In Inghilterra proposte dal Ministero nuove linee guida che vietano l’uso del cellulare a scuola fino ai 16 anni
I docenti: “Sicuramente è uno strumento di distrazione ma vietarlo non è la soluzione”
LECCO – Cellulari a scuola, giusto vietarli? Pochi giorni fa il Governo Britannico ha pubblicato delle nuove linee guida sull’utilizzo dei cellulari a scuola. Le nuove regole prevedono che fino ai 16 anni gli studenti debbano tenere i telefoni spenti per tutta la durata dell’attività didattica, intervallo e pausa pranzo inclusi. Un severo giro di vite, motivato dal Governo con la necessità di riportare la scuola ad essere luogo di apprendimento ed anche prevenire fenomeni di bullismo tra i più giovani.
Il tema è attuale anche in Italia dove, nel dicembre 2022, il Ministero dell’Istruzione aveva emanato una circolare che vietava l’utilizzo dei cellulari durante l’orario scolastico per ‘tutelare l’interesse degli studenti a stare in classe per imparare’. “Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. L’interesse comune che intendo perseguire è quello per una scuola seria, che rimetta al centro l’apprendimento e l’impegno” aveva dichiarato il Ministro Giuseppe Valditara, specificando come la circolare non prevedesse sanzioni disciplinari ma unicamente un comportamento di buonsenso.
Ma vietare i cellulari a scuola è la strada da seguire? Abbiamo posto questa domanda ad alcuni docenti e dirigenti scolastici delle scuole lecchesi e, in un altro articolo dedicato, ad uno psicologo e psicoterapeuta (vedi articolo).
“Quello che è evidente è che i ragazzi oggi sono totalmente dipendenti dallo smartphone e in certe occasioni non dico che fanno fatica a salutare il professore quando entra in classe, ma poco ci manca – il commento di Caterina Bonaiti, docente all’Istituto Bertacchi – mi capita di entrare in aula alla prima ora e trovare i miei studenti ancora al buio, seduti ai banchi a guardare i cellulari, senza parlare tra loro. Salutano ma faticano ad alzare la testa. Durante le lezioni è vietato usarli ma qualcuno ha il tablet – consentito – per prendere appunti o consultare il libro digitale, e non è raro beccarli mentre usano WhatsApp. La cosa più eclatante è che magari stanno rispondendo ai loro genitori, questo fa capire quanto il problema siamo anche, anzi, soprattutto, noi adulti che siamo dipendenti dai cellulari forse più dei nostri ragazzi. Il divieto di usare i telefoni durante le lezioni vale anche per noi docenti, io stessa qualche settimana fa sono stata contattata dalla scuola di mio figlio che aveva bisogno tramite la Segreteria. Fatte queste riflessioni non credo che demonizzare lo strumento porti a qualche vantaggio, anche perché il cellulare oggi ha sempre più valenza didattica, però indubbiamente la situazione è spesso difficile” conclude la professoressa.
“Proibire, lo sappiamo, porta a voler fare esattamente l’opposto, non credo sia la strada giusta da seguire vietare l’uso dei cellulari a scuola – il parere della prof.ssa Giulia Macciò, docente sempre al Bertacchi – io credo piuttosto che il compito di insegnare ai ragazzi ad utilizzare bene lo strumento spetti proprio a noi docenti. Fare capire che riprendere o registrare una persona senza consenso è sbagliato, che ci sono conseguenze nel pubblicare certi tipi di contenuti, come anche insegnare come effettuare una ricerca su internet sono tutti aspetti importanti, che forse ancora noi adulti dobbiamo imparare. La storia digitale è recente, io stessa ho avuto il cellulare dopo i 20 anni, stiamo ancora imparando, è un dato di fatto e personalmente lo rilevo sempre più spesso nei rapporti tra le famiglie e gli studenti: sono in primo luogo mamma e papà a mandare i whatsapp ai figli a scuola, magari per comunicare anche questioni delicate. E’ un tema complesso che sicuramente non si risolve proibendo, questo è il mio pensiero”.
