LECCO – “Già nella prima legislatura (1995-2000) la Provincia di Lecco ha approvato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) che nella sostanza è un Piano di Area Vasta.
Io ero allora assessore alle Attività Produttive (Agricoltura, Artigianato, Industria ecc) in Provincia e subito dopo l’approvazione del PTCP da parte di quasi l’unanimità dei Consiglieri e dei 90 Sindaci dei Comuni del territorio abbiamo incominciato ad usare lo strumento che ci permetteva di ragionare sull’intera Provincia e ipotizzare riallocazioni, chiusure o possibili aree industriali. Avevamo già tutti i 90 Piani Regolatori dei Comuni dentro i server e così abbiamo calcolato il totale delle aree industriali previste da parte dei Comuni che erano al 1999: 12.500.000 mq previste di cui edificate 4.500.000 di quelle artigianali 1.500.000 previste e 500.000 edificate.
Sorse una domanda che abbiamo poi esteso a Confindustria, Api, Upal, CGIL, CISL, UIL se ritenessero realistico prevedere nei successivi 20anni il triplicare delle industrie nel lecchese.
Insomma necessitavamo di una visione a più lunga scadenza e il PTCP e il tipo di ragionamento connesso ci permettevano di ipotizzare un possibile scenario a 50/80 in avanti. Mi sembrava doveroso dopo aver visto quello che di bello, ma di veramente bello avevo visto in altri Paesi d’Europa. Cioè cosa aveva prodotto una seria programmazione territoriale in 40/50 anni.
Abbiamo p.e. provato a fare ipotesi sull’Area cosiddetta del Mais perché se ne andava da lì la Black & Deker e quell’area è posta già sulla Superstrada è abbastanza separata dagli abitati dei 6 Paesi vicini e poteva offrire una realizzazione di una zona industriale di circa 450.000 che chiedevamo come Provincia a norme ISO 14.000 (le norme Europee relative all’ambiente) e approfondendo la questione chiesi come si poteva realizzare la cosa. Mi suggerirono che si sarebbe potuto realizzare una Società di trasformazione Urbana fatta da: Pubblico -Comuni e Provincia, dai proprietari dei terreni, dalle rappresentanze degli imprenditori, da quelle dei dipendenti. Società questa che avrebbe completamente gestito la trasformazione, l’urbanizzazione, la messa in sicurezza del sottosuolo con catino di contenimento, la fornitura unica di energie, un trattamento fumi unico, il cablaggio in fibra per tutti e la certificazione di quanto realizzato. Servizio mensa a gestione esterna con alcune mense non interne ai capannoni, nursery, asilo ecc.
Illustravo allora che capannoni certificati non sarebbero costati 2 milioni di lire al mq ma forse 5. Gli industriali mi risposero che se avessimo realizzato questa cosa i capannoni sarebbero stati venduti tutti in mezza giornata. L’idea di non avere a che fare coi vari enti (nei casi estremi fino a 13) per poter aprire delle attività artigianali o industriali ma: poter comprare un capannone ed essere certi di poter avviare i macchinari in brevissimo tempo senza dover aspettare la burocrazia faceva andare in estasi non solo gli industriali…
Insomma da 650.000 mq previsti nei Piani Regolatori scendevamo 450.000 e sarebbe stato possibile ricollocare in un posto migliore e più adatto delle attività industriali che si svolgevano sulle rive del lago di Pusiano o lungo torrenti o in mezzo a boschi vari.
La Regione (assessore Moneta) mi disse che avrebbero contribuito sostanziosamente per avere un modello del genere sul territorio regionale.
E allora perché non si è fatto?
-dalla Politica ho ricevuto riposte riassumibili in: La politica deve dare risposte per domattina, non si può pensare a 50/80 anni in futuro.
-ma lo stop definitivo venne dai Sindaci (uno in particolare) che per far capire l’aria che tirava fece un titolo su un quotidiano locale che diceva più o meno così “La Provincia vuole riempire di capannoni la Brianza”
Un’Area di questo tipo sarebbe stata tre le meglio organizzate non solo in Italia, avrebbe permesso un ragionamento più aggiornato rispetto allo scalo ferroviario di Molteno etc. etc.
Peccato perché ci sarebbero state tutte le occasioni. Ma gli uomini no.
Questo per dire come si può ragionare in quest’Area Vasta di Lecco. Può essere che apparentemente, “sentimentalmente” non ci si sente di appartenere ad una unica “provincia” da Casatenovo, a Torre’ de Busi, a Premana ma basta scendere di un gradino cioè alla vita quotidiana fatta, qui, principalmente di lavoro, di meccanica, di dialogo con gran parte del mondo, di un prodotto lordo di 28 miliardi (2013) di 340.000 abitanti, per avere dati di realtà su cui agire. Abbiamo per esempio scommesso allora sull’agricoltura trovandogli strade, per allora inusuali, di possibile sopravvivenza e poi sviluppo quali sono stati poi negli anni successivi gli agriturismi, la vendita diretta, consorzi, mercati degli agricoltori che hanno permesso l’arrivo di giovani in agricoltura e soprattutto di donne capacissime organizzatrici e collaborative tra di loro. La scommessa era doverosa, vista la media dell’età degli agricoltori della Provincia di Lecco nel 1996 di 65 anni. Abbiamo pensato allora che l’essere stati in fabbrica o in ufficio avrebbe favorito l’imprenditorialità anche in agricoltura, bastava offrirgliene l’occasione. Così è stato. Di fondo si ragionava cogli agricoltori che dovevano appropriarsi di un pezzo della catena commerciale perché la materia prima non permetteva da sola a piccole imprese agricole di sopravvivere mentre il resto della catena commerciale viveva alla grande. Qui l’hanno capito subito: in 5 anni gli agriturismi da 3 sono diventati 45….
Qui è già presente una sufficiente capacità di programmarsi e da molto tempo. Insomma lasciateci quest’area vasta: La Provincia di Lecco, siamo disposti a chiamarla come volete, Distretto, Area Vasta o Cantone e a proposito di Cantoni:Paragonando La Provincia di Lecco al vicino Canton Ticino: Abitanti + o – uguali (338.000 e 337.000) Prodotto lordo Lecco 25 mil di € e il Ticino 27 Mil di F.Sv che in € sono 22,5) – dati 2013.
Il Cantone è addirittura una Repubblica e noi nemmeno Area Vasta?”
Graziano Morganti
Presidente del Distretto Rurale La Valle dell’Adda