In Provincia di Lecco si inizia a fumare un po’ prima rispetto al resto della Lombardia (17,3 anni)
Il dottor Tinghino, direttore della National School fo Medical Tobaccology: “Più che ridurre il danno, i nuovi prodotti hanno allargato l’offerta del mercato della nicotina”
LECCO – In Italia fuma un cittadino su quattro (il 24%, per la precisione): queste le cifre fornite in occasione dell’ultima Giornata di lotta al tabacco (il 31 maggio 2024) dall’Istituto Superiore di Sanità. Più alta invece la percentuale dei fumatori in Lombardia, che raggiunge il 41%, stando all’indagine della LILT (Lega Italiana Lotta ai Tumori), la quale ha stimato in 3 milioni il numero di fumatori nella nostra regione. Tra questi, più di 350.000 hanno tra i 18 e i 24 anni.
Nelle province di Lecco e Sondrio – stando ai dati LILT – le cose vanno un po’ meglio, nel senso che la prevalenza di fumatori adulti si assesta sul 37%. Si inizia a fumare un po’ prima rispetto al resto della Lombardia (17,3 anni contro 17,7 anni) e l’esperienza passa ancora dalle sigarette tradizionali. Si viene introdotti all’uso di tabacco soprattutto dagli amici (86% dei casi) e il “primo tiro” viene fatto “in strada” nel 36% dei casi. Dato collaterale, ma comunque preoccupante: tra il 3 e il 4% dei fumatori consuma abitualmente cannabis o usa il narghilè.
Ma i consumi stanno cambiando, perché il 37% dei giovani usa sigarette elettroniche, e solo il 29% dei ragazzi ritiene che questi dispositivi siano dannosi, mentre il 32% li identifica come “piacevoli”, o “di moda” (55%).
Rispetto alla nocività di questi dispositivi abbiamo sentito il dottor Biagio Tinghino, medico esperto di tabagismo e direttore della National School of Medical Tobaccology della Società Italiana di Tabaccologia.

“L’uso di sigarette elettroniche e tabacco riscaldato con i nuovi dispositivi costituisce la principale preoccupazione di chi si occupa di tabagismo – dice il dottor Tinghino -. Il motivo è che si è diffusa l’idea che servano a smettere di fumare, mentre in realtà sono diventati oggetto di uso duale. I consumatori, cioè, aggiungono questi dispositivi alle sigarette nella gran parte dei casi. Oppure li usano nei luoghi dove è proibito fumare, così possono mantenere l’uso di sigarette tradizionali nel resto della giornata. I giovani sono particolarmente attratti dalle forme accattivanti delle sigarette elettroniche, con gusti di frutta o con aromi piacevoli, che tendono a consolidare l’idea di sicurezza di questi prodotti, che sicuri non sono affatto. Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2024, ha centrato la giornata mondiale di lotta al tabacco sul tema “Proteggere i bambini dalle interferenze dell’industria del tabacco”. Gli studi più recenti ci mostrano la presenza di metalli pesanti e alcuni cancerogeni, senza dimenticare che quasi sempre c’è nicotina, la sostanza che crea dipendenza. Più che ridurre il danno, i nuovi prodotti hanno allargato l’offerta del mercato della nicotina. L’impatto sulla salute? Uno studio pubblicato nel luglio scorso ha mostrato dati preoccupanti. I consumatori duali sembrano avere un rischio di cancro al polmone fino a 4 volte maggiore dei fumatori tradizionali, di sole sigarette. La soluzione è solo una, smettere di consumare tabacco in ogni sua forma, come chiede l’OMS. Insomma: zero veleno.”
Ma come intervenire per provare ad invertire questa tendenza? Il pensiero va, ad esempio, alla città di Milano dove dal 2021 il fumo di sigaretta all’aperto è ‘bandito’ tranne che in luoghi isolati in cui è possibile rispettare la distanza di 10 metri dalle altre persone. E’ una delle misure comprese nel ‘Regolamento per la qualità dell’aria’ approvato dal Consiglio Comunale di Milano, che definisce una serie di azioni volte a migliorare la qualità ambientale in città. Dal 1° gennaio 2025 la misura è stata rinforzata con il divieto di fumare in tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico all’aperto, incluse vie e strade ove non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza dagli altri.
Per il dottore Tinghino si tratta di una misura valida, da “imitare” il più possibile anche in altre realtà: “Non solo per il senso di non recare danno al singolo cittadino che non deve essere infastidito o colpito da fumo passivo, ma anche in un’ottica di denormalizzare l’atto di fumare. Per tanti anni, prima della legge Sirchia, entrata in vigore proprio vent’anni fa, fumare è sembrata una cosa banale e quasi sottovalutata: vietare di fumare anche all’aperto, se non in luoghi isolati, vuol dire rendere ‘strano’, non corretto, un comportamento che non è salutare – ha commentato il dottor Tinghino, che ha sottolineato anche il valore educativo del divieto messo in pratica a Milano, soprattutto verso i giovani -. Non è un provvedimento frutto di un capriccio ma comprovato da studi scientifici precisi”.
Tinghino ha poi ricordato gli impatti positivi della legge Sirchia, non solo in termini sociali ma anche di salute: “Ricordo le diverse preoccupazioni espresse ai tempi della proposta della legge antifumo, ad esempio dai ristoratori, convinti che avrebbero chiuso le attività perché, non potendo fumare dentro, i clienti non sarebbero più arrivati. Invece la legge antifumo fu gradita dalla maggioranza degli italiani, inclusi i fumatori stessi. Calarono notevolmente anche gli accessi al Pronto Soccorso per infarti, e molte persone, grazie al divieto, smisero di fumare”.
“Purtroppo, la comparsa di nuovi prodotti come sigarette elettroniche e tabacco riscaldato ha fatto fare un passo indietro ai quei progressi – ha concluso il medico – oggi l’80% dei fumatori è duale, cioè consuma sia sigarette tradizionali che non. Chi dice che la sigaretta elettronica aiuta a fumare di meno sbaglia: i consumatori di nicotina hanno uno strumento nocivo in più. Ciò che potrebbe invertire questa tendenza è aumentare le tasse sui prodotti del tabacco, per disincentivarne l’acquisto. Ricordo che oggi chi fuma 20 sigarette al giorno butta via il 10% del suo reddito medio in qualcosa che lo ucciderà”.