La Fondazione, che gestisce il centro di accoglienza di Maggianico, non partecipa al nuovo bando
“Senza le adeguate risorse viene meno un’accoglienza dignitosa delle persone”
LECCO- La Fondazione Sacra Famiglia, che gestisce il centro per richiedenti asilo nell’ex casa delle suore a Maggianico, ha deciso di non partecipare al nuovo bando per l’affidamento dei servizi di gestione di centri di accoglienza a favore di richiedenti asilo indetto dalla Prefettura di Lecco per il 2020 e 2021, la cui scadenza è stata il 21 ottobre.
Una scelta, spiegano, per dire “no ad un tipo di accoglienza non rispettoso della dignità delle persone” a seguito delle nuove norme introdotte dal Decreto Sicurezza “che ha drasticamente ridotto le risorse destinate a questo tipo di servizi e sottratto personale (assistenti sociali, mediatori, educatori) essenziale per attuare una vera integrazione dei richiedenti asilo”.
Senza risorse niente percorsi di integrazione
Nei mesi scorsi la Caritas Ambrosiana insieme a diverse realtà diocesane e alcune cooperative avevano messo in atto comportamenti analoghi, con le stesse motivazioni.
“La mancata assegnazione di risorse idonee per realizzare veri percorsi di integrazione, per l’insegnamento della lingua italiana e l’inserimento lavorativo ci ha impedito di prendere parte al nuovo bando di gara, pur avendo già in uso una struttura che ospita i richiedenti asilo” spiega don Marco Bove, presidente di Sacra Famiglia.
La Fondazione in gestione un immobile di proprietà delle suore di Maria Bambina, con 90 posti letto, dove attualmente sono accolti i migranti arrivati negli ultimi 2 anni. Un’attività, quella dell’accoglienza profughi, che Sacra Famiglia ha svolto negli ultimi anni anche presso le sedi di Intra (Piemonte) con un CAS e presso il Comune di Cesano Boscone con un centro SPRAR, ma che oggi è a rischio, proprio dopo la nuova legge.
Da 35 a 22 euro
In base alle nuove norme, spiegano dalla fondazione, “i rimborsi giornalieri riconosciuti agli enti gestori dei centri per l’attività connessa all’accoglienza (non solo vitto e alloggio, ma mediazione culturale, insegnamento della lingua italiana, sostegno psicologico, attivazione di percorsi di formazione e lavoro) si sono drasticamente ridotti, passando da circa 35 a 22 euro”.
Altri tagli hanno colpito gli operatori che lavorano presso le strutture: “basti pensare che oggi per 50 posti letto è prevista la presenza costante di una sola persona di giorno e una di notte, mentre le ore di lavoro delle assistenti sociali e dei mediatori culturali sono ridotte ad appena 12 la settimana”.
“Fino ad oggi abbiamo lavorato nella prospettiva dell’inclusione delle persone, tentando di superare la logica dell’emergenza – continua don Bove – e realizzando una vera presa in carico di situazioni difficili sia a livello sanitario che psicologico. Se tuttavia il sistema di accoglienza in cui crediamo viene messo in crisi, prendiamo atto del fatto che mancano le condizioni per partecipare ai nuovi bandi sui servizi di accoglienza. A rimetterci, chiaramente, saranno sempre i più deboli”