi si sono trasformate a suon di finanziarizzazioni, valutazioni borsistiche, strategie societarie d’incorporazioni varie ecc . in vere e proprie multinazionali – non lo può, per sua stessa natura, prevedere perché strutturalmente orientato da logiche di profittabilità economica. Quindi il problema non sta solo nel non fare entrare i privati, come si vorrebbe far intendere, ma è anche quello di non adottarne la stessa “cultura del profitto e del mercato” che non può e non deve centrare nulla con la gestione di beni primari che caratterizzato l’intera Comunità Umana : i Beni Comuni essenziali, che sottendono i diritti inalienabili di tutti noi.
E’ questo il cuore del risultato referendario in cui 27 milioni di Italiani (la maggioranza assoluta per la prima volta nella storia della Repubblica) hanno sancito che L’Acqua deve stare fuori dal mercato e che i profitti devono stare fuori dall’Acqua. Il tutto suggellato dalla Corte Costituzionale a più riprese.
E’ questo che gran parte dei nostri Sindaci, a parole, dice di rispettare, salvo invece poi nelle scelte di “traduzione” concreta clamorosamente disattendere, come avvenuto in Provincia di Lecco ieri sera. Saper coniugare l’inconfutabile volontà popolare con percorsi concreti gestionali è quanto “banalmente” si deve pretendere dai nostri amministratori.
Mi limito ad un’ulteriore considerazione, pur essendoci molti altri aspetti che potrebbero essere oggetto d’approfondimento : Il fatto di “scaricare” Idrolario, magari facendole assumere i tratti di una “bad- company”, per “riciclare” il tutto in LRH, mediante Idroservice, non risolverà di certo a colpi di strategie societarie i problemi economico-finanziari del settore idrico. Problemi gravosissimi generati soprattutto dall’aver subito passivamente e di non essersi convintamente opposti nel recente passato, come dal Comitato sollecitato più volte, all’ ”obbligo” di separazione tra patrimonio e gestione, veicolato da un’incongrua legge formigoniana, peraltro anch’essa cassata dalla Corte Costituzionale. E’ da lì, e da successive miopi scelte della dirigenza ATO/LRH , che è nato il “buco” di Idrolario, non addossabile per questo, a mo’ di “caprio espiatorio”, solo a quest’ultima.
Ci si chiede : il rispetto delle norme, invocato e sbandierato allora, è sempre da attuare oppure è la convenienza ai propri soggettivi fini che determina di volta in volta le proprie scelte, come dimostrato anche in quest’ultima circostanza ?
Peraltro ci aspettiamo una coerenza “dissociativa” verso questa contraddittoria scelta da parte di altre realtà territoriali coinvolte a vario titolo nella “consultazione preventiva” svolta. In particolare, vistone il peso sociale rilevante, chiediamo un chiaro pronunciamento delle forze sindacali ed in particolare della CGIL territoriale che attraverso il proprio segretario aveva, direttamente con noi, espressamente preso le distanze da un affidamento pur temporaneo ad Idroservice.
Ribadisco infine la chiarissima scelta di campo del Comitato Lecchese per l’Acqua Pubblica ed i Beni Comuni di cui faccio parte , ancora una volta negata dalla maggioranza della Conferenza, a favore di un’Azienda speciale consortile di diritto pubblico (fuori dal mercato e fuori dal profitto) che rappresenta il modello di soluzione più coerente con l’esito referendario ed anche, nel nostro caso, quello meno costoso e meno complicato in termini d’adeguamento dell’esistente. Non è un caso che altre realtà nazionali stiano praticando od orientandosi a seguire questa strada (Napoli, Torino, Palermo, Reggio Emilia …..).
Siamo talmente “ideologici”, come sostengono alcuni nostri amministratori, da aver su questo fornito a tutte le “autorità idriche” ed a tutti i sindaci un nostro schematico concreto progetto.
L’ultimo flash lo voglio dedicare al concetto di “pubblico” come trasparenza . Qualche tempo fa avevamo chiesto di assistere ad una assemblea di LRH (ricordiamo è una multiutility “pubblica”) : in un primo tempo ci era stata negata (secondo le norme lo possono fare), poi dopo una trattativa ci era stato “gentilmente” concesso ma con il contemporaneo divieto d’accesso ad alcuni organi di stampa presenti. Risultato : avevamo abbandonato anche noi l’assemblea per protesta.
Ecco, con l’azienda Speciale Consortile questo non sarebbe potuto accadere proprio perché “strutturalmente” si possono prevedere organismi di partecipazione reale dei cittadini, anche in forme organizzate”.
Bosisio Germano, cittadino