RUBRICA – Un brioso saluto agli affezionati lettori di Lecconotizie per un brindisi con un ottimo Trento DOC Metodo Classico.
Non se ne può più di parlare solo della pandemia e delle problematiche che ne derivano, per altro considerevoli, per cui mi permetto di divagare parlandovi degli eccellenti prodotti dell’enologia italiana.
Tra queste eccellenze è doveroso annoverare anche le bollicine metodo classico prodotte in Trentino che, a mio modesto parere, sono in media superiori a quelle di qualsiasi altra zona. Vi assicuro che non è un’affermazione gratuita o interessata ma è risultato di alcune degustazioni comparative faticosamente (si fa per dire) portate a termine in questi giorni.
La prima costatazione l’ho fatta sulla materia prima, e cioè le uve.
Lo Chardonnay e, in minor misura il Pinot nero, trovano sui “masi” della conca di Trento a ridosso della valle dell’Adige, un territorio ed un microclima ideali e irripetibili per ottenere le basi spumanti, ed è già un fattore essenziale.
A questo si aggiungono la serietà, l’esperienza e la capacità di tutti i produttori, piccoli o grandi che siano, di puntare alla qualità dei vari prodotti consentiti dal disciplinare e dar maggior prestigio del marchio Trento DOC.
Personalmente, da convinto ambasciatore del vino italiano, mi sento di affermare che la rincorsa ai francesi, inventori del metodo champenoise un secolo e mezzo prima che approdasse in Italia, si sta finalmente concretizzando, magari aggiungendo anche un tocco di classe e di finezza tipicamente made in Italy.
Infatti, in tempi non tanto lontani lo sviluppo virtuoso della produzione è stata portata avanti inizialmente dai colossi del territorio come Ferrari, Cesarini Sforza, Cavit e Cantina Rotaliana, ben coadiuvati da un’istituzione locale in tema di ricerca enologica e agronomica che è l’Istituto Agrario di S. Michele All’adige (ora si chiama Fondazione Mach) poi, visti gli ottimi risultati e la risposta positiva del mercato, tanti piccoli produttori hanno puntato sulla spumantistica in alternativa alla produzioni dei vini fermi.
Attualmente le grosse grosse aziende sopracitate sono in grado di produrre una notevole gamma di spumanti che comprende dignitosissime bollicine reperibili anche in grande distribuzione a prezzi molto competitivi, passando per i millesimati destinati ad enoteche e ristoranti, fino ad arrivare a straordinarie riserve che uniscono freschezza, personalità e complessità.
I piccoli produttori, che son davvero tanti, puntano maggiormente su un prodotti di ottima qualità, particolarmente sfiziosi perché vengono evidenziate le diverse sfumature fra le svariate e numerose tipologie come Brut, Extra brut, Pas dosè, Blanc de blanc, Blanc de Noir, Rosè, Millesimato e Riserva.
Per quanto concerne gli ultimi assaggi di Trento DOC devo proprio dire che non c’è stato uno spumante che mi abbia deluso: tra i prodotti di partenza non millesimati (in gergo sans année) mi son piaciuti Cesarini Sforza brut etichetta blu, Endrizzi brut e Abate nero extra brut.
Tra i millesimati, che per disciplinare devono stare almeno 36 mesi a riposo sui lieviti, ha fatto breccia nel mio palato il “Maso Nero” 2016 di Zeni, base Chardonnay 100% da unica vigna con parziale affinamento in legno, eccellente il “Tananai” 17 Borgo dei Possèri, molto buono e onesto l’Altemasi ’17.
Tra i rosè sorprendente il riserva “+4” di Letrari 2010 sboccatura 2020 (9 anni sui lieviti) che meraviglia!! Ottimo anche il il Cesarini Sforza rosè “1673” mill.2013 , che fa parte di uno splendido trittico che comprende anche un Noir Nature 2015 e un Extra brut riserva 2013.
Tra i Blanc de Noir, 100% pinot nero, emerge la classe del “Perlè nero” 2010 Ferrari, per il quale vale la pena mettere sul tavolo una banconota da 50 euro.
Raddoppiando l’investimento ci si può togliere lo sfizio di una bottiglia del mitico “Giulio Ferrari” 2009 riserva del fondatore, già alla fine degli Anni ’70 unico spumante italiano nella carta dei vini di alcuni prestigiosi locali parigini.
In quanto a riserve di gran classe, con un minor impegno economico, non scherzano neanche il “Graal” 2012 di Altemasi, “Aquila reale” 2010 di Cesarini Sforza, “Riserva F.lli Lunelli” 2010 di Ferrai e “Couvèe dell’Abate” 2009 di Abate Nero: davvero tanta roba!
Dopo aver assaggiato alcuni di questi gioielli dell’enologia trentina penso che a molti non venga più la tentazione di espatriare in Francia.
Dopo aver orgogliosamente ribadito la mio patriottismo enologico, posso garantire l’adattabilità dei vari Trento DOC sia per brindare che per pasteggiare, però la soddisfazione maggiore l’ho avuta mettendo in tavola da spizzicare una bel trittico composto da Trentin grana, Grana Padano e Parmigiano Reggiano : un sorso tira l’altro , davvero difficile smettere.
Assaggiare per Credere
Roberto Beccaria
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