Il precedente: nel dicembre del 1968 una grande frana a Varenna distrusse metà carreggiata stradale
Anche allora venne interrotta la circolazione ferroviaria, i traghetti sostituirono i treni
VARENNA – La storia si ripete a distanza di quasi cinquantacinque anni: era infatti il 1968 quando un’enorme frana crollò in località Fiumelatte a Varenna travolgendo la galleria ferroviaria e la statale che vi scorreva accanto. La galleria paramassi, che ha protetto la strada dall’ultimo impressionante smottamento di venerdì, è stata realizzata proprio in seguito ai fatti del 1968.
Era la mattina del 13 dicembre quando dal versante del monte Fopp si staccò un blocco lungo ben 60 metri e largo tre, precipitando per oltre 200 metri sull’infrastruttura sottostante, distruggendo un tratto di ferrovia e metà carreggiata di quella che all’epoca era la SS36 (oggi diventata la strada provinciale 72, dopo la realizzazione del tunnel dell’attuale statale). Allora come oggi fu interrotta la circolazione stradale e anche i treni della tratta Lecco-Colico.
A lanciare l’allarme era stato Fermo Molaro, ‘guardiamassi’ delle Ferrovie dello Stato incaricato di sorvegliare quel tratto di ferrovia. Lo racconta il giornalista Gianni De Simoni sull’edizione della Provincia pubblicata all’indomani dell’accaduto e recuperata grazie all’archivio storico della Biblioteca Civica U. Pozzoli di Lecco:
“L’uomo al momento della caduta fortunatamente non si trovava nell’apposita garitta posta lungo la strada ferrata, approfittando del fatto che l’ultimo treno era passato alle 9.40 e il prossimo sarebbe transitato alle 10.55, si era incamminato in galleria per alcuni controlli. Il Molaro ha udito un tremendo boato poi ha visto la pioggia di massi ed il gran polverone sollevato dalla frana. Resosi conto del disastro, il guardiamassi è riuscito a raggiungere Lierna e ad avvertire il capostazione il quale ha bloccato il convoglio in arrivo”.
Fortunatamente non si registrarono feriti. Ci fu preoccupazione per le sorti di un’automobilista visto da due camionisti, testimoni del disastro, passare poco prima a bordo di una Cinquecento. Si temette che i massi potessero aver trascinato la vettura nel lago. “Se la frana fosse caduta 40 minuti prima o quaranta minuti dopo avrebbe preso in pieno un convoglio ferroviario” scrive De Simoni nel suo servizio.
Sul posto si mobilitarono i Vigili del Fuoco insieme alle forze dell’ordine e i tecnici dell’Anas. Nel pomeriggio vennero fatte brillare due mine per cercare di rimuovere un masso finito sui binari ma non ebbero effetto. Nel frattempo si sgombrava la carreggiata stradale per poter attivare successivamente il senso unico alternato.
Nei giorni della chiusura, il traffico stradale pesante fu dirottato sulla strada statale Regina, sull’altro ramo del lago, e quello leggero dalla Valsassina. Per i viaggiatori dei treni venne invece attivato un servizio di battelli sul lago.
Il 17 gennaio sulla cronaca locale di un altro storico giornale del territorio, il Resegone, si leggeva: “Il traffico ferroviario sulla Lecco-Colico può dirsi completamente riattivato e del tutto regolare” mentre “per la strada statale sottostante la situazione rimane precaria. Si lavora per ricostruire la mezza carreggiata che per un tratto di cinquanta metri la frana ha trascinato a lago. Resta dunque una strozzatura che crea disagio al traffico specialmente la domenica quando più intensa è la circolazione”.
Gli anni passano, insomma, ma le infrastrutture viarie del lecchese continuano a vivere gli stessi problemi. Del resto il territorio, per sua conformazione, è fortemente soggetto a fenomeni idrogeologici. Fanno però un certo effetto le parole scritte cinquant’anni fa dal giornalista De Simoni:
“Da anni si fanno commissioni, si mettono a punto progetti, si bussa allo Stato per avere quattrini e da anni la Statale 36 e la Regina restano come sono, come sia abituati a vederle da sempre. Si fanno rattoppi, si allargano determinate curve per la SS36, se ne realizza il raddoppio per un breve tratto (Lecco Abbadia) poi ci si ferma, quasi si fosse stanchi per il troppo parlare e il troppo discutere”.