Tabelloni e manifesti elettorali: “Soldi sprecati da Comuni e partiti”

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LECCO – I candidati di FARE per fermare il declino si danno da FARE e affiggono da soli manifesti in giro per la provincia e si scagliano contro i “politici di lungo corso che con il denaro che deriva dal finanziamento pubblico ai partiti (che tutti dicono di voler abolire, ma di cui hanno fino ad ora approfittato) aprono sedi in città e fuori per la campagna elettorale”.

“Nel corso di questa campagna – commenta Carlo Piazza, candidato al consiglio regionale – abbiamo toccato con mano dove e come si possono tagliare i costi, senza tagliare i servizi. Poiché FARE non usufruisce del finanziamento pubblico dei partiti e si è interamente autofinanziata, anche noi candidati ci stiamo dando da fare affiggendo manifesti in tutta la provincia. E proprio stando sul territorio ci siamo accorti di quanti e quali siano gli sprechi da tagliare”.

“In alcuni comuni – continua Francesca Fiori Galli, candidata al consiglio regionale – ci hanno detto che per ottemperare a una legge obsoleta (la messa a disposizione gratuita di spazi elettorali uguali a tutte le liste) hanno dovuto spendere anche 3.000 euro in tabelloni elettorali nuovi, senza contare i costi del personale. Se moltiplichiamo tale spesa per i 90 comuni della provincia arriviamo a 270.000 euro sprecati; vi siete guardati in giro? Avete visto in quanti comuni i tabelloni restano vuoti? E’ proprio necessario tappezzare tutti i centri abitati di manifesti quando esiste l’email, internet, i social network e facebook?”.

“Anche per questo – continua Piazza – riteniamo che i comuni sotto i 5000 abitanti vadano accorpati in comuni più grandi; durante la campagna elettorale, per un intero mese, tutti i comuni restano aperti oltre gli orari usuali: in tempi in cui la spending review e il patto di stabilità non consentono di asfaltare le strade, che senso ha pagare straordinari, luce e riscaldamento per fornire un servizio dettato da una norma obsoleta?”.

Parte del programma di FARE punta a quello che il movimento ha definito come “vero federalismo”, dando senso a quel federalismo fiscale che avrebbe dovuto comportare autonomia finanziaria di entrata e di spesa per i comuni, le province e le regioni, così da rendere più palesi e immediate le responsabilità delle amministrazioni che riscuotono le imposte rispetto ai modi in cui le impiegano.

“Le imposte comunali, come IMU e TARES – continua Piazza – devono infatti restare sul territorio comunale, ma, attenzione, non stiamo sposando l’idea “maroniana” del 75% di tasse che devono rimanere in Lombardia. Tale proposta, oltre che essere inattuabile, non fa altro che spostare il problema. Per noi le tasse vanno abbattute, non spostate”.