secondo il dott. Mauro Colombo, Amministratore unico della società pubblica che gestisce il forno inceneritore di Valmadrera -Silea Spa-, “Il termovalorizzatore garantisce più salute e meno costi”.
L’argomentazione “forte” risiederebbe nel progetto del teleriscaldamento -54 milioni di euro di investimento per 250 utenze allacciabili tra le città di Lecco (150), Valmadrera (68) e Malgrate (32)-, presentato dai vertici della società come uno strumento virtuoso di recupero del calore prodotto dall’incenerimento dei rifiuti, altrimenti inutilizzato.
Un meccanismo che, sostituendosi a più inquinanti caldaie a metano, garantirebbe secondo Silea un risparmio di ben sei milioni di metri cubi di gas.
L’AU di Silea dimentica però di ricordare un fatto non irrilevante, e cioè che il forno che gestisce -per lo più dopo l’aumento della quantità di rifiuti da bruciare (fino a un massimo di oltre 110mila tonnellate), assolutamente non necessario rispetto al fabbisogno della Provincia (49mila tonnellate di rifiuto indifferenziato prodotto nel 2014)- genera un traffico veicolare di oltre 20mila mezzi pesanti ogni anno. Un conto al quale si devono aggiungere gli inquinanti prodotti dall’incenerimento.
Ma non sono solo questi elementi a far scricchiolare la tesi “ecologista” di Colombo. Dalla lettura della stessa documentazione sottoposta qualche mese fa all’attenzione dei Consigli comunali da parte di Silea, in particolare dalla presentazione di ETS Srl, risulta che la potenza termica necessaria per la rete di teleriscaldamento è di 75 MegaWatt.
Il punto è che il forno di Valmadrera, presentato pubblicamente come l’unica fonte di alimentazione della rete, non potrà contribuire se non con una potenza compresa tra 30MW (a rendimenti realistici) e 50MW (a rendimenti ottimistici). Chi “coprirà” la differenza compresa tra i 45-25MW? Con che cosa si “produrrà” il calore mancante?
Se Silea Spa rendesse pubblico il progetto, il quesito, che insieme a noi si pongono gli amministratori locali soci della Spa, potrebbe finalmente avere una risposta. Al momento non possiamo che ipotizzare il ricorso ad un combustibile di supporto come il metano (peraltro già previsto per le tre caldaie di “backup” da 20MW ciascuna, anche se nella più recente documentazione non ve ne era più traccia). Se ciò fosse confermato, e cioè che sarà il metano a garantire quasi più del 50% della potenza termica dell’impianto, allora le già debolissime “tesi” ecologiste verrebbero nettamente smentite. Altro che risparmio di 6 milioni di metri cubi di metano, quindi.
Con il rischio della beffa per il territorio: l’impianto di teleriscaldamento, infatti, funzionerebbe alla massima potenzialità solo per qualche mese all’anno (da dicembre a febbraio), a regime parziale per altri mesi (ottobre – novembre, marzo – aprile), e non verrebbe invece quasi mai utilizzato per gli altri mesi, compreso il fabbisogno dell’ospedale Manzoni.
Al contrario, l’aumento dei rifiuti inceneriti a Valmadrera verrà invece mantenuto per tutti i 12 mesi dell’anno, mentre il calore per il teleriscaldamento verrà utilizzato per un ben più limitato periodo. Di conseguenza le maggiori emissioni, dovute alla maggior quantità di rifiuti da incenerire si avranno comunque per tutto l’anno, con l’aggravante che le emissioni inquinanti tolte dalla città di Lecco verranno concentrate a Valmadrera”.
Coordinamento lecchese Rifiuti zero