L’ingresso nel lontano 1992, poi sette anni da vice e nove da capo stazione
“Ho la soddisfazione di lasciare una bella squadra, abbiamo costruito un clima di amicizia” (VIDEO INTERVISTA)
LECCO – “Allora bastava saper andare in montagna e tenere le corde, non c’era bisogno di tante pantomime, eri un soccorritore e via andare. Se andavi in giro con i fratelli Chiappa e compagnia bella eri obbligato a imparare. Oggi per portare la barella servono corsi, curriculum, esami… Ai tempi vi assicuro che quando ti mettevano sotto la barella col Daniele Chiappa dietro imparavi per forza”.
Sembrano passati secoli e invece sono passati trent’anni. Era il 1992 quando Giuseppe Rocchi, classe 1952, entra nel Soccorso Alpino, XIX Delegazione Lariana, Stazione di Lecco. Quella è la data ufficiale, ma era già da 6/7 anni che si impegnava come volontario: “Io mi sono avvicinato alla montagna nel 1980 frequentando l’Uoei Lecco-Gamma, avevo un legame molto stretto con Robi e Daniele Chiappa. Alla domenica, essendo in giro in montagna assieme, loro portavano sempre la radio perché non c’era ancora il centro operativo del Bione, e quando arrivava la chiamata di soccorso io li seguivo. Qualche anno dopo è stato poi il capo di allora, Silvano Locatelli, a esortarmi a regolarizzare la mia posizione ed entrare nel soccorso”.
Maurizio Valsecchi, Panzeri “vecchio”, i nomi che emergono dai racconti sono tantissimi; dagli anni passati da “bocia” fino a diventare vice capostazione per 7 anni e capostazione di Lecco per altri 9. Dal 1° gennaio scorso Rocchi ha ceduto il testimone a Massimo Mazzoleni e al vice Giorgio Molteni: “Sono alcuni giorni che ho perso i gradi e sono un soldato semplice ed è tutta un’altra cosa, mi sono ripreso la vita. A Lecco per fare il capostazione serve moltissimo impegno, difficilmente si riesce a passare una sera tranquilli perché c’è sempre qualcosa, il telefono squilla, riunioni, faccende burocratiche”.
E’ stato proprio Rocchi a traghettare la stazione durante la tempesta legata alle dimissioni di un gruppo di volontari prima e a un’indagine della Guardia di Finanza che si è conclusa tre anni dopo con l’archiviazione: “Lì è stato resettato tutto e mi sono ritrovato a guidare la stazione grazie al mio ‘caratteraccio’. Allora c’era un clima abbastanza pesante, ma oggi a distanza di anni ho la soddisfazione di lasciare una bella stazione. Massimo Mazzoleni, oltre a essere bravo, è anche un amico da tanti anni e siamo riusciti a portare nella stazione proprio questo clima di amicizia. Ci troviamo anche al di là degli impegni strettamente legati al soccorso ed è lì che si crea il gruppo. Invidiavo le stazioni che avevano questo tipo di ambiente, oggi la soddisfazione più grande è vedere che anche Lecco è così”.
L’altro risvolto della medaglia è il rapporto con la morte e la perdita di alcuni amici durante tutti questi anni, Daniele Chiappa, Gian Attilio Beltrami e, pochi anni fa, due giovani come Ezio Artusi e Giovanni Giarletta. Anche a distanza di tempo si capisce quanto siano stati difficili quei momenti per tutto il Soccorso Alpino e quando, ancor oggi, sia complicato trovare le parole: “All’inizio trovarsi di fronte alla morte è stato davvero duro, poi purtroppo sono stato costretto ad alzare un muro, altrimenti sarebbe stato impossibile fare tutto ciò che sono stato chiamato a fare. Non si tratta solo del recupero di una salma, ma la comunicazione alla famiglia, il riconoscimento e tutti gli altri adempimenti burocratici. Poi, però, quando ti trovi ad andare a recuperare due dei tuoi, il Charlie e l’Ezio, lo storia cambia, quel fatto ci ha segnato tutti in maniera profonda”.
Quella del soccorritore è una divisa che pesa: “All’inizio ti senti importante, quando osservi le facce di quei poveri Cristi che ti vedono arrivare capisci che sei la loro unica salvezza. Poi capisci la grande responsabilità che hai ed è per questo che puoi aiutarli solo se sei allenato, preparato, se conosci a memoria i posti. Ci sono interventi ‘cattivi’ in cui riesci a recuperare i feriti solo dopo ore, ma quando vieni a sapere che si sono salvati… è la moneta migliore con cui si può essere ripagati. Vai a casa, spesso non riesci a dormire, e allora ripensi all’intervento e cerchi di capire dove puoi migliorare per essere ancora più efficace”.
Senza nemmeno accorgersene, quasi fosse tutto scontato, Rocchi ci racconta un pezzo importante del Soccorso Alpino e un pezzo importante di Lecco. Con quel carattere spigoloso che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare parla di persone, amicizie, storie, roba da scriverci un libro. Sempre diretto, non ama le mezze misure, anche con le parole è abituato a prendere la via più veloce che spesso, però, è anche quella più in salita…