LECCO – “Un intervento straordinario e a vincere è stato il lavoro di equipe”. Non potrebbe essere più soddisfatto della propria squadra il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Lecco, Mauro Lovisari, nell’annunciare l’esito di un’operazione chirurgia innovativa con la quale i medici del Manzoni sono riusciti a salvare la vita ad una bimba di soli due anni.
Era lo scorso luglio quando la piccola Cecilia (nome di fantasia per tutelare l’identità del minore) è stata portata all’ospedale lecchese per una gravissima ed estremamente rara complicanza causata dalla varicella: “porpora fulminante”, così è chiamata quella patologia causa di pesanti emorragie sottocutanee che aveva colpito gli arti inferiori della bimba.
“A vista d’occhio si vedeva il sangue proseguire nella cute – ha spiegato il primario di Pediatria, il dott. Luciano Beccaria – si trattava di coagulazione vascolare disseminata che fortunatamente si è verificata essenzialmente a livello sottocutaneo, risparmiando gli organi nobili, ma la situazione era assolutamente drammatica”.
Come spiegato dal primario, la patologia è stata provocata da un anticorpo che si sarebbe autoprodotto in risposta alla varicella e che ha ridotto a zero un fattore pro-coagulativo nel sangue, la proteina S. Gli esperti della Pediatria sono riusciti a riconoscere la rara malattia e ad intervenire trattandola con plasma e con una proteina pro-coagulativa, differente da quella colpita dall’anticorpo.
Bloccate le emorragie, Cecilia è stata visitata dal chirurgo plastico, il dottore lecchese Tommaso Guzzetti, acquisto del 2013 per l’Azienda Ospedaliera di Lecco. Sua l’idea di tentare una strada nuova per risanare gli arti colpiti dalla rara patologia:
“Se paragoniamo questo caso a ustioni gravi, si sarebbe dovuto asportare la pelle da tessuti sani per ricostituire le parti lesionate, ma non sono molti i casi stimati di sopravvivenza di bimbi a ferite simili” ha spiegato il dott. Guzzetti.
Quindi, dopo un primo intervento per ripulire le lesioni, Cecilia è stata sottoposta ad altri tre interventi con un metodo alternativo: l’utilizzo di una membrana biologica realizzata in laboratorio per ricoprire le perdite di sostanza causate dalla malattia oltre che uno strato di cheratinociti, ovvero di cellule che costituiscono lo strato superficiale delle pelle, coltivato alla banca del tessuto dell’ospedale Niguarda partendo dalle cellule cutanee sane della bimba.
Una strategia che si è rivelata un successo tanto che, giusto qualche giorno prima di Natale, Cecilia è potuta tornare a casa e qualche giorno dopo addirittura all’asilo. “Di fronte ad una situazione drammatica e ad un ostacolo così grande abbiamo trovato ogni volta l’aggancio giusto e non è stata solo fortuna ma un lavoro di squadra – ha spiegato il padre di Cecilia, medico lecchese operante in un ospedale del milanese – abbiamo avuto tanti amici che hanno aiutato mia figlia che ora è tornata a fare una vita normale”.
Un’operazione inedita che ha portato anche a costi non previsti per l’ospedale: “Il pubblico deve guardare al contenimento delle spese ma in questi casi fa quello che deve essere fatto – ha concluso il direttore Lovisari – sono fiero di un ospedale come il nostro”.
L’intervento per risanare le lesioni causate dalla patologia