Partito lo screening di prevenzione al cancro al collo dell’utero con il test HPV Dna
Chiamate a partecipare le donne tra i 24 e i 64 anni, in 25 mila hanno risposto all’invito. Lecco ‘hub’ del progetto.
LECCO – Debellare il cancro al collo dell’utero? Ci sono paesi nel mondo che ci stanno provando con grandi risultati, come l’Australia per esempio, soprattutto grazie ad un’alta adesione alla vaccinazione contro il papilloma virus, principale responsabile del carcinoma della cervice e delle lesioni preneoplastiche che, con persistere dell’infezione, possono portare al tumore.
Anche Lecco è in prima linea con un nuovo progetto presentato nella mattinata di oggi all’ospedale Manzoni che è entrato nel vivo nei giorni scorsi: uno screening nella popolazione femminile, tra i 25 e i 64 anni, per accertare le infezioni e trattare precocemente le lesioni “iniziali”.
“Uno screening di assoluta importanza per le donne e che offre una protezione reale dal cancro al collo dell’utero – ha rimarcato Paolo Favini, direttore generale dell’ASST di Lecco – un test di una sensibilità tale da garantire una grande efficacia nella scoperta precoce di queste alterazioni e permettere un eventuale intervento che precluda lo sviluppo della malattia tumorale”.
Il progetto, che segue gli indirizzi della Regione, vede l’ospedale di Lecco come “hub” di riferimento per ATS Brianza per l’ATS della Montagna con un bacino stimato di 327 mila donne interessate nelle province di Lecco e Monza e 40 mila in provincia di Sondrio.
Nel dicembre 2021, ha spiegato la dott.ssa Antonina Ilardo di ATS Brianza, sono state inviate 50 mila lettere di convocazione a cui ha risposto finora il 50% circa delle donne che le hanno ricevute. Gli appuntamenti per effettuare il test sono iniziati a marzo di quest’anno. “E’ necessaria la più ampia partecipazione se vogliamo raggiungere l’obiettivo”.
Due test per una diagnosi più precoce
“Il pap test è stata un’invenzione importantissima e se effettuato in maniera sistematica su ampia porzione di popolazione permette una diminuzione dell’incidenza del tumore al collo dell’utero – ha spiegato la dott.ssa Cristina Riva, direttore dell’Anatomia e Istologia Patologica dell’ospedale – ma ha garantito anche una gigantesca raccolta di dati scientifici che hanno permesso, tassello dopo tassello, la comprensione della biologia di questo tumore che tutti noi oggi sappiamo essere strettamente legato al papilloma virus” .
Oggi, rimarca la dott.ssa Riva, “assistiamo ad una nuova rivoluzione: l’Hpv DNA è più sensibile e più protettivo rispetto al pap test e ci permette di arrivare prima nella diagnosi. Abbiamo una nuova arma contro questo tipo di tumore”.
La rete dei 36 consultori sparsi sul territorio offre una capillare offerta di luoghi dove effettuare il test. Anche le donne che non hanno ricevuto l’invito da ATS possono richiedere di essere sottoposte all’Hpv Dna che si effettua ogni cinque anni, anziché i tre del Pap Test, perché tale sarebbe l’intervallo temporale dall’infezione alla possibile comparsa delle lesioni.
“Viene eseguito un prelievo di cellule cervicali che viene poi inviato in ospedale e analizzato nei nostri laboratori – spiega la dott.ssa Silvia Tonolo, direttore Microbiologia e Virologia – l’Hpv Dna ci consente di verificare la presenza di genotipi oncogeni del virus, in particolare i genotipi 16 e 18, principali responsabili del tumore della cervice ma anche altri genotipi ad alto rischio. Se positivo, il campione viene inviato alla citologia su strato sottile per effettuare un’ulteriore analisi”.
L’infezione da Papilloma virus, trasmessa attraverso rapporti sessuali, è frequente nelle donne soprattutto nelle più giovani, è più rara invece la formazione delle lacerazioni che possono causare il tumore. La combinazione dei due accertamenti permette così una prevenzione più efficace.
Per questo nelle donne tra 30 e 64 anni si esegue per prima il prelievo per ricerca di HPV DNA e nel caso di positività di esame citologico, al contrario le giovani donne, dai 25 ai 29 anni, eseguono prima un esame citologico e in caso di positività un HPV test.
L’arma del vaccino
“In media sette donne su dieci contraggono l’HPV, se ci fosse la stessa relazione con il cancro sarebbe una situazione disastrosa. Non è così – ha rimarcato il dott. Antonio Pellegrino, primario di Ginecologia – Noi ginecologi trattiamo le lesioni e possiamo preservare la fertilità della donna con trattamenti conservativi se diagnosticate per tempo. Una paziente positiva all’HPV deve essere monitorata nel tempo per evitare che l’infezione possa portare a conseguenze peggiori”.
In Italia, ha spiegato il dottore, circa 3500 donne muoiono ogni anno per il tumore della cervice: “I livelli di vaccinazione da noi raggiungono circa l’80% delle donne, è importante che le giovani vengano a vaccinarsi”.
“Siamo per la prima volta di fronte alla possibilità di ‘cancer free’ – ha sottolineato il dott. Antonio Ardizzoia, direttore del Dipartimento Oncologico dell’ospedale – e liberarci della mortalità di questo tumore è una cosa che, per noi clinici, è qualcosa di importantissimo”.