Una carriera lunghissima da atleta e ski man
“Lo sci nordico in Valsassina? Di sicuro è un buon momento”
BARZIO – La foto da cui sono partite le nostre interviste è sempre la stessa: il sindaco di allora di Introbio, Eusebio Marconi, con tre professionisti dello sport valsassinese all’inaugurazione di un tratto dell ciclabile. Oggi è la volta di Gianfranco Polvara. Difficile trovare chi, nell’ambiente dello sci nordico, non lo conosce. Nato a Bellano il 29 gennaio del 1958, si arruola nel Cs Esercito a 16 anni seguendo le orme di suo fratello Sandro. Da lì inizia una carriera strepitosa che lo vede partecipare a ben 5 Olimpiadi come atleta e 3 come ski man della nazionale azzurra.
“I primi passi gli ho mossi seguito dal dottor Grossi, poi sono passato allo Sci Club Lecco sotto la guida di Gianni Rota. A 16 anni ho avuto la possibilità di arruolarmi, mi piaceva il Gs Carabinieri ma essendo il periodo delle Brigate Rosse, mio padre era titubante e alla fine ho deciso di seguire le orme di mio fratello Sandro e mi sono arruolato nel Cs Esercito a Courmayeur, prima tre anni e poi ho proseguito”.
I risultati migliori da atleta professionista.
“Sicuramente partecipare a cinque Olimpiadi non è da tutti, se poi ne aggiungiamo altre tre da tecnico penso sia un piccolo record che in pochi possono vantare a fine carriera. La
mia prima olimpiade fu a Lake Placid (USA) nel 1980 col 32° posto nella 30km; nel 1984 a Sarajevo il 34° posto nella 15km, il 21° nella 50km; a Calgary (Canada) nel 1988 14° nella 15km, 7° nella 30km e 10° nella 50km; a Albertville (Francia) nel 1992 ho ottenuto il 20° nella 30km e il 10° nella 50km, a Lillehammer (Norvegia) mi avevano squalificato nella 30° e ho concluso al 31° posto la 50km. Di campionati mondiali ne ho disputati 11 e ricordo l’amarezza per il 4° posto a Falun (Svezia) nella 50km nel 1993, ma a distanza di anni ammetto che era stato un risultato di tutto rispetto”.
Poi una lunga sequenza di podi tricolore.
“Ben 23 podi ai campionati italiani, un titolo nella 50km nel 1993 a cui ha fatto seguire 10 volte la medaglia d’argento e 12 volte il bronzo, la maggior parte delle volte sempre nelle distanze lunghe”.
Una lunga carriera iniziata da giovanissimo che continua ancora tra i Master.
“Ho smesso nel 2007 la carriera professionistica quando ricoprivo il ruolo di ski man (tecnico dei materiali). Sono stati anni di grosse soddisfazioni culminati con la conquista del titolo olimpico da parte di Giorgio Di Centa a Torino 2006 che per ringraziarmi mi aveva dato una 500 d’epoca, un regalo che ha cementato un’amicizia nata prima come avversario e successivamente come tecnico dei materiali. Ora continuo ancora nella duplice veste di ski man e di atleta, collaboro con lo Sci Club Primaluna durante la stagione invernale per la preparazione dei materiali seguendoli nelle gare. Nei momenti liberi mi piace mettermi
ancora in discussione come atleta e partecipo a qualche gran fondo (Marcialonga e, l’anno scorso, la Vasaloppet), non manco mai ai campionati italiani Alpini, essendo stato per 32 anni nel Cs Esercito sono un appuntamento imperdibile. Ho partecipato a tre edizioni dei campionati mondiali Master: il commissario tecnico è il nostro Giacomo Camozzini e non puoi dire di no alla sua chiamata. A Falun (Svezia) nel 2010 ho ottenuto 3 ori e 1 argento ci sono tornato con entusiasmo perché avevo dei ricordi bellissimi. Nel 2012 a Oberwiesenthal (Germania) ancora 3 ori e 1 bronzo, infine nel 2013 ad Asiago 3 ori”.
Alternato o pattinato, la tua tecnica preferita?
“Ai miei tempi la tecnica del passo alternato era l’unica in gara, solo successivamente hanno iniziato anche con la tecnica libera. Tecnica dove noi italiani ci siamo dimostrati sempre a nostro agio, quindi posso dire che non faceva grande differenza per me. Una volta che si è iniziato a gareggiare a edizioni alterne di Olimpiadi o di mondiali dovevi essere bravo in entrambe se volevi essere competitivo. Certo, all’inizio la tecnica libera era ancora grezza e la correvamo con gli sci da alternato ma col passare degli anni si è affinata e ci sono stati atleti che privilegiavano una piuttosto che l’altra”.
Come vedi lo sci nordico in Valsassina.
“Pur con tanti sacrifici, vista la mancanza cronica della materia prima, la neve. Se siamo fortunati possiamo comunque andare ai Piani di Bobbio, altrimenti bisogna sobbarcarsi delle trasferte sino in Valtellina con grossi sacrifici da parte degli atleti che scendono a Lecco a scuola, mangiando un panino sul pulmino alla fine delle lezioni e vanno direttamente ad allenarsi. Se calcoliamo che in inverno alle 17 diventa buio e che il rientro a casa non avviene mai prima delle 19, capiamo a quanti sacrifici devono andare incontro le società e soprattutto gli atleti. Poi ci sono i costi dei materiali: quando correvamo io, i fratelli Combi, il Natalino Arrigoni, Domenico Invernizzi e tanti altri avevamo un unico paio di sci e si tirava la sciolina a mano o con i tappi di sughero, adesso se vuoi stare al passo con i migliori devi avere minimo due o tre paia di sci, le migliori scioline e paraffine. Il materiale, a parità di capacità e preparazione, fa la differenza: puoi essere anche più forte ma se sbagli con i materiali hai già un handicap in partenza. In Valsassina stiamo vivendo un buon momento nello sci. A differenza di altri sport siamo stati capaci di forgiare dei buoni atleti, oltre a me, abbiamo avuto Paola Pozzoni, Ester Ganassa, Anna Rosa e adesso è il momento di Anna Rossi e Laura Colombo che sono riuscite a fare il salto di qualità e sono state arruolate nel Cs Carabinieri e nel Cs Esercito. Abbiamo Aksel Artusi già capace di vincere il titolo nazionale, ci sono poi Elena Rossi, Federico Bergamini e tanti giovani che stanno portando successi ai nostri sci club. La passione sicuramente non manca”.