Maria Luisa Montagna è la Dirigente Scolastica del Liceo Manzoni di Lecco e non nega le difficoltà: “Lo scorso anno abbiamo discusso la circolare del Ministro in collegio docenti e da parte di diversi insegnanti è emersa un’apertura verso l’uso dei cellulari in classe come strumento didattico. Chiaramente abbiamo evitato l’uso improprio dei telefoni: no registrazioni, no foto, no messaggi in Whatsapp, anche da parte dei genitori. Quest’anno la situazione è ben diversa, oserei dire fuori controllo – racconta – più di un docente mi ha personalmente riportato le difficoltà di tenere le lezioni. Difficoltà a cui io stessa ho assistito. I ragazzi non riescono a fare a meno del cellulare e avendolo a portato di mano lo usano“. Per questo motivo di recente il tema è stato riportato in collegio docenti: “A malincuore – fa sapere la preside – abbiamo fatto un passo indietro. Nelle classi abbiamo appeso delle sacche con tasche dove i ragazzi lasciano il cellulare appena arrivano. Posso prenderlo all’intervallo, con la richiesta di non messaggiare. Certo, è un mondo sconfinato: tolto il telefono ci sono i tablet, gli smart watch, insomma, il modo di connettersi, anzi, direi di disconnettersi dalle lezioni, si trova. Il grande paradosso è che siamo sommersi di finanziamenti volti alla ‘transizione digitale’, ma allo stesso tempo dobbiamo gestire i danni collaterali di questa cosa. Questo deve fare riflettere”.
Per Anna Panzeri, preside dell’Istituto Bachelet, occorre cercare una mediazione: “Il dispositivo in sé non è da demonizzare – dichiara – come tutti gli strumenti bisogna imparare ad utilizzarli e noi come scuola abbiamo il dovere di insegnare ai ragazzi come usarli. Non dai una moto da trial ad un 14enne senza spiegargli come si guida, credo che con gli smartphone sia la stessa cosa”. Anche al Bachelet nelle aule ci sono dei contenitori dove depositare i cellulari durante le lezioni: “Gli studenti possono prenderlo al cambio dell’ora e all’intervallo, tutti gli utilizzi impropri vengono richiamati, per fortuna fino ad ora ci siamo limitati a note o richiami verbali – spiega Panzeri – c’è da dire che però il cellulare è anche utilizzato per la didattica, ad esempio come calcolatrice o per fare le ricerche su internet. Bisogna trovare una giusta mediazione: averlo in tasca o nello zaino è fonte di distrazione, questo è stato appurato, quindi vengono riposti quando non utilizzati. Vietarlo in assoluto sarebbe limitante e credo che sia importante per i ragazzi capire che il cellulare è si fonte di intrattenimento ma non solo: è un valido strumento che devono imparare ad utilizzare”.
Sul tema abbiamo interpellato anche l’assessore all’Istruzione del Comune di Lecco, Emanuele Torri, insegnante alle scuole medie di Calolzio: “E’ sotto gli occhi di tutti che il cellulare a scuola costituisce un elemento di disturbo, sia per l’attività didattica sia nelle dinamiche tra ragazzi che si relazionano sempre meno e penso anche al fenomeno del cyberbullismo – ha commentato – fatta questa premessa ritengo che negarlo o vietarlo potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Piuttosto credo che sarebbe meglio concordare delle regole con gli studenti sotto il controllo degli insegnanti: è uno strumento con grandi potenzialità e credo che sia anche nostro compito, a scuola, aiutarli a gestirne l’utilizzo. Faccio un esempio: quando porto i miei studenti in gita concordiamo che di giorno il cellulare si può tenere mentre di notte lo ritiriamo. L’ultima volta mi hanno ringraziato perché hanno trascorso la serata a parlare e a relazionarsi, credo sia significativo”.
“Come Comune di Lecco – ha concluso Torri – stiamo lavorando per inserire nel prossimo Piano di Diritto allo Studio (2024-2025) progetti pensati con le scuole e le dirigenze scolastiche per educare i ragazzi ad un uso sempre più consapevole di questo strumento”