LECCO – “So bene che il concetto di “Area vasta” suona estraneo se non oscuro alla maggioranza dei cittadini. Specie per i lecchesi, da Premana a Casatenovo via Lecco, che hanno riconosciuto con fatica l’avvento della Provincia, come ho potuto constatare anche con la mia precedente esperienza alla guida dell’Ente.
Non c’è insomma su questo ramo del Lario quello spirito di appartenenza e di identificazione che si registra invece in realtà nelle quali l’istituzione Provincia ha radici secolari. Si pensi a Sondrio o alla stessa Como. Un limite, certo, ma anche un’opportunità per disegnare senza il peso del passato il quadro del futuro. Il contesto è incerto ma qualche ragione me la sono fatta e soprattutto ho capito cosa si deve evitare: per esempio di far leva sui sentimenti o sui risentimenti, sugli opportunismi di parte o di categoria, sugli interessi peculiari, specie se visti con occhio miope. Allora occorre parlare di contenuti, badando alla tattica del momento, ma soprattutto alle strategie. Due parole voglio indicare a cardine e obiettivo di questa fase: lo sviluppo socio-economico del territorio e la sua crescita culturale e civile. Non sono sinonimi, ma intrecciati garantiscono il futuro alle nuove generazioni. Fuor di metafora non si può non considerare l’intesa con Como quando si parla di turismo, né tantomeno ci si può permettere di evitare l’asse con Monza quando si parla di impresa manifatturiera, ricerca e innovazione.
Ecco perché i pronunciamenti di diversi soggetti pubblici e privati devono poi armonizzarsi in un progetto comune, altrimenti vince chi “le spara più grosse” o magari vanta temporaneo potere sui tavoli che contano. C’è poi il tema che da sempre decide del futuro di un territorio ed è quello delle infrastrutture. I lecchesi lo conoscono bene perché hanno aspettato la SS36 e l’attraversamento per trent’anni, perché contano sulla Pedemontana, perché aspettano la Lecco-Bergamo.
E infrastrutture, cioè trasporti, chiamano in causa il fattore “acqua e ferro” (navigazione del lago e trasporto ferroviario) che non devono essere solo variabili marginali di un piano d’interventi e di interscambio, bensì devono essere valide alternative e strumenti integrativi dell’ormai insufficiente mezzo stradale.
Come Sindaco del Comune capoluogo, specie in questa fase di assestamento istituzionale, lastricata di ostacoli e talvolta di scommesse, sento il dovere di contribuire a tirare le fila di questo processo che, se vuol essere democratico come si proclama ad ogni occasione, deve coinvolgere le parti sociali, le categorie e soprattutto i Sindaci e gli amministratori del territorio, che sono rimasti, non solo simbolicamente, il presidio della rappresentanza e gli interpreti più autentici della volontà e dei desideri dei cittadini”.
Virginio Brivio