Solitudine e lontananza sono il dramma del coronavirus
Ora, però, vuole tornare: “I miei colleghi sono stremati e quello è il mio posto”
DERVIO – “Spero di tornare il più presto possibile al lavoro per dare una mano ai miei colleghi che sono stremati”. E’ stata dimessa soltanto da poche ore dallo stesso reperto in cui lavora come Operatore Socio Sanitario (Oss), ma il primo pensiero di Marinella Battaglia, derviese, è di tornare in prima linea per dare una mano.
La sua voce, nonostante la difficoltà della malattia, è squillante, traspare la sua forza e tutto l’amore per un lavoro che svolge con passione e dedizione. Ormai è un mese che non vede suo figlio e dovrà aspettare ancora un paio di settimane: “Il primo tampone era negativo, se tra due settimane ci sarà la conferma allora potrò riabbracciare mio figlio che non vedo dallo scorso 8 marzo, quando abbiamo festeggiato il suo compleanno”.
Fino al 12 marzo ha lavorato freneticamente con i suoi colleghi per sconfiggere questo maledetto coronavirus: “Penso di essermi contagiata proprio all’inizio dell’epidemia: i pazienti arrivavano con vari sintomi e pensavamo si trattasse di influenza. Nessuno era preparato e non si indossavano ancora i dispositivi di protezione. Anche quando abbiamo adottato tutti i dispositivi non nascondo che la paura c’era, non tanto per me, quando per il timore di contagiare i miei cari. E alla fine mi ci sono trovata dentro e come tanti miei colleghi mi sono ammalata”.
Marinella ha iniziato la sorveglianza a casa: “Quando sono subentrati i problemi respiratori e il dolore al torace ho avuto molta paura. Mi mancava il fiato e ho pianto, ho pianto tanto, in silenzio. La cosa peggiore è la solitudine: vedi intorno a te persone che muoiono sole, che cercano con lo sguardo i propri cari che non vedranno mai. Io fortunatamente avevo con me il cellulare e sono riuscita a rimanere in contatto con i miei familiari”.
Il casco c-pap dove sembra che il fiato ti manchi ancor di più, non senti nulla perché l’aria ti soffia forte nelle orecchie: “Senti solo i tuoi pensieri, non puoi neanche asciugati le lacrime che scorrono sul volto. Ho capito che sarebbe andata bene quando mi hanno tolto il casco e mi hanno messo la mascherina. La paura di peggiorare però ti resta addosso e ogni volta che mi provavano la saturazione pregavo che tutto andasse bene. Pian piano ho iniziato a respirare meglio, sono ancora tanto stanca, stremata perché si fa una fatica enorme, non sento ancora né sapori né odori, ma penso sia il male minore…”.
Proprio oggi è tornata nella sua casa a Dervio dove dovrà restare isolata ancora un paio di settimane: “Sono felice perché ce l’ho fatta a sconfiggere questo virus bastardo, purtroppo non tutti ci riescono e questo mi fa soffrire, ora che ci sono passata so cosa significa. Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine in questi giorni, supportandomi con mille pensieri e parole di incoraggiamento. Dai miei cari, alla mia famiglia a tutti gli amici, ma un doveroso ringraziamento ai miei colleghi della medicina Soap di Lecco perché sono stati una seconda famiglia”.
Una storia di speranza per quanti stanno ancora lottando in una corsia di ospedale, ma Marinella lancia un monito: “Bisogna fare attenzione e non prendere sotto gamba questo virus. Io fortunatamente ero sana, non avevo patologie e ne sono uscita, ma nessuno è immune. State a casa se avete rispetto per voi stessi e per gli altri!”