Ritorno al passato per Luis Fogaroli, 55 anni, adottato da una coppia d Bergamo quando aveva 15 mesi
“Il 5 dicembre sarò a Manila nell’orfanotrofio dove sono nato. Con me porterò una valigia carica di emozioni e della solidarietà ricevuta con la raccolta fondi lanciata online”
MERATE – Tornare là, in quell’orfanotrofio nel cuore di Manila, nelle Filippine, dove è nato, portando con sé una valigia carica non solo di emozioni, ma anche di tanta solidarietà.
Luis Fogaroli, 55 anni compiuti, filippino di nascita, bergamasco d’adozione, da sette anni “trapiantato” a Merate, è pronto per il viaggio del ritorno. Rivedere quelle mura, dove ha vissuto i primi quindici mesi della sua vita e incontrare i volti, pieni di amore e carità, delle suore Religiose del buon Pastore che ancora oggi accolgono e accompagnano al parto donne che non vogliono o non possono occuparsi dei loro bambini aiutandole nella cura del minore fino all’adozione o al trasferimento in altra struttura.

E ha deciso che questo ritorno alle origini deve avvenire nel nome della solidarietà e dell’altruismo. Scommettendo, in primis con se stesso, ha lanciato venerdì scorso, 3 ottobre, una raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme che in pochi giorni ha già superato i 1.400 euro. “All’inizio avevo ipotizzato di partire solo con una valigia piena di vestiti per bambini” racconta. “Ma poi ho pensato che sarebbe stato troppo poco. Nelle Filippine c’è ancora tanta povertà, basta pensare che il salario medio di un operaio è di 150 euro. E in mio soccorso è arrivato il mondo del web”.
Quella rete che, dimostrandosi una volta tanto all’altezza delle sue potenzialità, gli ha permesso non solo di scoprire che quell’orfanotrofio che sembrava essere sparito in un incendio, esiste ancora, ma anche di stabilire un contatto con chi, ancora oggi, lo gestisce. “Mi aspettano il 5 dicembre: ho preso contatti già con la direttrice, suor Carmen Diane Cabasagan, e con un operatore della comunità di don Guanella con cui sono entrato in contatto tramite don Sergio Gamberoni, direttore del Cum”.

Luis andrà con sua moglie Vlasta. Sarebbe dovuto essere il loro viaggio di nozze nel 2020, ma poi quella pandemia che porta il nome di Covid 19 ha bloccato tutto e tutti, anche quel volo già prenotato che aveva un valore simbolico profondo. Un progetto sospeso, ma non annullato. “Ormai mi ero deciso, avevo sentito che era venuto il momento di chiudere il cerchio e tornare là”.
Gli anni persi a causa del Coronavirus non sono passati invano. In questi mesi, Luis è riuscito a tessere nuove relazioni, costruire rapporti, rendere finalmente animata quella cartelletta blu in cui i genitori avevano custodito tutta la sua storia, del suo arrivo in Italia, in avanti. “E’ sempre stata a casa dei miei. Ora invece l’ho portata a casa mia”. Ed è come se la storia abbia finalmente preso forma.

Correva l’anno 1971. L’11 settembre, per l’esattezza, una data destinata a entrare poi nella storia. Quel giorno il piccolo Luis, 15 mesi appena, arrivò in Italia dalle Filippine: all’aeroporto ad aspettarlo c’erano papà Piero e mamma Rosita insieme alla sorella più grande Giovanna, a cui poco dopo si sarebbe aggiunta un’altra sorellina, Bianca, anche lei adottata, questa volta in Italia. “Non mi hanno mai nascosto niente. Anzi, mi hanno sempre parlato delle mie origini, conservando i documenti e i ritagli di giornale che parlavano delle adozioni n Italia”.

Nel 1991, in un servizio del Corriere della Sera dedicato alle adozioni internazionali, diventate possibili in Italia nel 1967, si parla anche della famiglia di Luis, della loro scelta di apertura al mondo e accoglienza, del percorso svolto con la comunità di Sant’Egidio, guidata allora da Padre David Maria Turoldo, e dei contatti continui con il Ciai, il centro italiano per l’adozione internazionale.

E c’è anche un’intervista a un giovane Luis che si racconta senza timidezze e segreti: “Se non ci fosse la mia faccia diversa a ricordarmelo, io non mi sentirei affatto un figlio adottivo. Voglio dire che vivo la mia adozione come se non ci fosse, come se non esistesse” diceva più di 30 anni fa. Parole che Luis conferma anche oggi. “Per anni non ho voluto sapere niente del mio passato, poi qualcosa si è mosso dentro”.

Una goccia che ha scavato piano piano l’anima, aprendo al desiderio di conoscere quel luogo in cui era nato e dare quanto meno un nome, se non un volto, alla mamma biologica. “Per me i miei genitori sono quelli che mi hanno cresciuto e che sono ancora oggi al mio fianco. Però è importante chiudere questo cerchio, capire da dove arrivo, dove sono nato”.

Nel cuore di Manila, è ancora aperto l’Heart of Mary Villa. E lì andranno i contributi che Luis sta raccogliendo grazie a una generosità senza confini che dimostra quanto le storie profonde e sincere possano colpire, dritte dritte, al cuore di ognuno. “Non mi aspettavo niente, anzi, a dir la verità, ero pronto a un fallimento. E invece ora posso sperare di riuscire a trasformare ogni miglio che separa Merate da Mainila in euro: 6.535 euro, pari a circa 430.000 pesos filippini. Grazie alla generosità di molti andrò ad acquistare sul posto beni di prima necessità per l’orfanatrofio come latte in polvere, omogeneizzati e pannolini in base alle richieste che emergeranno durante l’incontro a cui parteciperò appena arrivato a Manila”.
Il volo è già prenotato. Per Luis quest’anno il Natale arriverà un po’ prima, il 5 dicembre, quando potrà trovarsi faccia a faccia con il proprio passato. “Sento di essere sufficientemente preparato a questo momento. La mia vita è in Italia, la mia famiglia è qui, ma sento che è venuto il momento di stabilire un contatto con il mondo dove sono nato”. La valigia è praticamente già pronta, ma c’è ancora spazio per chi volesse contribuire, con una piccola donazione, per un futuro migliore (questo il link).

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