Prevenzione e rete territoriale: “Così dovrebbe cambiare l’assistenza sanitaria”

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Gianluca Peschi

Il direttore sociosanitario di Asst Lecco Peschi: “Serve un nuovo modello assistenziale per far fronte ai bisogni che aumentano e alle risorse umane che diminuiscono”

L’importanza di prevenire: “Curare i sani per riuscire, in prospettiva, a dare un’assistenza adeguata”

LECCO – Il Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza definisce le ‘Case di Comunità’ “un punto di riferimento continuativo per la popolazione, lo strumento attraverso cui coordinare tutti i servizi sanitari di base offerti sul territorio”. Conclusa la fase dei lavori (qui gli aggiornamenti) lo step successivo, come spiegato dal direttore sociosanitario di Asst Lecco Gianluca Peschi, sarà quello di potenziare i servizi di specialistica ambulatoriale all’interno della Casa di Comunità: “Questo per fare in modo che ogni struttura possa servire la propria popolazione di riferimento, avendo degli specialisti ben identificati che lavorino al fianco del medico di medicina generale per sviluppare rapporti e approcci assistenziali comuni. E’ un nostro obiettivo come Asst, previsto anche dal Decreto Ministeriale 77, per portare la medicina specialistica in prossimità del paziente”.

Lo psicologo di comunità

Dallo scorso dicembre presso le strutture di Introbio e Casatenovo è stata attivata la figura dello “psicologo di comunità” a tempo pieno: “Si tratta di dipendenti di Asst assunti con contratto e che lavorano presso le Case di Comunità, siamo partiti con queste due strutture ma presto integreremo istituendo lo psicologo anche a Merate e Calolziocorte” ha fatto sapere Peschi. L’accesso è libero, cioè per fruire del servizio non è necessario avere l’impegnativa del medico ma basta rivolgersi al Punto Unico di Accoglienza, presente in ogni struttura, e richiedere l’incontro. Dopo una prima valutazione, lo specialista deciderà se proseguire con una presa in carico diretta o, in casi particolari, indicherà all’utente il servizio più appropriato.

Un nuovo modello assistenziale

Nel corso del 2024 Asst Lecco ha poi assunto 20 nuovi “infermieri di famiglia e di comunità”, portando il totale a 39: “Per andare a regime ne mancherebbero una cinquantina” ha commentato Peschi “ma come sappiamo l’infermiere è una delle figure su cui tutta Italia sta soffrendo di più”. Il 31 dicembre 2024 si è chiuso l’ultimo bando indetto dall’Asst per assumere nuovi professionisti: 65 le domande pervenute. “Il dato allarmante è che il fabbisogno di infermieri del Sistema Sanitario Nazionale è sensibilmente più alto del numero di laureati annuali in scienze infermieristiche – ha commentato – e questo è un grosso problema che ci pone davanti ad una sfida ancora più grande: pensare ad un servizio sanitario che sappia rispondere ai bisogno in aumento a fronte di un minore numero di risorse umane. Più in generale, non si può pensare di affrontare i bisogni crescenti aumentando le risorse umane, bisogna per forza cambiare modello assistenziale, puntando sulla prevenzione, altrimenti in prospettiva non si riuscirà a dare un’assistenza adeguata”.

E in questo nuovo modello assistenziale rientrano, in parte, anche le Case di Comunità: “Per come le stiamo conoscendo adesso, queste strutture sono luoghi per l’erogazione di servizi sanitari – ha precisato Peschi – cioè l’intervento arriva comunque dopo, anche se più in prossimità al domicilio del paziente. Paradossalmente dovremmo curare i sani, per ritardare il più possibile il periodo in cui possono sviluppare patologie, solo così avremo un margine per recuperare risorse”.

Prevenire è meglio che curare

Ma come lavorare in prevenzione? Per Peschi la risposta è già nel Decreto Ministeriale 77 del 2022 che definisce i modelli e gli standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Ssn: “La Casa di Comunità è lo strumento che il legislatore ha individuato per far fronte all’aumento dei bisogni assistenziali, ma occorre chiedersi: come si identificano questi bisogni? Tutti si dimenticano il capitolo 3 di questo decreto che si intitola ‘Stratificazione della Popolazione’. Si tratterebbe in sostanza di fare uno screening del grado di fragilità della popolazione per avere una fotografia dello stato di salute, della sua evoluzione e consentire una programmazione dei servizi a più mani, con le Asst, i medici di medicina generale e i comuni con i servizi sociali, magari sotto la regia delle Ats”. Un lavoro che deve coinvolgere i medici di medicina generale, come sottolineato da Peschi: “Sono le figure più prossime al cittadino sul territorio e sarebbero nelle condizioni, opportunamente supportati, di effettuare facilmente questo screening. La Casa di Comunità, come intesa dal legislatore, ha davvero senso solo se a monte c’è un lavoro di analisi come questo”.

Gli strumenti ci sono, “ma serve un’alleanza forte tra i servizi sanitari, la medicina di base e i servizi sociali del comune, tutte realtà i cui confini sono sempre meno definiti” ha concluso Peschi “dovremmo spingere per utilizzare al meglio ciò che abbiamo, sviluppare il lavoro di rete e rafforzare la prevenzione. Prima si comincia e meno si spende, anche perché stiamo parlando, prevalentemente, di interventi preventivi di carattere sociale, penso ai gruppi di cammino e alle attività stimolazione cognitiva, che hanno dimostrato di essere in grado di evitare i successivi interventi specialistici di natura sanitaria quando, ormai, il paziente deve convivere con la patologia che, nel frattempo, è insorta”.