Episodi di violenza: effetti collaterali del lockdown? Intervista al Dottor Enrico Bassani

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Enrico Bassani
Il Dottor Enrico Bassani, psicologo e psicoterapeuta

Lo psicologo e psicoterapeuta lecchese ci aiuta a capire i possibili effetti del lockdown sulle persone

LECCO – Episodi di violenza sono saliti recentemente alla ribalta della cronaca locale. Un’aggressione con sedie e tavoli in centro Lecco, una scazzottata a Malgrate e un diverbio, poi degenerato, avvenuto in un bar di Olginate.

Casi isolati o un effetto collaterale del lockdown che ha costretto a casa la maggior parte delle persone per quasi due mesi?

Abbiamo chiesto al Dottor Enrico Bassani, psicologo e psicoterapeuta, di aiutarci a capire se ci possono essere connessioni tra questi episodi e la parentesi di “clausura” forzata, alla quale ci siamo dovuti attenere durante l’epidemia di Covid-19.

Dottor Bassani, il lockdown ci ha forse resi più irritabili, nervosi ed irascibili?

Direi proprio di sì. Ed anche più fragili, impauriti, disorientati.

Ciò che ci rende “umani”, ciò che fa di tutti noi persone capaci di provare emozioni, metterci nei panni degli altri, condividere stati d’animo, articolare i nostri stessi vissuti è, anzitutto, l’essere parte di una comunità ed esercitare un confronto continuo con chi ci sta attorno. Stare insieme, parlare con gli altri, condividere le esperienze è – letteralmente – “vitale” per ciascuno di noi. Per ognuno a suo modo, ovviamente, in rapporto alla propria propensione al contatto sociale e alla propria storia di vita. L’isolamento è una condizione non solo costrittiva, per l’uomo, ma addirittura “innaturale”, proprio nella misura in cui l’uomo nasce nella socialità, nell’espressione di sé tra i propri simili, nel confronto (talora solidale, talaltra conflittuale) con gli altri. Il lockdown – resosi indispensabile in rapporto ad esigenze sanitarie drammatiche – ci ha sicuramente cambiati da molti punti di vista.

 

Il lockdown, in alcune persone, può aver alimentato la carica di violenza che si è poi declinata in episodi come quelli accaduti nel lecchese?

Non è opportuno entrare nel merito dei singoli episodi che lei cita. Ogni caso è a sé e ogni circostanza deve essere valutata in rapporto agli specifici fattori che entrano in gioco. Di sicuro possiamo dire che, in senso generale, qualsiasi forma di costrizione è in grado di generare vissuti di rabbia. In persone che stanno attraversando fasi di vita già complesse, difficili e “costrittive”, o che hanno difficoltà nella gestione della rabbia, una condizione di questo tipo può rappresentare la classica goccia che fa traboccare il vaso.

 

Che cosa può generare, in una persona, una “costrizione domestica” come quella che abbiamo vissuto?

Oltre alla rabbia, che abbiamo già citato, la limitazione dei contatti sociali può generare vissuti di impotenza, solitudine, quindi perdita delle energie vitali e della capacità di progettare e progettarsi.

Non dobbiamo inoltre dimenticare il motivo rispetto al quale il lockdown si è reso necessario: un virus molto contagioso e tenace, invisibile (per definizione), capace di nascondersi in ogni contatto. Tutti fattori che generano angoscia, la paura di un nemico invisibile, imprevedibile e molto pericoloso.

 

Stress e ansia: come possiamo riconoscerli e come possiamo gestirli?

Li possiamo riconoscere e padroneggiare attraverso il più antico degli antidoti che la parola ci ha messo a disposizione: l’osservazione di noi stessi e la condivisione con le persone che sentiamo più vicine. Quest’ultima, paradossalmente, è proprio quell’apertura solidale con gli altri che il nemico da fronteggiare, il Covid-19, ci impedisce di realizzare in rapporto alla sua stessa modalità di trasmissione e diffusione. Per questo è un nemico particolarmente subdolo e angosciante.

Nessun uomo può morire da solo. Eppure il Covid ci ha costretto anche a questo.

 

E la paura? Il lockdown può aver generato nuove paure? Quali?
Quando si presentano che cosa possono comportare? E come dobbiamo comportarci?

In questa fase sto registrando un aumento esponenziale di pazienti impauriti da scenari apocalittici, soprattutto relativamente alla condizione economica e sociale che ci aspetta. Non si tratta, purtroppo, di timori infondati, soprattutto per le fasce più fragili della popolazione.

Qui ciò che è determinante è la forza della comunità, della condivisione, dello stare insieme, e –indirettamente – della politica. Si dice, a ragione, che il livello di civiltà di ogni società si misura da come vengono trattati i suoi membri più vulnerabili. Mai come ora dobbiamo tenerne conto e dare senso a quell’avverbio, “insieme”, che in questi mesi di paura ci ha accompagnato nelle infinite manifestazioni di solidarietà tra noi stessi:”Insieme ce la possiamo fare”. Esortazione che dà forza a chi è destinatario di un aiuto, ma anche a chi la esercita. Dà forza a tutti noi. E in questa fase è ciò di cui abbiamo più bisogno”.