LECCO – Come affacciarsi ad un limbo, dove tutto tace in attesa del risveglio: questo lo scenario che apre l’ottava puntata di Day Hospital, il viaggio di Lecco Notizie tra i reparti dell’Azienda Ospedaliera della Provincia di Lecco, che oggi ci porta a conoscere la Neurorianimazione, o meglio della Struttura Complessa di Anestesia e Rianimazione II dell’Ospedale Manzoni.
Oltre 350 pazienti sono ospitati ogni anno in questo reparto, la maggior parte dei quali accolti in condizioni critiche, con la necessità di un ricovero d’urgenza: “Si tratta di malati trasportati generalmente dal Pronto Soccorso oppure da altri reparti di degenza dopo un peggioramento delle condizioni cliniche, quindi non curabili in una struttura ordinaria poiché instabili nei parametri vitali – spiega il Dott. Giuseppe Foti, primario del reparto dal dicembre dello scorso anno, dopo aver guidato le Strutture semplici di Rianimazione ed Emergenza al San Gerardo di Monza.
Esperto di monitoraggio e tecniche di Ventilazione Artificiale e di utilizzo della circolazione extracorporea , il Dott. Foti, autore di numerose pubblicazioni nazionali ed internazionali, è docente presso gli atenei milanesi di Statale e Bicocca.
Con lui, al Manzoni, opera un equipe di 9 medici e 19 infermieri: “Si lavora con un rapporto di due infermieri per paziente e con la presenza costante di almeno un medico 24/24h; questo – sottolinea il primario – per la criticità delle condizioni del malato e per la possibilità di complicanze che possono metterne a rischio la vita”.
Le delicate situazioni cliniche che accomunano gli ospiti del reparto necessitano infatti di un’attenzione costante del personale, che controlla la situazione attraverso i monitor posizionati sopra ogni lettino dei pazienti e nella centralina posta al centro della sala. Osservati speciali: il battito del cuore, la pressione arteriosa e del cervello, la funzione respiratoria.
In caso di gravi anomalie nei valori rilevati, quindi di pericolose complicazioni, i medici possono intervenire con diagnosi rapida mediante TAC, con terapie farmacologiche oppure ancora attraverso un nuovo intervento chirurgico in sala operatoria.
Peculiarità della Neurorianimazione lecchese è il servizio di Doppler Transcranico, una sorta di ecografia in grado di misurare il flusso sanguigno all’interno del cervello in maniera non invasiva, disponibile 24 ore su 24 grazie alla specializzazione in questa tecnica dei medici del reparto.
Tra le patologie più frequenti, un posto rilevante lo occupano i traumi cranici, seguiti dagli aneurismi ed infine dagli ictus. Per questi ultimi esiste un unità specifica, esterna alla Neurorianimazione, chiamata Stroke Unit, la quale tratta è dedicata prevalentemente a questo tipo di patologia; l’aggravarsi della situazione può però richiedere il ricovero nella struttura gestita dal Dott. Foti.
L’urgenza è quindi il tratto dominante nel lavoro di questi medici, ma esiste un’ulteriore modalità di accesso al reparto: “Una percentuale inferiore al 30% dei ricoveri totali è programmato – rivela il direttore- ovvero destinato a quei pazienti che hanno subito interventi di neurochirurgia e che non possono tornare al reparto di origine, in quanto necessitano di un accurato monitoraggio e di operazioni tempestive all’insorgenza di complicanze. Per loro è quindi obbligo un percorso post operatorio nel nostro reparto e l’intervento chirurgico non può essere programmato se non dopo aver verificato la disponibilità in sala di Neurorianimazione”.
Inutile dire che la criticità delle condizioni dei malati a volte precedono il dramma; l’aspetto forse meno noto è che la mortalità riscontrata nel reparto è inferiore al 20%. Al dolore di una scomparsa, spesso però si accompagna la possibilità di salvare altre vite attraverso la donazione degli organi: nel reparto di Neurorianimazione si verificano la gran parte dei prelievi d’organo a scopo di trapianto.
Su questo, Lecco si distingue per generosità dalle altre province italiane, grazie un altissimo numero di donatori: “I rifiuti alla donazione sono bassissimi – spiega il Dott. Foti – e lo scorso anno venti pazienti si sono sottoposti a questo trattamento; un risultato che ci ha visti primi in Italia in relazione al bacino di utenza”.
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